L'epidemia del ballo - Strasburgo, 1518

 [prima parte]

«Tu danzerai», le disse l'angelo, «danzerai calzando le tue scarpe rosse fino a quando sarai tutta bianca e tutta fredda, fino a quando la pelle ti cadrà dalle ossa. Danzerai di porta in porta... Danzare, devi, danzare...» [Le scarpette rosse in Fiabe, di Hans Christian Andersen, trad. di M. Pezzé Pascolato, Newton & Compton, 2003, p. 247] 

Strasburgo, 14 luglio 1518

Troffea aprì la bocca per gridare. La mano destra si sollevò e la colpì con violenza sulle labbra. Dal labbro spaccato il sangue colò sul mento, lungo il collo arrossato e pulsante, sul petto madido di sudore. 

Frau Troffea piroettò su se stessa, le braccia si levarono in aria. Un piede inciampò su una pietra sporgente, l'unghia dell'alluce si spezzò. Troffea si sbilanciò in avanti, la caviglia si piegò come fosse fatta di cera. I tendini si aggrovigliarono e si strapparono con uno schiocco doloroso. Il selciato si intrise del sangue che sprizzava dalle scarpe ridotte a brandelli. 

Gli occhi sbarrati e senza più fiato, stretta in una cerchia di volti attoniti, Frau Troffea danzava. 

Pieter Bruegel il Vecchio - La Danza Nuziale, 1566



È il pomeriggio del 14 luglio del 1518 quando, riportano le cronache, una donna di nome Frau Troffea comincia a ballare per le strade di Strasburgo. 
Sulle prime, suo marito pensa che Troffea si comporti così per un capriccio: vuole farlo vergognare, e per questo sta dando spettacolo con i vicini. Per un po' la segue, le chiede di smetterla. La supplica. L'insulta. La minaccia. 
L'afferra per un braccio e lei si divincola. Fa una giravolta, scalcia, salta. Scuote il corpo come una viverna. Suo marito la manda al diavolo e se ne torna a casa. I vicini restano a guardarla, incuriositi. Qualcuno applaude, molti la prendono in giro. Le donne, nel vederla, si fanno il segno della croce e gli uomini ridono disgustati. I bambini si sfidano per vedere chi ha il coraggio di ballare con l'invasata. 

Troffea continua a danzare, senza fermarsi neppure un istante e ha sul volto un'espressione che, a lungo andare, fa passare a tutti la voglia di ridere. Le amiche l'implorano di smetterla e lei grida, invoca i santi, e giura che non può farlo. Giura su quanto ha di più caro. Giura sulla sua testa e sulla testa dei suoi figli mentre si contorce e scuote braccia e gambe. "Non riesco! Non posso! Aiutatemi!"
Tutti la guardano, nessuno sa che fare.

Solo al tramonto, Troffea ha un po' di requie. Lo sforzo è stato tale, che alla fine collassa. Stramazza a terra e lì rimane fino al mattino. Qualcuno di buon cuore riesce a farle bere un po' d'acqua, a mandare giù un boccone di pane.

All'alba, Troffea si risveglia. E la tortura ricomincia.
 
Con sgomento di tutti e il terrore che le rode le viscere, Frau Troffea riprende a ballare. Sono passi sconclusionati, i suoi, che non assomigliano a nessuna danza conosciuta. Braccia, gambe e busto si muovono in ogni direzione. Troffea non ha nessun potere sul suo corpo. È come essere finita nel Reno e la corrente la trascina, la piega, le strappa il respiro. 

E poi il fiume straripa, e travolge anche gli altri. 
Entro sei giorni da quando è cominciata, un centinaio di persone si è unito alla danza di Troffea. Se ne conteranno 400 a fine agosto. È l'epidemia di ballo più estesa da quella che, ne 1374, coinvolse mezza Europa. 

L'Autorità interviene. Si convocano i medici più dotti perché si pronuncino sul caso, mentre le strade di Strasburgo sono ormai invase da orde di ballerini dai piedi insanguinati che si contorcono fino a svenire, per poi ricominciare a danzare da capo. 

Sebbene non ci sia concordanza sulla diagnosi, tra chi propende per uno sbilanciamento degli umori, e chi punta il dito contro le donne e le loro suggestioni uterine, la proposta è unanime: “Lasciateli ballare”, dicono i dottori, “e prima o poi la pianteranno”. 

Nel giro di una notte, Strasburgo si riempie di palchi in legno sui quali i ballerini vengono costretti a salire. E ballano, ballano senza potersi fermare, e ora li accompagnano anche dei musici che intonano le loro canzoni adattandole al ritmo sconclusionato degli ossessi. 

Va a finire che anche qualcuno dei musicanti si senta “trascinato dal ballo” e abbandoni il proprio strumento per unirsi alle danze. La febbre del ballo è contagiosa. 

Per agosto la piaga non è cessata. Ormai i palchi strabordano di gambe e piedi che si muovono in maniera convulsa. I decessi non si contano più e qualcuno avanza una stima di 15 morti a settimana tra i ballerini, sopraffatti dal caldo, dalla fatica, dall'assenza di cibo e riposo. 

L'Autorità ne ha abbastanza e ordina lo sgombero. I musicisti vengono licenziati, i dottori con i loro consigli cacciati a pedate. I palchi abbattuti. Danze e musiche sono proibite fino a settembre, pena la frusta e multe salate. 

Frau Troffea e gli altri vengono caricati a forza su dei carri e condotti in processione verso il santuario di san Vito, il protettore dei danzatori. Ormai è chiaro a tutti che la causa dell'epidemia è da ricercarsi in un evento soprannaturale, se del diavolo, che ha posseduto Troffea e chi le è andato appresso, o di Dio, che così facendo li ha puniti di chissà quale colpa, non è importante. L'importante è che finisca. 

I carri impiegano tre giorni per raggiungere il santuario. Molti dei ballerini guariscono durante il viaggio. Qualcuno muore stroncato da un infarto, dal caldo e dallo sforzo. 

Giunti al santuario, i posseduti vengono fatti scendere dai carri. A ciascuno viene legata tra le mani una croce e fatte calzare ai piedi scarpe di stoffa rossa. 

Una processione danzante sfila nel santuario. 
Troffea è la prima a guarire. Con un grido si lancia a terra, esausta ma libera. Uno ad uno, tutti gli altri la seguono. 

L'epidemia del ballo di Strasburgo, che si è lasciata dietro qualche centinaio di morti, termina prodigiosamente così come era cominciata sul finire di un agosto torrido e soffocante.

[continua]

2 commenti

  1. Ignoravo completamente! Sei sempre piena di spunti fantastici! Dove l'hai beccata questa?

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    1. Ciao, Nick! Avevo letto qualcosa a riguardo secoli fa, e mi aveva affascinato un sacco. Recentemente, facendo delle ricerche, mi ci sono imbattuta di nuovo e ho deciso che dovevo assolutamente farci un post. Anzi, un doppio post (e la seconda parte spero di riuscire a pubblicarla la prossima settimana). Ad ogni modo, la maggior parte delle informazioni le ho recuperate da un libro che metterò tra le fonti del post conclusivo: "A time to dance a Time to Die" di John Waller.

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