“Spettabile capitano, le mando un ragazzo che desidera servire con fedeltà il suo re. Sua madre, della quale non so nulla, me lo consegnò il 17 ottobre del 1812. Non ho mai detto una parola alle autorità. Non sono che un povero lavoratore con dieci figli da mantenere. [...]
Non gli ho mai permesso di uscire fuori casa... egli non sa nulla di me, non è in grado di rintracciarmi. [... ]Non ha con sé denaro, perché io stesso non ne ho. Se non desidererà tenerlo con sé, farebbe bene a picchiarlo a morte, rinchiuderlo o impiccarlo.”
La strana storia di Kaspar Hauser, il “fanciullo d'Europa”, ha inizio a Norimberga un pomeriggio di Pentecoste.
Un ragazzo se ne sta immobile in piazza Unschlitt, con il corpo leggermente inclinato in avanti, come se facesse fatica a stare in equilibrio. In mano ha una lettera. Un uomo lo nota e gli chiede cosa stia facendo. A quella domanda, il giovane risponde con una frase sibillina: “Voglio diventare un cavaliere com'era mio padre”. La ripete anche alle successive domande che l'uomo gli rivolge, come se non comprendesse la lingua, come se non avesse mai intrattenuto una conversazione in vita sua.
Alla fine, l'uomo si fa consegnare la lettera, che è destinata al capitano del sesto reggimento di cavalleria, e conduce il ragazzo alla gendarmeria locale.
“Deve essere un po' suonato” dice al poliziotto.
“Come si chiama?”
L'uomo solleva le spalle: “Saperlo. Non fa che ripetere che vuole diventare un cavaliere. Non sa dire altro”.
Il poliziotto porge al ragazzo carta e penna. Forse è straniero, pensa. Gli indica il foglio e gli fa cenno di scrivere. Il giovane lo guarda assorto, quindi annuisce e con grande sforzo scrive due parole, un nome e un cognome: Kaspar Hauser.
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la lettera che Hauser aveva con sé |
Kaspar Hauser nasce ufficialmente quel 26 maggio 1828. Un sedicenne dalle qualità sorprendenti, inconsapevole del mondo che lo circonda. Nessuno, neppure lui, sa da dove venga. La lettera che lo accompagna per buona parte racconta menzogne. Ma questo si saprà solo molto più tardi.
La verità su Kaspar verrà fuori lentamente. Nel frattempo, viene sbattuto in una cella, sospettato di essere niente di più di un ragazzo fortemente disturbato. Vi trascorrerà due mesi.
Il secondino che ha il compito di controllarlo riferisce che il giovane sconosciuto trascorre molte ore immobile senza lagnarsi; che, a differenza degli altri detenuti, non patisce le lunghe ore di silenzio. Kaspar non ha cognizione del tempo né del comune senso del pudore. La gente si accalca alla sua cella per guardarlo, nel tentativo di estorcergli qualche parola sul suo misterioso passato. Ma le parole per Kaspar sono una cosa nuova, come gli animali, che per lui sono tutti cavalli, come le persone, che considera tutti “ragazzi”.
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Statua di Hauser a Norimberga |
Il secondino, di nome Hiltel, si appassiona al suo caso. Si convince che Kaspar non è un pazzo ma che davvero è come un bambino appena nato, e come tale va guidato alla scoperta delle cose del mondo. Kaspar impara velocemente che il fuoco brucia ma ha difficoltà a comprendere il concetto di tridimensionalità e di profondità: per lui la finestra è un quadro, e si stupisce quando scopre che c'è il vuoto oltre la cornice. Vede perfettamente al buio mentre la luce del sole gli fa bruciare gli occhi. L'odore della carne o del vino lo disgustano. I rumori forti lo scuotono così forte da farlo svenire.
Chiamato a esaminarlo, il dottor Preu conferma i sospetti di Hiltel e, allo stesso tempo, produce una diagnosi sconcertante: Kaspar non è pazzo, ma ha subito un lungo periodo di segregazione che ha acuito i suoi sensi e allo stesso tempo ha ritardato il suo sviluppo sociale e affettivo.
È Kaspar stesso a confermare l'ipotesi del dottore. Il suo è il racconto di un bambino che ha vissuto per oltre un decennio chiuso in una stanza angusta, nella pressoché totale assenza di luce, in compagnia di nient'altro che un paio di cavalli di legno. La stanza era troppo piccola per poter fare altro che stare seduti o sdraiati. Ogni mattina, Kaspar trovava pronto accanto a sé un piatto con del pane e una brocca d'acqua. A volte l'acqua aveva un sapore amaro che lo faceva addormentare profondamente. Quando si risvegliava da questi lunghi sonni, scopriva che gli erano stati tagliati i capelli e le unghie, e che il pagliericcio era stato cambiato.
Per buona parte della sua vita, Kaspar aveva vissuto in una sorta di cubo magico, senza alcun contatto con gli uomini. Poi, un giorno, un uomo era arrivato. Aveva il volto velato e gli aveva insegnato i rudimenti della scrittura e a ripetere un'unica frase. Qualche tempo dopo, l'uomo in nero lo aveva trascinato fuori dalla sua stanzetta, dal suo piccolo mondo, e lo aveva costretto a una lunga camminata fino alla città di Norimberga dove lo aveva abbandonato con nient'altro che quella lettera.
La storia di Kaspar e della sua infanzia terrificante fa il giro della Germania. Si cominciano ad avanzare ipotesi sui motivi di quella lunga segregazione. Qualcuno arriva a sospettare che Kaspar sia in realtà più di un semplice trovatello, ma che si tratti addirittura di un erede al trono. Altri ancora lo sospettano la vittima di rituali ancestrali.
La città vota per accollarsi le spese di mantenimento del giovane. Finalmente Kaspar esce dalla prigione e viene accolto in casa del professor Daumer, grazie ala quale impara a relazionarsi con il mondo esterno. Kaspar è affascinato dall'immensità delle informazioni che fino a quel momento gli sono state precluse.
Comincia a prendersi cura di sé, impara a ballare e a suonare, scopre gli acquerelli e dipinge, ogni tanto dà piccole dimostrazioni delle sue straordinarie qualità sensoriali.
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Kaspar Hauser, ritratto del prof. Daumer |
Ma a poco a poco la città perde interesse. Il ragazzo venuto dal nulla sembra aver esaurito tutto il suo pontenziale, e qualcuno comincia persino a protestare per le spese che il comune deve sobbarcarsi per la sua tutela e educazione.
Poi, un giorno, Kaspar viene ritrovato esanime, con una profonda ferita alla testa. Il ragazzo afferma di essere stato aggredito dall'uomo in nero, che quell'uomo non vuole che lui lasci la città, e la comunità torna a prendersi cura di lui. Gli viene assegnata una scorta e viene spostato in un'altra casa.
Nel 1831 Kaspar è all'apice della sua fortuna; incontra il nipote del primo ministro Pitt, Lord Stanhope, che è affascinato dalla sua storia e gli propone un viaggio in Europa. Il viaggio porterà Kaspar lontano da Norimberga per due anni, ma i rapporti con Stanhope ben presto si fanno gelidi. Il fanciullo d'Europa si dimostra un ragazzino scostante e capriccioso e il Lord lo scarica appena rientrato in Germania. Kaspar viene spedito ad Ansbach, affidato alle cure del dottor Meyer e del capitano Hickel. I due non dovranno prendersene cura a lungo.
Il 14 dicembre del 1833 il dottore sente bussare con forza alla sua porta. Non fa in tempo ad aprire che Kaspar gli frana addosso. È sporco di sangue e respira a fatica. Nel delirio ripete che un uomo l'ha accoltellato nel parco, nell'Hofgarten, e che lì, da qualche parte, deve esserci una borsa.
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"Qui un uomo misterioso fu ucciso in modo misterioso", la lapide eretta all'Hofgarten segna il luogo in cui Kaspar venne ferito a morte |
Hickel corre all'Hofgarten e scopre, tra la neve macchiata di sangue, un sacchetto di seta colmo di monete d'oro con un biglietto scritto al contrario nel quale il presunto assassino si autodenuncia, firmandosi M. L. O.
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la lettera-confessione di M.L.O. Per alcuni sarebbe stato Kaspar stesso a scriverla. La lettera è scritta allo specchio. |
Kaspar non sa dire molto di più sull'aggressore, nega recisamente di essersi pugnalato da solo, anche se le prove in tal senso sono più che stringenti, e muore tre giorni più tardi, il 17 dicembre portandosi nella tomba il mistero della sua esistenza. Mistero che le ultime parole pronunciate sul letto di morte non fanno che acuire:
“Il mostro è divenuto troppo grande per me.”
Per alcuni un impostore ucciso dalla sua stessa fame di attenzioni, per altri un ragazzo "magico", Kaspar Hauser si è ritagliato un posto tra i personaggi della storia. Il suo nome è stato associato a una sindrome e a un esperimento di psicologia cognitiva. La sua vicenda ha ispirato registi e scrittori come Fredric Brown, che rielabora la storia di Hauser nel suo bel racconto “Vieni e impazzisci”. La fumettista canadese Diane Obomsawin ha dedicato a Kaspar Hauser un fumetto [Kaspar] successivamente trasposto in corto animato.
Sulla lapide della sua tomba tutt'oggi visitabile nel cimitero di Ansbach, l'iscrizione in latino recita:
“Qui riposa Kaspar Hauser, enigma del suo tempo. Ignota la [sua] origine, misteriosa la [sua] morte – 1833”
Fonti.
Kaspar, di Diane Obomsawin, trad. di H. Dascher, Drawn and Quarterly, Montreal, 2009
Il grande libro dei misteri irrisolti, di Colin & Damon Wilson, trad. di F. Ossola, Newton&Compton editori, 2005
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