Bloody Christmas. Che fine hanno fatto i Sodder?

Chestnuts roasting on an open fire
Jack Frost nipping at your nose
Yuletide carols being sung by a choir
And folks dressed up like Eskimos
Everybody knows a turkey and some mistletoe
Help to make the season bright
Tiny tots with their eyes all aglow
Will find it hard to sleep tonight
[The Christmas song (chestnuts roasting on an open fire)]


Fayetteville, West Virginia.
L'anno è il 1945. Sono le dieci di sera.
La famiglia Sodder è riunita attorno l'albero, per festeggiare il primo Natale di pace dopo i lunghi e travagliati mesi di guerra. Dei dieci figli manca solo Joe, il secondogenito, ancora sotto le armi.

Quella sera i bambini sono particolarmente eccitati. Hanno già scartato tutti i doni, soprattutto quei giocattoli che Marion, la sorella maggiore, ha comprato apposta per loro con il suo primo stipendio da commessa. In tutta la casa si respira un clima di pace e serenità. George e sua moglie Jennie, che stringe in grembo l'ultima nata, guardano i ragazzi sommersi dalla carta dei pacchetti e si scambiano un sorriso complice. Finalmente, dopo anni di sacrifici e duro lavoro, sentono di aver realizzato in pieno il sogno americano.

George ha lasciato Tula, in Sardegna, senza mai guardarsi indietro. Aveva tredici anni all'epoca e ancora si chiamava Giorgio Soddu. Ad accompagnarlo il fratello maggiore, un'ombra nella memoria, che lo aveva lasciato a Ellis Island abbandonandolo al suo destino. E George a quel destino ci si era aggrappato, gli si era stretto alla groppa senza mollarlo un secondo, prendendosi i calci e resistendo alle sfuriate fino a domarlo. Era partito dal basso facendo i lavori più gravosi e adesso possiede una propria compagnia di trasporti, una bella villa, una bella famiglia. Non male per un tredicenne che a stento sapeva spiccicare una parola in inglese.
Anche Jennie, sua moglie, è un'emigrata. Ma lei l'Italia l'ha lasciata ad appena tre anni, ed è come se in America ci fosse nata.

Nonostante sia un membro rispettato della città, gli anni passati George ha avuto i suoi bei grattacapi con la nutrita comunità di emigrati italiani di Fayetteville, che costituiscono quasi un'enclave cittadina. Problemi dovuti al suo atteggiamento sprezzante, per non dire apertamente critico, nei confronti di Mussolini. Del resto lui non è certo il tipo che si tiri indietro quando c'è da far valere le proprie ragioni, altrimenti non sarebbe arrivato dove si trova adesso. Per le sue idee si è beccato perfino la minaccia di un assicuratore che aveva cacciato di casa: “attento, la tua casa potrebbe prendere fuoco e i tuoi figli con lei.” Ma alle minacce, così come agli insulti, George non ha mai dato troppo peso. 

E comunque, pensa mentre si mette in piedi e si lascia andare a uno sbadiglio, ormai anche questa è andata: Mussolini è morto, la guerra è finita. La vita può finalmente andare avanti.

Le luci dell'albero di Natale colorano i visini accesi di Martha, Jennie e Betty, le piccole di casa. “Possiamo stare alzate ancora un po'?”, domanda Jennie alla madre. “Almeno fino a quando Maurice e Louis non tornano dalla stalla.”
“Va bene, ma poi filate a letto”, risponde mamma Sodder prima di salire in camera con Sylvia, già mezzo addormentata. Suo marito, George Jr. e John si sono già coricati. Marion resta in salotto con le bambine per sorvegliarle e assicurarsi che rispettino le consegne materne.

Verso mezzanotte e mezza tutti i Sodder dormono profondamente quando, all'improvviso, il telefono si mette a squillare. Mamma Jennie si sveglia e scende in salotto per rispondere. Sul divano, Marion dorme della grossa. 
Dall'altro capo della cornetta si sentono bicchieri che brindano e gente che festeggia. Poi, ecco la voce. È una donna, che parla in maniera confusa, come ubriaca. Pronuncia un nome, che Jennie non conosce. “Ha sbagliato numero”, dice. Per tutta risposta, prima di riattaccare, l'altra esplode in una risata agghiacciante¹.

Prima di tornare a letto, turbata e infastidita, Jennie nota che i bambini hanno lasciato le luci accese e non hanno tirato le tende come loro abitudine. “Domani mi sentono”, pensa mentre risale in camera.

Si è appena appisolata quando viene svegliata di nuovo dal rumore di un oggetto che rotola sul tetto. Resta in ascolto per qualche minuto ma i rumori sono cessati. Si riaddormenta.

Mezz'ora dopo Jennie è di nuovo in piedi. Questa volta è stato l'odore a svegliarla. Odore di bruciato. Non le ci vuole molto per rendersi conto di cosa sta accadendo. 
Sveglia il marito e insieme allertano i figli maggiori che dormono nelle camere attigue. Tutti e cinque urlano a gran voce per risvegliare i più piccoli, che riposano invece in soffitta, mentre le fiamme sulle scale gli impediscono di raggiungerli.
Non ottengono risposta.


George prova a chiamare i soccorsi, ma il telefono è isolato. Così, mentre Marion corre da un vicino per allertare i vigili del fuoco, papà Sodder e i figli maggiori tentano con ogni mezzo di salvare i piccoli rimasti intrappolati al piano superiore. Ma ogni tentativo risulta vano: la scala a pioli non è al solito posto; i camion dell'azienda non partono.

Attoniti e impotenti, i Sodder superstiti sono costretti ad assistere mentre le fiamme divorano anni di sacrifici e di soddisfazioni. 

La casa e tutto ciò che vi è dentro brucia fino alle fondamenta in 45 minuti². Dell'albero di Natale, delle luci, dei regali, dei bambini non restano che cenere e frammenti anneriti e l'odore penetrante della legna carbonizzata.

I vigili del fuoco arrivano il mattino seguente, otto ore dopo essere stati allertati. Verso le dieci, uomini e donne si aggirano tra i resti fumanti della casa. Il fuoco si è portato via tutto. Ha distrutto ogni cosa, ogni affetto, ogni sentimento.

Jennie vaga tra la cenere con Sylvia appesa al collo. Marion la segue in silenzio. Le pantofole scricchiolano sulle porcellane spaccate, sui bicchieri esplosi, sui regali anneriti. Tutti fissano le macerie senza dire una parola, anche se tutti sanno cos'è che stanno cercando tra le assi di legno carbonizzate e i pezzi di muro: cinque piccoli corpi, i resti dei bambini che non ce l'hanno fatta.

Ma è a questo punto che la tragedia si imbeve di mistero perché, per quanto si cerchi, quei corpi non si trovano. Né frammenti d'ossa, né porzioni di cranio. Maurice, Louis, Martha, Jennie e Betty non sono lì. Non c'è una sola traccia che faccia pensare che siano morti tra le fiamme. 

La speranza nei Sodder si riaccende, perché se i bambini non sono lì allora devono ancora essere vivi. Ma dove. E perché?


Viene aperta un'inchiesta, che attribuisce la causa dell'incendio a un cortocircuito. Per la legge Maurice, Louis, Martha, Jennie e Betty sono morti tra le fiamme. Il 2 gennaio 1946 vengono celebrati i funerali dei piccoli Sodder e cinque bare vuote vengono sepolte.

Pochi giorni prima, a dispetto delle indicazioni del capo dei vigili del fuoco, George aveva fatto sgomberare l'area per trasformarla in un memoriale per i bambini.

Ma né lui né Jennie si arrendono. Sono affamati di prove e non ce n'è una sola che li persuada della morte dei figli, mentre cominciano a emergere le prime incongruenze di un caso trattato forse con troppa leggerezza e fretta eccessiva.

I coniugi contestano la tesi del cortocircuito, considerando che le luci appese all'esterno della casa avevano continuato a funzionare finché le fiamme non le avevano distrutte. Mesi dopo, il ritrovamento di quelli che assomigliano ai resti di una bomba a mano sembrano dare loro ragione sulla natura dolosa dell'incendio.

E il telefono staccato? Qualcuno ha tranciato i cavi e lo ha fatto volontariamente dopo la mezzanotte e mezza. “Sono stato io”, confessa un ladro che i Sodder avevano sorpreso a trafugare una carrucola durante l'incendio. Il ragazzo che si autoaccusa dell'atto, compiuto per errore, viene creduto e rilasciato dopo aver pagato una multa, senza ulteriori indagini da parte degli inquirenti.

E le ossa dei bambini? Jennie contatta un impresario di pompe funebri, che le conferma come una cremazione impieghi ore per portare un corpo umano al suo quasi totale incenerimento, e a temperature ben maggiori di quelle che si registrano durante un incendio. Lei stessa si dà da fare a bruciare carcasse di piccoli animali per dimostrare come, se i suoi figli sono davvero morti tra le fiamme, qualcosa si sarebbe dovuto trovare³.

Sempre più convinti che i figli siano ancora vivi, i Sodder ingaggiano un investigatore privato il quale scopre che uno dei membri della giuria che ha votato per il cortocircuito è lo stesso assicuratore che aveva minacciato George per le sue idee anti-fasciste. Viene inoltre a sapere che il capo dei vigili del fuoco, Morris, ha trovato sul luogo dell'incendio un cuore umano, poi nascosto in una scatola di metallo. Quando infine riesce a farsi consegnare la scatola, il presunto cuore si rivela essere un fegato di bovino. Ma perché Morris ha messo in giro quella voce? Il capo dei pompieri si giustifica spiegando che sperava che il ritrovamento avrebbe persuaso i Sodder ad accettare il fatto che i piccoli erano morti.

I coniugi si rivolgono perfino all'FBI, ma J. Edgar Hoover è inflessibile: il suo bureau può intervenire solo dietro espressa richiesta degli organi di polizia locali. Che rifiutano il supporto dei federali.

Nel frattempo, le testimonianze e gli avvistamenti dei piccoli Sodder si intensificano: una cameriera giura di aver servito ai ragazzi la colazione; anni dopo, la dipendente di un hotel dichiarerà che i bambini hanno soggiornato da lei, assieme ad altri quattro adulti - due donne e due uomini – di chiara origine italiana.
La pista mafiosa si fa strada non solo sulla stampa ma anche in George, che ormai è sempre più propenso ad associare la scomparsa dei figli a una vendetta nei suoi confronti.


Quattro anni dopo l'incendio, nel 1949, George Sodder torna con i bulldozer dove ha fatto erigere il memoriale per i figli e lo butta giù, deciso a scavare per rispondere una volta e per tutte alle domande che da quella notte di Natale non hanno smesso di torturarlo. Le macchine scavano ed effettivamente qualcosa di trova: ossa. Per la precisione vertebre, che vengono immediatamente portate dal patologo. Ma la speranza è di breve durata: le ossa appartengono indubbiamente a un essere umano, ma l'età di accrescimento non combacia con nessuno dei ragazzi scomparsi.



Nel 1952 i Sodder acquistano uno spazio pubblicitario su un lato della Route 60. Sul tabellone fanno stampare le foto dei figli scomparsi e l'offerta di una ricompensa di 10.000 $ per chiunque abbia informazioni utili a ritrovarli. Nessuno si farà avanti fino al 1967, quando Jennie riceve una lettera anonima dal Kentucky. Nella busta, una foto che ritrae un giovane di bell'aspetto. Sul retro, una scritta:

“Louis Sodder, I love brother Frankie, Ilil boys, A90132.”

Sorpresi dalla somiglianza tra il ragazzo e Louis, ignorando il fatto che nessun Frankie abbia mai fatto parte della famiglia e nonostante per molti quella lettera sia soltanto opera di un mitomane, i Sodder fanno aggiungere la foto al tabellone sull'autostrada. Resterà lì, ben visibile e ignorata, per 25 anni.

George Sodder muore nel 1969, esausto da più diventi anni di ricerche, falsi avvistamenti e speranze deluse. Jennie lo segue nel 1987

Entrambi muoiono senza una risposta, orfani di cinque figli che, da quella maledetta notte di Natale, non hanno mai smesso di cercare.

“we only want to know. If they did die in the fire, we want to be convinced. Otherwise, we want to know what happened to them”.



Note.

1 La donna verrà rintracciata e interrogata dalla polizia e il suo legame con la sparizione dei bambini verrà presto escluso: aveva effettivamente sbagliato numero.

2 L'incendio impiegò 45 minuti a distruggere la casa, ma i resti continuarono a bruciare per tutta la notte e la mattina seguente, tanto che solo verso le dieci si poté cominciare a rovistare tra le macerie.

3 Il mancato ritrovamento dei resti dei corpi dei bambini sarebbe giustificato dal fatto che la maggior parte dei vigili accorsi sulla scena erano volontari, poco formati sul tipo di ricerca da effettuare. È inoltre possibile che i cinque Sodder, morti asfissiati per il fumo e poi sepolti sotto le macerie fumanti, siano stati vittime del fenomeno della candela inversa già citato nel post sull'autocombustione umana

Fonti.

Di quanto accadde ai Sodder ne ha parlato anche Nick Parisi in un esauriente articolo in tre puntate. La prima la trovate qui: Lo strano caso della famiglia Sodder

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