IL GOTICO RURALE. Un'introduzione



Dopo aver consacrato febbraio al weird, ho deciso di dedicare marzo, mese di terra e di rituali contadini, alla lettura di libri che attengono al gotico rurale e al southern gothic.

Già. Ma che cos'è il gotico rurale?

Mai come in questo caso, nomen omen: ci troviamo infatti davanti a opere che appartengono a pieno diritto al gotico, ma declinate tra le campagne e i borghi più remoti e periferici d'Italia.

È con Gotico rurale, antologia di Eraldo Baldini – scrittore e antropologo - pubblicata per la prima volta nel Duemila, che il genere acquisisce un nome e una propria dignità letteraria. 
Un battesimo piuttosto recente, dunque, anche se va detto che molti degli elementi caratterizzanti il gotico rurale si possono già rinvenire in opere antecedenti, come in alcuni racconti di Giovanni Magherini-Graziani che si fregia, tra l'altro, anche del titolo di unico italiano mai pubblicato su Weird Tales.



Affine al gotico rurale è il southern gothic, con le sue storie ambientate nel profondo Sud americano, in cittadine arretrate, dalla morale talmente radicata da rasentare l'isteria. Le comunità tratteggiate sono solo superficialmente coese, e a una pace sociale di facciata corrisponde un sostrato di rancori e invidie, di violenze e orribili segreti.

Se a questo punto vi lampeggia davanti agli occhi l'insegna di Derry o Salem, sappiate che siete sulla strada giusta. Anche se va detto che, nel southern gothic così come nel gotico rurale, l'elemento soprannaturale non sempre è rilevante e, anzi, in molti casi è del tutto assente.

Quelli messi in scena dal southern gothic sono luoghi dove la religione si è evoluta in culti personalissimi, che tendono a mescolarsi a un razzismo strisciante residuo del passato schiavismo. Un razzismo che si rivolge contro chiunque non appartenga al posto, il più delle volte considerato un'anomalia perché portatore di idee nuove, una minaccia per l'ordine costituto.

Anche nel gotico rurale la comunità è spesso la protagonista delle storie narrate. Una comunità profondamente radicata nel territorio, tanto da costituirne una sorta di appendice inestricabile, un tutt'uno con il folklore e le leggende locali.

Se nel gotico puro sono il castello o la dimora infestata il palcoscenico d'eccellenza dove far muovere i personaggi, nel gotico rurale sono le campagne, le comunità montane, i borghi antichi, le cittadine di provincia; cittadine dove gli estranei vengono visti con sospetto e che, tanto per fare un esempio abusatissimo, richiamano immediatamente all'immaginazione quella provincia ferrarese dipinta in maniera magistrale da Pupi Avati in "La casa dalle finestre che ridono".



Francesco Corigliano nel suo articolo “Tra folklore e terrore. Il 'gotico rurale' di Eraldo Baldini” parla, a tal proposito, di zone-soglia

“un posto particolare, il più delle volte ubicato in campagna e presentato come selvaggio e inospitale […] Ne consegue che una delle regole principali di queste ambientazioni è, appunto, l’inviolabilità del luogo e la sua appartenenza ad un regime naturale differente - un divieto che in parte si giustifica a causa dell’isolamento dei posti narrati, e che in parte è come istituito dalla presenza degli abitanti delle zone-soglia stesse". [Francesco Corigliano, op. cit.]

Soglie che, come accade nel più classico dei racconti alla C. A. S., una volta attraversate proiettano il protagonista “moderno” in un mondo del tutto nuovo, dove il dialetto si trasforma in un linguaggio alieno e la vita è regolata da rigidissimi quanto vetusti codici morali.

Luoghi tenuti in piedi da equilibri fragili, nei quali spesso ristagna il fondo di verità delle leggende popolari con mostri, spiriti e streghe dedite a rituali secolari che vivono sullo stesso piano dei comuni mortali, e ne determinano le sorti.

Quello messo in scena nel gotico rurale è un soprannaturale che trae forza dal territorio, dall'ambiente, dalla tradizione. È il soprannaturale delle fiabe orali e dei racconti che venivano tramandati di nonna in nipote, spesso nel calore di una stalla o davanti agli ultimi tizzoni che fiammeggiavano in un camino. 

Racconti popolari, favole che hanno per eroi animali fuori del comune ma anche storie autentiche, innervate così a fondo nell'immaginario collettivo da aver assunto i connotati della leggenda. Voci che parlano di posti consacrati a entità che conservano, nei loro tratti caratteristici, traccia di culti remoti, in una mescolanza fertile di fedi che danno origine a un cristianesimo pagano spesso celebrato con rituali di sangue.

Ed è ancora il cinema a fornirci l'esempio perfetto di gotico rurale.


In “Non si sevizia un paperino”, indiscusso capolavoro di Fulci, sussistono la maggior parte degli elementi caratterizzanti il genere fin qui raccolti: l'ambiente chiuso e retrogrado, che sembra fuori dal tempo; l'outsider, rappresentato dal giornalista e dalla ragazza che viene dalla metropoli; il fattore soprannaturale, con la maciara e le sue statuine di cera; la violenza, che assume i connotati di un sacrificio rituale per purificare la comunità dai crimini commessi al suo interno.

Si tratta di un film profondamente intriso della terra e dei luoghi che racconta, sia da un punto di vista prettamente geografico che culturale. Così come è profonda, oserei dire brutale, la cesura tra quelli che vengono da fuori, rappresentanti della città moderna con i suoi valori e disvalori, e chi vive nella comunità, legato al passato e alle sue tradizioni, anche violente.


Ed è proprio questa cesura, questa contrapposizione tra passato e presente, tra leggenda e realtà, a rendere il gotico rurale uno tra i generi più interessanti della narrativa italiana contemporanea. Per le sue infinite possibili esplorazioni, per il modo in cui genera straniamento mettendoci davanti alla quotidianità. A qualcosa che ci sembra così familiare, persino noioso, e che invece nasconde angoli oscuri di incertezza e dubbio.

Ci si trova all'improvviso catapultati in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, e realtà ritenute estinte, creature leggendarie, incubi legati a un passato più prossimo di quanto vogliamo ammettere, vengono di notte a bussare agli usci o ci aspettano pazienti ai bivi, nel silenzio della campagna addormentata.

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Fonti.

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