DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI WEIRD

“Fair is foul and foul is fair: Hover through the fog and filthy air.”
[William Shakespeare, Macbeth, atto 1, scena 1]

Febbraio, mese di maschere e di doppi. Di William Wilson, uomini della folla e misteriosi segni in giallo. Febbraio è anche il mese dei riti più antichi come i Lupercalia; riti che che, riallacciandosi alle vecchie cosmogonie, celebrano la risurrezione dell'ordine dal caos. Riti che oggi chiamiamo comunemente Carnevale.

Non è per caso che ho deciso di consacrare questo mese al weird.

Tutto molto bello, direte voi. Ma cos'è il weird?

Scrivono Fabio Lastrucci e Vincenzo Lumaga in Com'era weird la mia valle [Milena edizioni] che, tra gli elementi che caratterizzano la letteratura weird, troviamo

“la presenza di un senso di straniamento, un sovvertimento delle regole ordinarie dell'esistenza e del senso comune della realtà, uno scardinamento delle certezze consolidate, l'avvento del meraviglioso, dell'inspiegabile, nell'ordinaria trama del vivere quotidiano. [Com'era weird la mia valle, Fabio Lastrucci, Vincenzo Barone Lumaga, Milena edizioni, 2018, p.20]

Insomma, il weird è il genere dell'incertezza, dell'indefinito; e se non sempre a dire weird si dice anche horror (o viceversa) quando i due generi si mescolano danno luogo a incubi che trascinano personaggio e lettore in un'allucinazione morbosa, oscena, dove il confine tra realtà e finzione si tende fino a spezzarsi.

Dal weird va distinto il new-weird, termine coniato da Jeff Vandermeer, che riallaccia questa letteratura dello straniamento a tematiche attuali, mescolando il weird al fantasy, alla fantascienza e allo steampunk e ai vari sottogeneri della letteratura fantastica. Tra gli esempi di autori new weird, oltre al già citato Vandermeer troviamo China Mieville, Thomas Ligotti, Paolo di Orazio e Livia Llewellyn, tanto per riportare i più noti.

Come una creatura protocellulare, il weird si distacca dal romanzo gotico e si sposta in un contesto urbano, fatto di città che si contorcono su loro stesse trasformandosi in labirinti nei quali gli uomini finiscono per restare schiacciati.

È l'urbanizzazione esplosiva, il sovraffollamento dei sobborghi il terreno dove il weird prospera e si nutre. È un genere, questo, che si contrappone al positivismo e allo scientismo o, all'opposto, sfrutta la scienza per dare vita a orrori inimmaginabili (e dando vita al filone dei mad doctors e della weird science).

Le città si trasformano in entità dotate di una vita propria, le case inghiottono coloro che hanno l'ardire di attraversarne le porte. E gli uomini spariscono, semplicemente attraversando un campo di grano. La realtà quotidiana è pervasa da una schizofrenia collettiva che gli scrittori dell'epoca assorbono e trasmettono, raccontando le storie di individui tanto alienati da non riuscire più a distinguere il reale dall'irreale.

In una società che vede nel tangibile, nel reale, la sola cosa che ha valore, gli scrittori weird stilano nero su bianco storie dove non c'è più un solo punto della realtà a cui ancorarsi. L'essere umano è solo, intrappolato in un mondo che ruota su se stesso e nello spazio, sospeso nel nulla. Una giostra dalla quale non ha possibilità di scendere se non con la morte. E forse neppure con questa.

Poe, Mary Shelley, Robert Louis Stevenson possono essere annoverati tra i precursori di questa nuova corrente letteraria dove l'assurdo, lo strano, l'orrido e il perturbante si innestano nel quotidiano.
In Poe il tema più ricorrente è la follia, una follia distruttiva e allucinatoria che conduce i personaggi - dilaniati dal senso di colpa o da un terrore incalzate - a precipitare in una realtà sempre più confusa e distorta, fino al tragico epilogo.
Dal canto suo con Il prometeo moderno Mary Shelley non dà soltanto la vita alla creatura di Victor Frankenstein ma a tutta la serie di ibridi umani (zombie, androidi) che seguiranno. Inoltre il suo Frankenstein è probabilmente il capostipite dei mad doctor: lo scienziato che si pone al di sopra della creazione per ridare vita a un collage di corpi morti da tempo.
Con Stevenson, invece, ci troviamo davanti a un personaggio, il dottor Jekyll, che rappresenta bene la figura dello psicopatico, del serial killer. Riprendendo il mito del licantropo, Stevenson lo riadatta alla realtà contemporanea: Jekyll e Hyde convivono in uno stesso corpo, rappresentando l'indissolubile, schizofrenico, impossibile legame tra mente razionale e puro istinto animale.

Ma è con Weird Tales che il genere si conquista un nome. Siamo ormai negli anni '30 e la rivista dà spazio a una serie di autori che diventeranno, col tempo, i veri padroni di questa branca del fantastico. H. P. Lovecraft, Henry S. Whithehead, Fritz Leiber, Robert Bloch e tanti altri, si alternano sulle pagine di una rivista letteraria destinata a diventare un cult per le generazioni che seguiranno; portano in scena visioni mostruose, creature provenienti da mondi e dimensioni folli, abitatori del profondo, costruzioni impossibili, città divoranti.

Andando avanti nel tempo, cresce a dismisura il numero di autori che si cimentano con il genere, spesso utilizzandolo per dare voce a tensioni interiori. È il caso di Thomas M. Disch, che nei suoi racconti affronta forse meglio di tanti altri il tema dello straniamento interiore, della solitudine che porta alla disperazione. Mentre per quanto riguarda gli italiani, per non fare torto a nessuno, citerò solo Buzzati e le angosce notturne, le gocce d'acqua che risalgono le scale di un palazzo, i mostri che stanno acquattati nell'ombra di soffitte condominiali.

Potremmo allora definire il weird un genere psicoanalitico. L'uomo viene posto al centro della narrazione, il protagonista diventa l'elemento attorno a quale costruire un mondo che è il solo a percepire, poiché nessuno vede la realtà dallo stesso punto di vista. È al protagonista che dobbiamo le sensazioni di turbamento e disorientamento, sia che guardi attraverso una crepa, scorgendo dall'altro lato forme aggressive e spaventose, sia che assista inerme all'esplosione di una realtà inconcepibile.

E proprio per questa sua caratteristica intrinseca, non è un caso che oggi il (new)weird sia tornato prepotentemente in auge tra gli scrittori. 
È il genere che più si avvicina alla società contemporanea, quello che parla il linguaggio di una società in crisi, fortemente destabilizzata; di una realtà fatta di incertezze, di squilibri. È qui che gli autori innestano le proprie opere, storie che parlano di individui che cercano disperatamente di trovare un senso nel disordine e nel caos o che si abbandonano con fiducia a mondi estranei, e tuttavia meravigliosi.

8 commenti

  1. Ho parlato spesso del weird da me, se permetti la prossima volta che lo faccio inserirò il link del tuo post come integrazione e piccola cronistoria del genere.

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    1. Ciao Nick, ma sai che io proprio da te ho appreso del saggio di Lastrucci e Lumaga? :D Permetto, permetto, e non vedo l'ora di leggere l'articolo sulla cronistoria del genere :)

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  2. "Storie dove non c'è più un solo punto della realtà a cui ancorarsi". Ottima definizione. La migliore che abbia mai letto sinora. Ne ho ascoltate tante di descrizioni ma in nessuna mai sono riuscito ad identificarmi. Spesso l'unico commento che mi viene dopo la lettura di qualcosa di "weird" è stato "OK, e quindi?". Sintomo che 1) lo scrittore è uno spostato oppure che 2 ) il mio approccio è sbagliato.

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    1. :) Il weird è un po' come quel compagno di classe che se ne stava sempre in disparte, che tutti definivano strano e non si sapeva mai bene come prenderlo. è un genere dai mille risvolti, che vive d'atmosfera e disturbo. Ti dirò, a me piace proprio per questo, ma ammetto che a volte può essere difficile entrare in una storia che per sua stessa natura potrebbe non portarti da nessuna parte. Prendi M. Disch (devo assolutamente farci un post su quest'uomo): i suoi racconti il più delle volte ti lasciano in sospensione, ma non è tanto nel finale quanto nel modo in cui la storia si sviluppa (e ti avviluppa) che sta tutta la sua forza. Per citare gli italiani, invece, c'è un racconto di Buzzati che secondo me descrive appieno il genere: si intitola "Una goccia" e lo trovo delizioso. Poi comunque non penso che il tuo approccio sia sbagliato, è soltanto una questione di gusti. [E te lo dice una che ama il genere ma che, per esempio, digerisce Ligotti a fatica.]

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  3. Non hai idea di come mi stai fomentando, con questa iniziativa: domani la lancio anche dal Zinefilo nella sua versione filmica ^_^
    Ne approfitto per condividere una chicca. Uno dei rarissimi documenti "certi" di William Shakespeare - o almeno un fattore di campagna con quel nome - è il suo atto di matrimonio con Anne Hathwey, ragazza che però due anni prima risultava essere andata in sposa ad un altro uomo: ha divorziato da lui per sposare Shakespeare? E quale era il nome dell'uomo che è stato sostituito dal più misterioso autore della storia? William Wilson...

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    1. Oh Lucius, ho letto finalmente il post. Molto, molto interessante! William Wilson, William Shakespeare... mmm... a me viene in mente più di un sospetto, ti pare? Chissà Poe perché scelse quel nome. D'altronde, già la W di per sé è una lettere ambigua. non a caso è l'iniziale di weird ;)

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  4. Anche King si è spesso fatto attrarre dal Weird.
    La Torre Nera omaggia parecchio le storie di Fritz Leiber, C.A.Smith e H.P.Lovecraft ed i loro paesaggi visionari ed impossibili.
    Voglio il racconto di Buzzati, in quale raccolta lo trovo?

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    1. Ciao Pirkaff. Hai fatto bene a ricordare King perché di autori che hanno praticato il genere ce n'è a pacchi, proprio per la sua natura tentacolare, e citarli tutti sarebbe impensabile. Il racconto è Una goccia, e si trova in Paura alla Scala. In effetti anche Il grande ritratto potrebbe essere ricompreso nel genere, non trovi?

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