Vampiri dell'Europa centrale: il Nachzehrer e la Diceria del vampiro di Michael Ranft




Tutti i rapporti su questo fenomeno concordano sul fatto che i morti masticano, nelle loro tombe, emettendo un rumore simile a quello dei maiali: da cui l'espressione Schmadtzenden Todten (morti masticatori) con la quale sono designati. [Diceria del vampiro. De Masticatione mortuorum in tumulis, Michael Ranft, trad. di Gloria Nagly, Associazione LibriPerduti, 2011, p.59] 


Luglio, 1725. Un sottile filo di fumo si leva dal piccolo cimitero di Kisolova (Ungheria). La folla che ha atteso fino al crepuscolo l'esito del rogo si sporge sul bordo della tomba dove, appena dieci settimane prima, Peter Plogojovitz è stato sepolto. Il vento serale spazza via gli ultimi refoli di fumo e il puzzo di carne umana bruciata. Sul fondo della fossa non è rimasto che uno spesso strato di cenere nera e oleosa, punteggiata di braci ardenti. Un mormorio di approvazione si diffonde tra i presenti. Si scambiano occhiate silenziose e gesti che solo chi è del posto è in grado di decifrare. Poco alla volta, la folla si disperde. 

Un uomo, un falegname, si accosta all'Ufficiale Imperiale del distretto di Gradisk. Si sfila il berretto. “Lo so che lei non capisce, ma non c'era altro modo che questo”, mormora. Con il mento accenna alla fossa. “Lui non se ne sarebbe mai andato e noi saremmo tutti morti. Almeno adesso c'è pace per tutti”. 

L'uomo sospira, si rimette il berretto. 

Alle spalle dell'Ufficiale, il pope borbotta preghiere. O scongiuri. O entrambe le cose. 

L'uomo annuisce, si volta e si avvia verso l'uscita del camposanto. Ha perso una giornata di lavoro, come gli altri del resto, ma ne è valsa la pena: ora che il vampiro è morto, nessuno dovrà più preoccuparsi per la propria vita o per quella dei propri cari. È finita, finalmente. 
Varcato il cancello del cimitero, l'uomo getta un'ultima occhiata all'ufficiale e al pope ancora chini sulla fossa. Sposta lo sguardo sul sorriso di luna che è appena sorto a oriente, tra i picchi rocciosi che fanno da corona al villaggio. Il cielo è limpido, le stelle scintillano come gemme sul mantello di una ragazza: c'è quiete anche lassù, adesso. 
L'uomo sorride e infila le mani in tasca. Fischiettando, procede a passi lenti sulla strada che lo riporterà a Kisolova.


Diceria del vampiro michael ranft



Assieme alla vicenda di Arnold Paole, il caso di Peter Plogojovitz sancisce l'ingresso dei vampiri nel dibattito filosofico-scientifico del XVIII secolo. Non più confinato a elemento del folklore slavo, il vampiro si trasforma in un fenomeno medico e naturalistico che conquista l'Europa intera, monopolizzando giornali e riviste.

Ho dunque trovato quanto segue e che riferisco con la massima fedeltà: dal corpo stesso e dalla tomba non emanava il benché minimo fetore tipico dei cadaveri; il corpo, a parte il naso che era caduto, si presentava fresco; i vecchi capelli, la barba e le unghie erano anch'essi caduti e ricresciuti; la vecchia pelle biancastra si era esfoliata e se ne era prodotta una nuova e fresca […]. Non senza stupore ho scoperto nella bocca un po' di sangue fresco che, secondo quanto ho udito raccontare, proveniva dalla suzione delle persone uccise. [Relatio ex Hungaria redatto dall'Ufficiale Imperiale del distretto di Gradisk, 31 luglio 1725, in Ranft, op. cit., p. 43] 

Proprio il caso Plogojovitz offre al pastore luterano Michael Ranft lo spunto per la redazione del suo saggio sui non morti, il pluricitato De masticatione mortuorum in tumulis. Si tratta di un'opera apertamente positivista – come, del resto, il libro dei lupi mannari di Sabine Baring-Gould - che sfrutta le scienze naturali, la fisiologia del cadavere, la filosofia e la teologia per dimostrare che le storie sui vampiri - o upiri - sono nient'altro che frutto di superstizione e ignoranza.


Tuttavia, per illustrare la vicenda di Plogojovitz - e qui sta la particolarità della "Diceria" - Ranft non attinge al folklore slavo bensì si rifà ai ricordi d'infanzia e al vampiro delle leggende tedesche: il nachzehrer o “masticatore di sudari”. 

Presentiamo ora un altro fenomeno che il volgo superstizioso attribuisce a torto alla masticazione dei morti e che ci incaricheremo di sfatare. Ordunque, si favoleggia che i defunti divorino i loro propri abiti. Ma chi non conosce il proverbio che già Plutarco, nella Vita di Pompeo, fa dire a Teodoto: “Il morto non morde”? [Ranft, p.69] 

Che lo si chiami Nachzehrer, manducator o Schmadtzenden Todten, il cadavere masticatore è una forma particolare di vampiro; un vampiro stanziale, che di rado esce dalla tomba per nutrirsi. Del resto, non è neppure un succhiasangue in senso stretto. 

“i rapporti sui morti masticatori […] in maggioranza concordano nel riferire che il morto ha divorato e inghiottito tutte quelle parti del proprio abbigliamento che si trovano a portata della bocca.” [Ranft, 69] 

Gli abiti che indossa e il sudario che lo avvolge sono le prime vittime di questo morto ruminante, che sembra rivivere solo per divorare. Una volta esauriti i capi di biancheria, il nachzehrer passa a strapparsi a morsi la carne dalle braccia. Rosicchia le dita, spolpa il ventre. E piano piano comincia a risucchiare l'energia vitale di quel che si trova ai margini della sua fossa: l'erba attorno alla sepoltura avvizzisce, i ruscelli prossimi al cimitero vanno in secca, gli uccelli che volano sopra il tumulo stramazzano a terra senza vita. 

E più il nachzehrer si nutre, più ampio si fa il suo raggio d'azione. 

Sotto il suo potere divorante cadono i suoi parenti: il coniuge, i figli, i nipoti. Se nessuno interviene, il masticatore prospera, ingrassa, e, nei casi più estremi, arriva a far suo l'intero villaggio. 

Né si placa, una volta esaurite le vittime. Padrone assoluto del villaggio che ha disseccato, il nachzehrer si appropria del campanile della chiesa e le campane che suona sono campane di morte, perché chiunque ne oda lo scampanio è destinato a morire in breve tempo. 

A differenza della maggior parte dei vampiri di origine slava, non esiste una specifica categoria di persone destinate a mutarsi in nachzehrer dopo la morte. I cadaveri masticatori sembrerebbero piuttosto essere il frutto della disattenzione, dell'imperizia degli incaricati a occuparsi del corpo. Lasciare che un lembo del sudario finisca sulle labbra del morto, per esempio, è un errore sufficiente perché questo torni in vita. 

L'unica eccezione a questa regola generale è rappresentata dai bambini che nascono ancora avvolti nel sacco amniotico. Di loro, si diceva, era pressoché inevitabile una rinascita come nachzehrer. A meno che la madre non avesse avuto cura di far seccare la placenta con la quale il figlio era nato, l'avesse bruciata e ne avesse fatto bere le ceneri al bambino.

Per scongiurare la nascita di un nachzehrer, dice Ranft, la pratica più diffusa era quella di legare la mandibola dei defunti con fazzoletti o sciarpe

Vi sono persone che mettono un pugno di terra sotto il mento dei cadaveri da seppellire, per impedire la masticazione dei morti e tutte le sue conseguenze. A Dresda, usanza vuole che si annodi strettamente un fazzoletto o una sciarpa attorno al viso dei morti, allo scopo di impedir loro di masticare” [Ranft, p. 165] 
In altri casi, soprattutto nelle regioni della Sassonia, si usava mettere una pietra e una moneta nella bocca del morto in modo che, se questi avesse cominciato a masticare, avrebbe finito con lo spaccarsi i denti. 


Nella sua Dissertazione, Ranft offre al lettore spiegazioni del tutto razionali a fenomeni quali i rumori di masticazione provenienti dalle tombe o i morsi riscontrati sui cadaveri dissepolti. Allo stesso modo, riconosce l'importanza della suggestione collettiva nei casi riportati da più osservatori di cadaveri redivivi che portano il caos in interi villaggi. 

Quella di Ranft è una psicologia primitiva, che si fonda sulla possibilità dell'interazione "magica" tra cadavere e viventi. Nell'ottica di Ranft, infatti, la suggestione è provocata dal cadavere stesso; è il suo influsso maligno, la sua "immaginazione" a portare parenti e vicini in uno stato di prostrazione tanto psicologica quanto fisica che, nei casi estremi, può risultare fatale. 

In sostanza, pur negando tutte le leggende sui cadaveri masticatori, Ranft non nega  che certi morti possano, in determinate condizioni, recare danno agli esseri umani.

"In casi del genere la cosa migliore ci sembra essere la riconciliazione senza ipocrisia con i morenti e l'oblio del passato". [Ranft, p. 169]

Ma se la riconciliazione con il defunto non dà esiti allora, e solo allora, è lecito ricorrere al fuoco. 

"il mezzo migliore sarà, in definitiva, esumare il corpo e annientare il suo operato nocivo distruggendolo secondo la modalità preferita". [ibidem]


Diceria del vampiro si offre al pubblico come un trattato d'interesse prettamente accademico, ricco di parti filosofiche e teologiche che potrebbero risultare poco fruibili dal lettore moderno. Si tratta ad ogni modo di un'opera che ha rappresentato una chiave di volta nella lettura del fenomeno del vampirismo in Europa, e che è servito da base per le innumerevoli dissertazioni successive. 

1 commento

  1. Da più parti i Nachzehrer vengono considerati come i progenitori dei vampiri moderni, gli antenati più antichi della categoria dei succhiasangue. Ed effettivamente, come scrivi anche tu, l'impatto che ebbero sulla cultura popolare dell'Europa centro-orientale, in particolare nell'Impero Asburgico.
    Interessante il richiamo ai neonati e al sacco amniotico, ad esso è collegata anche un'altra figura del folclore popolare, quella dei friulani Benandanti, persone di entrambi i sessi che nascendo col sacco amniotico addosso(e da questo deriva anche l'espressione che si usa ancora oggi sul "nascere con la camicia") erano candidati a diventare questa tipologia di streghe e stregoni buoni e difensori degli indifesi. D

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