Madre a ogni costo. L'omicidio di Bobbie Jo Stinnett

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Skidmore, Missouri. 

L'aria è piacevolmente gelida, quel pomeriggio di metà dicembre. Un sottile strato di neve ricopre il giardino e il portico di casa Stinnett. Sul retro, i piccoli rat terrier abbaiano festosi. 

In cucina, Bobbie Jo asciuga l'ultima tazza e ripiega il canovaccio. Si passa una mano sulla fronte, getta un'occhiata all'orologio appeso sulla cornice della porta. Darlene Fisher dovrebbe essere lì a minuti. Forse ha già imboccato Elm Street. 

Bobbie ticchetta con le dita sul tavolo della cucina e si accarezza il ventre. Manca poco anche per lei, ormai. La bambina si spinge contro la pancia, come per chiederle di non smettere di coccolarla. Bobbie sorride e con la mano forma una conca che accoglie il bozzo che la piccola ha formato sulla sua pancia. C'è così poco, a dividerle. Appena qualche centimetro di pelle e tessuti. La bambina si agita, cambia posizione, adesso le preme contro la vescica. 

Bobbie sospira e si rivolge alla finestra. Chissà come sarà, poi, stringerla tra le braccia. Il pensiero un po' l'atterrisce, un po' l'esalta. Glielo avevano detto, ma non credeva davvero che la gravidanza si portasse dietro un tale caos di emozioni. Tra un mese sarà madre, madre a tutti gli effetti. È così difficile, ora, dare un senso a quella frase. Adesso è ancora “solo” una donna incinta, quella bambina è poco più di una forma su un monitor, appena l'idea di una figlia. Ma tra un mese... 

Lo strepitio del campanello risuona per la casa e la strappa da quel sogno a occhi aperti. Bobbie rabbrividisce e lascia stare la pancia. I cani hanno smesso di abbaiare. 

All'ingresso c'è una donna. Occhiali dalla montatura ampia, capelli biondo sporco, sul viso l'espressione timida di chi si trova in imbarazzo di fronte agli estranei. Non solleva lo sguardo che per un istante, quando lei apre la porta, e subito torna a fissare il pavimento. Bobbie le porge la mano e le sorride. “Darlene? Vieni, entra”, si fa da parte, per farla passare. “I cani sono di là, sul retro. Appena li vedrai, ti innamorerai”. 

Darlene annuisce. “Oh, ne sono certa”, mormora. 

Entrando, Darlene le sfiora la pancia. Il sorriso di Bobbie si incrina e lo stomaco le si contrae. Una fitta le attraversa l'utero. Si porta una mano sul ventre, protettiva, e si volta. Immersa nella penombra del soggiorno, Darlene la sta aspettando. 

“Allora”, sussurra, “vogliamo andare?” 


Bobbie Jo Stinnett ha ventitré anni e nel dicembre del 2004 è incinta, all'ottavo mese, del suo primo figlio. La data prevista per il parto è il 19 gennaio. Con il marito, sposato da poco meno di due anni, Bobbie gestisce un allevamento amatoriale di rat terrier. Un modo che le permette di conciliare il suo amore per gli animali con la possibilità di un piccolo guadagno extra. 


Anche Lisa Marie Montgomery, che di anni ne ha trentasei, ama gli animali e possiede un rat terrier. Anche lei è incinta. Del suo quinto figlio. O, almeno, è quello che va ripetendo ad amici e parenti da qualche mese. Ha perfino lasciato i suoi lavori part-time per potersi dedicare completamente al nascituro. E tutto questo nonostante Lisa abbia subito una legatura delle tube nel 1990, quando di anni ne aveva ventidue e, di fatto, non potrebbe avere altri figli. 


Una sera, girovagando in rete, Lisa Marie si imbatte in una chat dedicata ai rat terrier. Ha un nome simpatico, quella chat, che le fa decidere di iscriversi. Ma al momento dell'iscrizione, Lisa non usa il suo vero nome. In chat, si firma Darlene. Darlene Fisher

Una delle utenti di Ratter Chatter le ispira subito fiducia. Si chiama Bobbie Jo, ed è un'allevatrice. Continuando a chattare, Lisa scopre tante altre cose su Bobbie. Dai cani si passa, chissà come, a parlare di bambini. Lisa/Darlene le rivela di essere a casa dal lavoro perché incinta. Bobbie commenta estasiata che anche lei aspetta un bambino, una femminuccia. 

Per un istante, Lisa non sa cosa rispondere. Tiene le dita sospese sulla tastiera. Una strana emozione le rimescola le viscere. Un miscuglio di felicità, per aver finalmente trovato qualcuno con cui condividere le gioie e i dolori della gravidanza, e di invidia. È come se Bobbie possedesse qualcosa che lei, Lisa, può solo desiderare. 
Strofina una mano sulla pancia. Uno spasmo muscolare fa guizzare l'addome. Lisa socchiude gli occhi. Eccolo lì, il bambino. Il suo bambino. C'è ancora. Va tutto bene.

Ora Lisa non saprebbe dire con certezza a chi sia venuta per prima l'idea, ma lei e Bobbie finiscono per scambiarsi gli indirizzi email. La chat è un ambiente troppo rumoroso, per loro. Meglio continuare a chiacchierare in un luogo più riservato.

Le mail si susseguono. Ma mano a mano che passano le settimane, e che si avvicina la scadenza per entrambe, Lisa si sente sempre più vuota. Il suo bambino non si comporta come dovrebbe. A volte, ha l'assurda sensazione che nella sua pancia non ci sia niente. Nient'altro che un immenso, asfissiante vuoto. 

Lisa guarda i pacchi di abiti da neonato sparsi per la camera; i pagliaccetti e i minuscoli calzini acquistati sull'onda di un'euforia compulsiva. Quella vista la deprime. Dovrebbe essere al settimo cielo. Invece, quello che prova è un rancore sordo, che rimbomba nelle tempie, nel petto, fin dentro la pancia. È l'odio furioso di una bambina a cui non è stato comprato il giocattolo che aveva desiderato tanto, con tutta sé stessa. Si sente tradita, Lisa. 

Come quando il suo patrigno strusciava sotto le coperte del suo letto. E le diceva, in un sussurro rancido, che se fosse stata buona, se avesse fatto tutto quello che lui voleva, niente e nessuno avrebbe potuto farle del male. 

Lisa si morde le labbra. La vita è così ingiusta. Così sbagliata. 

Scorre le mail di Bobbie Jo il pugno premuto contro l'addome, inutile contenitore di frattaglie. 

Legge, e legge, e un'idea comincia lentamente a prendere forma. È solo un suggerimento all'inizio, ma come cresce in fretta, come si fa articolata, come grida nella sua testa. 

Apre il browser. 

Nel motore di ricerca, Lisa Marie digita tre parole: taglio cesareo procedura. 


Sul far della sera, la madre di Bobbie Jo passa a trovarla. È inquieta perché non ha risposto alle sue telefonate. Quando arriva a casa, trova che la porta d'ingresso non è chiusa come dovrebbe. E quando entra, trova Bobbie stesa sul pavimento su un letto di sangue, il ventre una rosa di carne. 
Sono trascorse solo poche ore dal suo appuntamento con Darlene.

All'arrivo dei soccorsi, è chiaro a tutti che per Bobbie Jo, ormai, non c'è più nulla da fare. Una corda di nylon incrostata di sangue viene ritrovata accanto al cadavere. È la corda con la quale Lisa/Darlene ha colpito Bobbie appena le ha voltato le spalle. La corda che le ha stretto attorno alla gola, fino a strangolarla. 

Ma a sgomentare gli inquirenti è quello che non si trova. Anzi: chi. 

Perché Bobbie era incinta e adesso non lo è più. 

Chi l'ha uccisa aveva un altro obiettivo: sottrarle sua figlia. 

Nonostante non si disponga di fotografie della neonata, si decide comunque di diramare un Amber Alert, l'allarme nazionale che scatta in caso di rapimento di minore. Nel frattempo, gli investigatori si attivano per risalire agli ultimi contatti di Bobbie. 

Ci si concentra sul suo computer, che viene esaminato scrupolosamente. Le mail di Darlene Fisher attirano subito l'attenzione. Nell'ultima inviata, risalente a pochi giorni prima, si legge di un appuntamento tra Darlene e Bobbie per quel giovedì 16 dicembre. 

L'account di Darlene viene passato al microscopio. Si riesce a risalire a un IP e, da quello, a un indirizzo.

Lisa intanto è tornata a casa, in Kansas. 
Ha guidato per chilometri, fino a Topeka, sempre tenendo in braccio la bambina ancora sporca di sangue. A Topeka si ferma a una stazione di servizio e telefona a suo marito, Kevin. Gli racconta di un travaglio improvviso e rapido, che non le ha dato il tempo di recarsi in ospedale. Gli spiega di aver partorito in auto, e di aver fatto tutto da sola e che non c'è davvero bisogno di interpellare medici o pronto soccorso. Lei sta bene. Sua figlia sta bene. Ma ora si sente esausta e non può guidare. Kevin deve andare a prenderla. Deve andare a prendere entrambe.


Il giorno dopo, due agenti bussano a casa Montgomery. Kevin li fa entrare. Lisa è seduta sul divano del salotto, davanti alla televisione accesa. Su quasi tutti i canali si sta parlando dell'omicidio di Bobbie Jo Stinnett. 

Uno degli agenti le si avvicina. “Signora, è sua quella bambina?” 

Lisa si volta appena. La neonata che tiene tra le braccia emette un debole vagito. "Sì", risponde, e la stringe un po' più forte. "Sì, è mia. Lei è mia figlia".


Sottoposta al test del DNA, la bambina si rivela invece figlia di Bobbie Jo Stinnett e di suo marito e viene riconsegnata alla sua legittima famiglia. 


Lisa Marie Montgomery viene tratta in arresto. Le viene contestato un reato federale, sancito dal Federal Kidnapping Act del 1932: morte come conseguenza di rapimento.


Nel corso del processo che la vede imputata, emerge tutta l'infanzia dolorosa di Lisa Marie Montgomery; un'infanzia fatta di abusi sessuali e alcolismo. 

Quando Lisa finalmente ha il coraggio di denunciare alla madre le violenze che è costretta a subire dal patrigno, quest'ultima le punta in faccia una pistola.

A 18 anni, Lisa scappa di casa e si sposa, forse con la segreta speranza di un presente migliore. Ma il suo non è un matrimonio felice e Lisa continua a subire violenza. Dopo quattro figli, arriva la legatura delle tube. Ma Lisa Marie continua, ciclicamente, a sentirsi incinta. 

Nonostante più di un perito dichiari Lisa Marie Montogomery sofferente di disturbo da stress post traumatico, gravidanza isterica e disturbo bipolare, al termine del processo viene condannata a morte. 

Dopo numerosi rinvii – l'ultimo dovuto all'esplosione della pandemia da Covid-19 – Lisa Marie Montgomery viene giustiziata per mezzo di iniezione letale il 13 gennaio 2021 nella Prigione Federale di Terre Haute, Indiana. 



Fonti.

https://www.murderminute.com/story/the-murder-of-bobbie-jo-stinnett
https://en.wikipedia.org/wiki/Murder_of_Bobbie_Jo_Stinnett

4 commenti

  1. All'inizio pensavo fosse un raccontino, poi sono passato a immaginare che fosse il report di uno dei milioni di omicidi americani di questo secolo, ma solo all'ultima riga ho realizzato che stavi parlando del caso di cui parlavano tutti i media solo pochi giorni fa. Un post davvero avvincente!
    Rimane solo una perplessità su quel "morte come conseguenza di rapimento", che mi sembra addolcire un po' troppo quello che in realtà è stato lo "squartare come un vitello una donna incinta che magari era pure ancora viva".

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    1. Il termine esatto è "kidnapping resulting in death" e ho cercato di renderlo più orecchiabile possibile. Considera che il post lo avevo pronto dal 13, ma ci ho messo un po' prima di decidermi a pubblicarlo. Comunque non sarà l'ultimo post dedicato al fetal abduction, un tipo di crimine piuttosto recente (il primo caso documentato risale al 1974, il secondo viene registrato dieci anni dopo) che dal 2000 sembra aver subito un'accelerazione, accelerazione alla quale non si riesce ancora a dare una risposta soddisfacente, che sembra essere circoscritto agli Stati Uniti, sebbene non manchino notizie provenienti da altri Paesi.

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  2. Devo dire che pur essendo contrario alla pena di morte e pur provando pietà per Lisa Marie Montgomery il gesto che ha compiuto è a dir poco aberrante.
    Questa è una storia dove ci sono solo vittime.

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    1. "Questa è una storia dove ci sono solo vittime" è una triste costante in storie di questo tipo. Ed è agghiacciante scoprire che quello di Bobbie Jo Stinnet non è un caso isolato. Comunque ho intenzione di tornare presto sull'argomento.

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