Come grani in un rosario - recensione a QUESTO GIORNO PERFETTO di Ira LEVIN

“Ti capisco!” disse papà Jan. “È meraviglioso! È un'esperienza che rimane impressa tutta la vita: vedere la macchina che ti classificherà, assegnerà i tuoi compiti, deciderà dove abiterai e se sposerai o no la ragazza che desideri sposare, e se la sposi, se avrai o no figli e come li chiamerai quando li avrai – certo che sei eccitato, chi non lo sarebbe?” [Ira Levin, Questo giorno perfetto, trad. di A. Veraldi, Garzanti, 1970, p. 21]

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Sotto il dominio di UniComp, megalitico computer sotterraneo, l'umanità è stata finalmente unificata e vive in pace e serenità venerando i quattro Padri: Wei, Cristo, Marx e Wood. Non ci sono più conflitti, né malattie. Gli uomini hanno colonizzato lo spazio, spingendosi fino ai confini più remoti del sistema solare. L'espansione è incessante, irresistibile, ma sottoposta al rigido controllo di Uni, che vigila e regolarizza. Come un enorme padre amorevole. Un Dio di circuiti e metallo.

Nel mondo di UniComp non c'è spazio per l'individualismo o per l'egoismo. La proprietà privata, la privacy, persino i singoli desideri e le aspirazioni personali sono proibiti, inconcepibili e irrealizzabili. Le pulsioni violente, le passioni e il senso critico vengono tenuti sotto controllo da trattamenti periodici, infusioni di sostanze calmanti e anestetizzanti cui tutti si sottopongono con estrema gioia e senso del dovere. Il linguaggio è stato depurato da ogni parola potenzialmente aggressiva. Gli spostamenti vengono registrati scrupolosamente dai braccialetti che i membri della Famiglia indossano da sempre. Da quando, appena nati, il computer ha assegnato loro uno dei quattro nomi disponibili e un numero identificativo, un codice di serie, che li classifica e determinerà per il resto della loro vita.

È un mondo perfetto quello di UniComp, una macchina regolata al millimetro dove uomini e donne dall'aspetto asettico e identico si muovono senza scontrarsi mai come formiche in un formicaio. Non hanno sogni, desideri, aspettative. Tutto si riduce a una routine ben definita, fatta di gite nei giorni di riposo e incontri sessuali ogni sabato. Persino i pensieri sono omogenei e collettivi.



In questo mondo sintetico si muove Chip, il cui nome ufficiale è Li RM35M4419. Chip è un ragazzino come tutti quanti, ben felice di appartenere alla Famiglia e di ringraziare Uni per i trattamenti. Ma Li, anzi Chip, è un'anomalia. Geneticamente, è meno perfetto degli altri ragazzi a causa dei suoi occhi di due colori diversi che lo fanno emergere dalla massa differenziandolo dai suoi simili.
Chip è diverso anche nel carattere, che solo superficialmente è stato intaccato dalle droghe di Uni. Una diversità che andrà ad accentuarsi sempre di più fino all'inevitabile reazione e alla rivolta contro il predominio del supercomputer.

Guardò i membri seduti accanto a lui e quelli seduti nelle decine e decine di file di sotto e di sopra. […] Le loro facce s'allineavano nell'enorme golfo dell'anfiteatro come scuri grani di incommensurabili e fitti rosari disposti in ordine. [op. cit., p. 101]

Vincitore del premio Prometeo nel 1992, Questo giorno perfetto di Ira Levin [tit. or. This perfect day] è un romanzo fortemente liberista dalle implicazioni interessanti.

Nonostante la carenza di originalità nell'impianto di base, che sembra aver racimolato spunti un po' da questa e un po' da quella distopia, Levin riesce comunque a realizzare un romanzo solido e avvincente, ricco di suspense e colpi di scena con personaggi animati da forti passioni, siano esse positive o negative. Passioni che li rendono autentici e umani in un regno di automi.

L'elemento più interessante dell'intera opera, ad ogni modo, è il modo in cui Levin gestisce le due facce della realtà in cui Chip si ritrova a vivere: il mondo perfetto e organizzato di UniComp contro quello disordinato, feroce e profondamente ingiusto delle isole dove vivono i ribelli, gli “incurabili”, coloro che per un motivo o l'altro riescono a sfuggire al dominio del computer in cerca di una nuova vita.

Se la società che penalizza ogni forma di individualità per ottenere la massima efficienza e un mondo privo di guerre e conflitti sociali rappresenta un incubo, dall'altro lato il paradiso delle complete libertà non è meno terrificante.

Lì gli esuli da UniComp in cerca di rifugio e asilo politico vengono chiamati schiavi e trattati come tali, si vive in una promiscuità deprimente, si lavora duramente per un tozzo di pane e si è sottoposti a rigide norme e convenzioni sociali. In questa porzione del mondo parole come “chiavare” sono considerate oscenità, mentre “omicidio” viene proferito senza scandalo laddove nel regno di Unicomp avviene l'esatto contrario.

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Né l'uno né l'altro possono essere considerati il migliore dei mondi possibili. Chip è come un Voltaire che contesta aspramente Leibniz. Stufo di essere un pesce che nuota tranquillo nell'acquaio in attesa della quaresima, non riesce ad accontentarsi di vivere in un mondo dove tutto gli è concesso nei limiti di quanto imposto dal computer né, al contrario, sopravvivere in un mondo dove è schiavo, ma libero di esprimere se stesso.

Questo è il mondo di Uni, vuoi ficcartelo in testa? Gli è stato affidato, consegnato, cinquanta anni fa e lui svolgerà il suo compito – sparpagliare e diffondere questa ammazza di Famiglia per l'ammazza di universo – e noi svolgeremo i nostri compiti, compreso quelli di morire a sessantadue anni e di non perdere i programmi tv. [op. cit. p. 125]

Ciò che Levin sembra dire, in conclusione del romanzo, è che ogni scelta determina invariabilmente la perdita di qualcosa. Che ogni dottrina, sia essa politica o religiosa, per quanto allettante nel delineare i contorni di un mondo perfetto e ideale, contiene in sé i germi di una profonda ingiustizia.

La diseguaglianza è condizione necessaria perché tutti possano esprimersi liberamente la propria individualità, la perdita del sé è il sacrificio da sobbarcarsi per vivere in un mondo dove si è tutti indistintamente uguali e la pace mondiale può esistere solo in virtù della perdita delle libertà basilari
Gli ideali sono tali perché restano confinati nel mondo del possibile. 
La loro messa in pratica costringe sempre l'utopia a trasformarsi in una distopia feroce e soffocante.

Guardò davanti a sé e disse: “L'ho sognato sin da quando ero ragazzo: un universo di creature docili, diligenti, cortese e altruiste. Lo vedrò prima di morire. Vivrò abbastanza per vederlo.” [op. cit. p. 312]

Levin è sempre stato un maestro nel ricreare scene di forte tensione, dove il sospetto e il disagio dilagano dal protagonista al lettore, in un transfer che non riesce a tutti gli scrittori e di questo gliene va dato atto.

L'azione è spesso serrata con numerosi colpi di scena che servono a dare ritmo a una storia fatta di improvvise accelerate e brusche frenate.

Per quanto, dal mio punto di vista, lo ritenga più debole rispetto a romanzi come La fabbrica delle mogli e I ragazzi venuti dal Brasile, Questo giorno perfetto merita comunque di essere letto e conosciuto da ogni appassionato distopista in circolazione.

L'universo è delle macchine, le creature umane sono solo degli estranei. [op. cit. p. 70]

Il tema centrale del romanzo di Levin si riallaccia a testi quali Noi di Zamjatin e L'uomo che voleva essere colpevole di Henrik Stangerup, quest'ultimo scritto appena tre anni dopo, ma anche a opere più recenti come Psycho Pass, anime nel quale il controllo sulle persone avviene mediante sensori che ne determinano il grado di pericolosità sociale e le attitudini individuali.

3 commenti

  1. Io di Levin ho apprezzato molto il romanzo de "l'Esorcista" ed il suo seguito "Gemini Killer" questo non lo conoscevo.

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  2. Non è il mio Levin preferito, ma l'ho apprezzato parecchio.
    Invidio la tua copia cartacea, comunque.
    Non l'ho mai beccato in giro.

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    1. Ciao Pirkaff, anch'io ho apprezzato più le altre sue opere; questo, pur sempre perfetto nella parte thriller, mi è sembrato più stanco delle sue prove precedenti. Ha comunque un paio di spunti interessanti. La copia cartacea non è mia, purtroppo, ma della biblioteca ;)

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