CHRISTMAS IN WEIRD. I RAGAZZI VENUTI DAL BRASILE di Ira LEVIN

Era rimasto sveglio tutta la notte, disteso, e tutto il giorno, seduto, a pensare a un Hitler adulto che lanciava i suoi discorsi diabolici a folle troppo cariche di malcontento per curarsi della storia. Due o tre Hitler magari, che manovravano per giungere al potere in luoghi diversi [I ragazzi venuto dal Brasile, Ira Levin, trad. di A. Dell'Orto, p. 219, 2016]


I ragazzi venuti dal Brasile Sur edizioni romanzo

A proposito di epifanie, I ragazzi venuti dal Brasile (scritto da Ira “il magnifico” Levin) è uno di quei libri che a non leggerli si fa peccato, come diceva la bisnonna di mia nonna.

Sul mio amore incondizionato per Levin abbiamo già parlato a dovere in altri lidi, quindi andiamo diritti al nocciolo della questione: la Seconda Guerra mondiale è finita e Mengele, scampata la forca, ha aperto una fazenda in Brasile. Dove non coltiva caffè, ma esseri umani.
Nel frattempo, già che c'è, insieme a un manipolo di kameraden progetta l'omicidio di 94 uomini, sparsi per il globo. 
Le due cose, sperimentazione umana e omicidi, sono collegate.

Mengele ha però fatto i conti senza l'oste, qui impersonato da Yakov "cacciatore di nazisti" Lieberman. 
Il quale Lieberman, sentita puzza di gerarca, si metterà sulle tracce del dottor morte per sventarne i piani.
Che, scoprirà in un crescendo di orrore fantapolitico, sono davvero, davvero loschi.  

Il più grande spoiler che potrete avere su I ragazzi venuti dal Brasile viene dalla copertina (peraltro molto bella), che Edizioni Sur ha scelto per riproporre questo classico della letteratura, pubblicato per la prima volta nel 1976.

In quel periodo, la possibilità che i nazisti, imboscati nella foresta Amazzonica, tornassero all'attacco era più plausibile di quanto non sia oggi.
Nel '76 ci si domandava ancora, e a ragione, se Hitler fosse davvero morto, e che fine avessero fatto Mengele e le decine di suoi consimili, dissolti come vampiri ai primi bagliori di sconfitta. Oggi, che abbiamo tutto un fiorire di nuovi fascismi ai quali attingere, senza dover per forza riesumare il sosia di Charlot, i nazisti ce li immaginiamo per lo più come zombie resuscitati da qualche arcano potere. Sciocchi, sciocchi zombie senza cervello.

Perché allora leggere un romanzo che ha da poco compiuto i quaranta?
Perché, nonostante l'età, I ragazzi venuti dal Brasile è una storia che manifesta un'imperitura giovinezza. Caratteristica, questa, che appartiene ad altre opere di Levin.
È un romanzo che si adatta benissimo al nostro presente, come un guanto. O una camicia bruna.

Nulla da eccepire sullo stile (né sull'ottima traduzione); la suspense monta impercettibilmente, quasi non te ne accorgi, ed è solo questione di battiti, di orecchie che ronzano e di lancette dell'orologio che erano appena le quattro e adesso è l'una di notte, sei
al capitolo finale e ancora non ne hai abbastanza.

Il regalo perfetto per il fratello appassionato di spionaggio, in fissa con la Seconda Guerra mondiale.
Se poi apprezza anche Archer, la sorpresa sarà doppia.

Note a margine. Sapete che una volta Gregory Peck ha interpretato Mengele? Il film tratto dal romanzo è del 1978. Io non l'ho visto, ma mi dicono sia un'ottima trasposizione dell'opera di Levin e, guarda caso, lo si trova senza affanno su YouTube.

6 commenti

  1. Ne ho trovata un'edizione vecchissima, Mondadori, su una bancarella del mercato. Dopo avere amato molto Rosemary's Baby, non vedo l'ora di leggerlo, anche se la distopia non è il mio genere preferito. :)

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    1. Guarda, con Levin comunque vai non sbagli. è più un fantapolitico che un distopico, e ha un finale che ti uccide. Letteralmente. Lo consiglierei anche solo per quello. E poi perché è Levin <3
      Ps. ti invidio molto per la copia vintage, anche se non ringrazierò mai abbastanza SUR per aver riproposto questo e Rosemary's :)

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  2. Il libro non l'ho letto, ma posso confermare che il film è davvero shockante! Gregory Peck monumentale!

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    1. Guarda, appena ho un'ora di tregua me lo vedo. Ho già i brividi così.

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  3. Ho letto questo libro anni fa, quando ancora era fuori catalogo e per leggerlo bisognava piratarlo. Che dire, concordo con la tua recensione; l’ho apprezzato moltissimo e ha tanti livelli di lettura, e sta divendo tristemente attuale.
    Spero davvero che l’opera omnia di Ira Levin venga ristampata: ho letto tre quattro libri suoi, e non sono mai rimasta delusa.

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    1. Vero? Non sbagliava un colpo. Anche se "Un bacio prima di morire" l'ho trovato un po' al di sotto delle altre sue opere, non mi è dispiaciuto.
      Speriamo che SUR continui a riproporre i romanzi che restano. è un peccato che un autore come lui sia finito nel dimenticatoio.

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