MiniRecensione. IL FIGLIO - Lois Lowry

Quarto e ultimo volume della tetralogia della Lowry ambientata in una distopia dove nulla ha colore e ogni cosa è prestabilita alla nascita, Il figlio è un romanzo che, se da un lato permette al lettore di dare finalmente una risposta alle domande lasciate aperte dalla conclusione di The Giver - Il Donatore, dall'altra non soddisfa pienamente e apre un gigantesco what-the-fuck narrativo quando, alla distopia "meccanica" della città si sovrappone una deriva fantasy che proprio non avrebbe dovuto esserci.
Titolo: IL FIGLIO
Autore: Lois Lowry
Traduttore: Sara Congregati
Editore: Giunti Y
Anno: 2012

Ma procediamo con ordine.
Claire ha solo dodici anni quando le viene assegnato il ruolo di Anfora: porterà in grembo i "prodotti", i nuovi cittadini che, dopo il primo anno di vita, verranno assegnati alle Coppie che se ne prenderanno cura fino ai dodici anni. Ha sempre funzionato così nella città. Ma qualcosa non va durante la nascita del primo figlio, il primo prodotto, e Claire, bendata e legata al lettino come da prassi, subisce senza preavviso un'operazione che comprometterà per sempre il suo ruolo all'interno della comunità. Dimenticata e con un profondo senso di colpa per aver fallito il suo ruolo, Claire viene riciclata come operaia nell'allevamento ittico. Ma il pensiero di suo figlio, il desiderio per quel bambino che aveva dentro di sé e del quale non sa nulla continuerà a tormentarla finché un'infermiera non le rivelerà per errore il numero assegnato al piccolo appena nato...


Sarebbe morta, si rese conto, pur di non rinunciare all'amore che provava per suo figlio (p. 116)
Per i primi due terzi si tratta di un romanzo entusiasmante, sia per la forza dell'amore che Claire prova per il piccolo Gabe e che la Lowry riesce a trasmettere al lettore attraverso una prosa dolce, scorrevole e lineare, sia per quella solitudine che la ragazzina, ormai adolescente, prova e che senti un po' tua. Claire, che non prende le "pillole" da tempo e della quale nessuno sente di doversi occupare, è la creatura più sola della comunità. Ma anche quella più consapevole nonostante sia evidente che non sia mai stata considerata particolarmente intelligente tanto da essere stata scelta per un ruolo "di ripiego".

Così, tutta la prima parte del romanzo si fa leggere con entusiasmo e trascina il lettore negli stati d'animo di Claire, nella sua lotta silenziosa per riprendersi un figlio che sente di amare con tutta se stessa.

Poi arriva un evento che ne stravolge la vita: Gabe viene rapito dal figlio dell'operatore che se ne occupava (e chi ha letto The Giver a questo punto dovrebbe aver fatto 2+2) e Claire, nel tentativo di riportarlo a sé, finisce priva di memoria su una spiaggia abitata da una comunità di pescatori ferma, a occhio e croce, al medioevo.

E già qui la sospensione della realtà ha un primo colpo. Perché all'improvviso ti trovi in una realtà completamente anacronistica rispetto al mondo che avevi immaginato. 
Tuttavia, con un grande sforzo si riesce a riavviare il motore della credulità e ad andare avanti. Claire cresce e impara cose che fino a quel momento aveva ignorato ma, soprattutto, a mano a mano che gli anni passano, Claire ricorda. E il ricordo di suo figlio perduto e necessario torna a tormentarla finché non decide di scalare un'impervia scogliera per affrontare il mondo e proseguire la sua ricerca.
E qui, dopo la bella scena della scalata, davvero ricca di pathos, ci troviamo di fronte al secondo e definitivo wtf quando ci compare in mezzo ai piedi il Direttore del baratto, personaggio quantomeno interessante ma la cui impronta soprannaturale stravolge completamente la storia. 
Da questo momento in poi, mentre la trama tracima nella metafisica e nel fantasy spinto, il romanzo arranca come una vecchia macchina scassata verso un finale pieno di speranza, sì, ma che lascia il lettore con la sensazione di aver letto qualcosa di mal costruito, come un puzzle assemblato con tessere appartenenti a tre diversi giochi.

Per me è stato un grosso Nì.

Voi l'avete letto? Che ne pensate?

Buone letture ♥

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3 commenti

  1. Mi spiace non ti sia piaciuto.. a me è piaciuto molto e l'ho trovato adatto a chiudere la serie!

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    1. Ciao Fede :) Oh, ma il libro in sé, tutta la parte di Claire nella comunità e poi del suo esilio nel paese dei pescatori mi è piaciuto (quella frase penso che prima o poi me la farò tatuare, perché è ciò che pensi appena stringi tuo figlio tra le braccia la prima volta ♥)
      Tuttavia, l'inserimento del Direttore del Baratto, la parte sul male puro e sui poteri... quella proprio mi ha spiazzato. L'ho percepita troppo come un deus ex-machina. Senza il DoB Claire, in fondo, non avrebbe mai trovato Gabe.
      La cosa in assoluto che ho apprezzato del libro è stata, però, sapere finalmente (è stato un bel trauma accettare che The Gift finisse in quel modo X°D) che caspita di fine avessero fatto Jonas e Gabe.

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  2. Ciao Eika, anch'io, dopo quel finale ero intenzionata a non leggere più altro. Però quella distopia mi intrigava parecchio e, cavolo, volevo davvero sapere cosa fosse accaduto a Jonas perché sono sì una fan dei finali aperti, ma quello lo era un po' troppo X°D Ecco, il buono di Il figlio sta proprio in questo: molti nodi vengono al pettine, ma resta comunque l'impressione che l'autrice si sia impegnata ad arruffarsi i capelli ;) Grazie per essere passata.

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