LA DONNA PERFETTA - Ira Levin

Lunedì.
Che c'è di meglio, di lunedì, se non leggere la recensione di un bel libro?
Tutta per voi, e in effetti attendeva da un po', La donna perfetta di Ira Levin.

TITOLO: LA DONNA PERFETTA / THE STEPFORD WIVES
AUTORE: Ira Levin
TRADUTTORE: Mariapaola Ricci Dèttore
EDITORE: Neri Pozza
ANNO: 2012 (ed. or. 1972)
PAGINE: 183
PREZZO: 12,00 €
eBOOK: no

SINOSSI. È il 1972, e New York è un luogo sporco e pericoloso per crescerci dei figli. Così Joanna Eberhart, moglie, madre e fotografa, si trasferisce con la famiglia nell'idillica cittadina di Stepford. Joanna è una giovane americana degli anni Settanta, figlia di un'epoca in cui le femministe mettono al bando busti, giarrettiere e reggiseni e si ribellano all'ingrato destino di graziosi angeli del focolare. Naturale dunque che, una volta a Stepford, stringa amicizia con Bobbie e Charmaine, le sole donne che, arrivate anche loro da poco nella ridente cittadina, appaiono emancipate e brillanti come lei. Nella linda Stepford, infatti, le mogli sembrano tutte stranamente calme e organizzate, deliziose e avvenenti, come splendide bambole agghindate in modo impeccabile. Bambole insulse che adorano fare shopping, pulire la casa e piegarsi senza batter ciglio ai voleri dei loro uomini. Un weekend trascorso in compagnia dei rispettivi mariti restituisce tuttavia a Joanna un'altra Bobbie e un'altra Charmaine: due zombie carine e benvestite che, come due perfette mogli di Stepford, scodinzolano servizievoli al seguito dei loro uomini. Un evento inspiegabile, misterioso quanto il circolo maschile che si erge sulla collina di Stepford frequentato dal marito di Joanna. Si dice che uno dei membri sia un esperto di materie plastiche, un altro un pioniere della tecnologia robotica.




RECENSIONE.

Quando mi capitò di vedere La donna perfetta, il film con Nicole Kidman, lo avevo trovato carino e nulla più: la trama era buona, c'era anche un bel po' di thrilling, ma il finale ti uccideva con quell'eccesso di cuori e arcobaleni che MammaMiaCheOverdoseDiZucchero.

Per questo non mi ero messa alla ricerca di una sua eventuale base letteraria.

A questo stato di siGrazieMaPassiamoOltre ha posto fine la scoperta che Rosemary's Baby è a sua volta tratto da un romanzo (Nastro rosso a New York). E, guarda un po', chi ha scritto questo è lo stesso autore di The Stepford wives. 

E ho scoperto che The stepford wives (titolo originale di La fabbrica delle mogli, poi divenuto La donna perfetta), è un piccolo gioielli di fanta-thriller, con un finale cattivo come il sorriso sulla bocca del marito di Ruthanne Hendry.

Così, ero alla caccia di libri da regalarmi per l'8 marzo, ho pensato: quale regalo più adatto alla festa della donna di un titolo come questo?

Domanda: Come si fa a riconoscere un bravo scrittore da uno scrittore pessimo?
Risposta: Un bravo scrittore è quello che ti fa fare l'alba finché non hai voltato l'ultima pagina del suo libro.

Ho letteralmente "mangiato" La donna perfetta, ansiosa di arrivare alla fine. Si tratta di uno di quei romanzi che ti mette addosso la voglia di leggere, leggere, leggere dimenticando tutto il resto.
Stile asciutto, sottilmente ironico. 
La storia di Joanna, intrappolata nel mondo da pubblicità di detersivo di Stepford scivola via come scarpe di cuoio su un pavimento tirato a cera.
Leggiamo impotenti la trasformazione  delle amiche di Joanna da donne iperattive a zombie dedite al piacere altrui, tutte tette, mini abitini, acconciature e trucco perfetti.
Donne che come massima aspirazione conoscono solo quella del loro aspirapolvere. 

Joanna, fotografa semi-professionista, si trova ad essere l'unica donna della cittadina ad avere un desiderio di indipendenza. Eppure, nonostante gli allarmanti segnali che le arrivano dalle finestre immacolate delle case vicine, si accorge troppo tardi che anche suo marito si sta trasformando. O, forse, ha soltanto gettato la maschera che fino a qualche settimana prima del loro trasferimento a Stepford, indossava per quieto vivere.

Così, la collaborazione domestica con cui si apre il romanzo (lui che lava i piatti, lei che mette a letto i figli e lo aspetta fuori in giardino, per godersi cinque minuti di intimità), si trasforma in maniera lenta e progressiva in un "lava tu i piatti che io c'ho da guardare la partita".

C'è qualcosa di marcio a Stepford, e non è l'aria, anche se l'aria è impregnata dell'odore di qualcosa di sintetico e dolciastro, legato a un ricordo dell'infanzia.

Ecco, La fabbrica delle mogli è il tipo di romanzo che andrebbe letto una seconda volta, perché Ira Levin era quel tipo di scrittore che lascia sassolini lungo le pagine delle sue storie, piccoli frammenti di verità nascosti tra le righe della narrazione.

Per una trama borderline tra il thriller e la fantascienza che non risente affatto dei quaranta e passa anni di vita che ha addosso, come l'introduzione di Chuck Palahniuk al romanzo fa tragicamente supporre.

Lettura consigliatissima.

2 commenti

  1. Ho adorato questo libro, e Ira Levin è tristemente difficile da reperire in Italia. Vai a capire perchè.
    Ti consiglio, sempre suo, I ragazzi venuti dal Brasile.

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  2. Anch'io ho letto e recensito il libro poco tempo fa. Però contrariamente a te ho trovato un filino più bella la versione cinematografica, mi piaceva il fatto che la mente di tutto fosse stata una donna.

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