Vampiri e lupi mannari, una relazione complicata

Foto di Yatheesh Gowda da Pixabay


Sono trascorsi due secoli da quando Il vampiro di Polidori ha visto la luce. Da allora, i vampiri non ci hanno mai lasciati. Freschi come un cadavere non ancora entrato in rigor mortis, continuano a essere tra le creature soprannaturali più citate – e sfruttate – in letteratura. Con #asanguefreddo li seguiremo in un viaggio che, dai Balcani, ci condurrà fino in Islanda, per scoprire se e come sono cambiati da quel lontano 1819.

Il lupo mannaro greco è in stretto collegamento con il vampiro. […] Dopo la morte, i licantropi diventano vampiri. Si crede che essi frequentino i campi di battaglia sotto forma di lupi o iene, e che risucchino l'ultimo respiro dai soldati morenti, oppure che entrino nelle case e rubino i neonati dalle loro culle. […] I Serbi mettono in relazione il vampiro con il lupo mannaro, e li designano entrambi con l'unico termine vulkodlak [Il libro dei Licantropi, Sabine Baring-Gould, trad. di rev. Marco Lupi Speranza, 2018] 


Il discrimine tra vampiro e lupo mannaro non è così netto come una certa letteratura e un certo cinema potrebbero portarci a pensare. Nei racconti del folklore, anzi, molto spesso le due figure finiscono per confluire in una creatura singolare che in Grecia prende il nome di vrykolakas e in slavo di vulkodlak, con le relative varianti rumene, lituane, slovene, polacche... 



Usato indifferentemente per indicare di volta in volta sia un cadavere resuscitato quanto un lupo mannaro, il termine vukodlak, scrive Tommaso Braccini in “Prima di Dracula” (Il Mulino) 


“sembra risalire alla radice slava velku, «lupo», probabilmente unito con dlaka, «pelo di animali». «Pelo di lupo», ovvero «pelle di lupo»: un preciso equivalente della parola latina che indicava il licantropo, versipellis, letteralmente «volta-pelle»”. [Braccini, p.111] 


Sembra chiaro che, almeno all'inizio, vrykolakas e vulkodlak fossero utilizzati per indicare in via esclusiva il lupo mannaro, e che solo sul finire del XVIII secolo – quando, cioè, esplose la “mania dei vampiri” - il termine sarebbe passato a designare anche quei morti irrequieti che si rifiutavano di decomporsi e che di notte uscivano dalla tomba per fare razzie, creare scompiglio e scatenare epidemie. 

La sostanziale sovrapposizione tra vampiro e licantropo è rappresentata in maniera significativa dal vrykolakas del folklore cretese; in genere si trattava del cadavere di un turco che di giorno se ne restava tranquillo nella tomba, ma di notte ne usciva trasformato in un cane che attaccava chiunque avesse la sfortuna di incrociarne il cammino.

Un'altra leggenda, sempre proveniente dall'area greca, riteneva che fosse destinato a trasformarsi in vrykolakas chi avesse “mangiato la carne di una pecora uccisa da un lupo” [Braccini, p.113]. Leggenda, questa, che sembra una rielaborazione della storia del pugile Demeneto Parrasio, costretto a vivere per dieci anni come lupo mannaro per aver assaggiato la carne del sacrificio (umano) a Zeus Licio

In Ucraina, infine, si credeva che il vampiro fosse il frutto di un'ibridazione, il parto mostruoso di una strega che si era unita a un lupo mannaro. Considerando quanto il vampiro moderno sia debitore tanto delle caratteristiche delle streghe del folklore quanto di quelle del lupo mannaro, potremmo dire che l'ipotesi ucraina sia quella che, più di tutte, si avvicina alla realtà dei fatti. 

Non sempre, tuttavia, il rapporto tra vampiro e lupo era così idilliaco. Abbiamo già visto nel caso dei lugat, i vampiri del folklore albanese, come i lupi e i cani siano i soli ad avere un qualche potere su di loro. 




Un potere tale che poteva essere esercitato anche tramite effige: bastava disegnare la figura di un lupo sul muro esterno di una chiesa, prendere una manciata di terra in corrispondenza dell'immagine e spargerla fino alla tomba del presunto vampiro, creando di fatto un ponte quest'ultimo e il lupo che lo avrebbe divorato. 

Questa immagine del lupo come guardiano dei cimiteri e difensore dell'uomo contro il vampiro è talmente forte che 

“presso alcuni villaggi zingari in Romania, si diceva che il mondo sarebbe stato invaso dai vampiri, se i cimiteri non fossero stati sorvegliati da una misteriosa stirpe di lupi bianchi, sempre all'erta e pronti a distruggere i morti non appena avessero tentato di uscire dai sepolcri” [Braccini, p. 114] 

È proprio questa familiarità del lupo (e del cane) con il cimitero a permetterci di spiegare il collegamento, in positivo e negativo, tra uomo lupo e vampiro. 

Non era raro, almeno fino alla prima metà dell'Ottocento, imbattersi in branchi di cani randagi che bazzicavano nei cimiteri, sceglievano le cappelle come rifugio e le tombe fresche come dispensa. Ed era altrettanto facile, allora, cadere nel fraintendimento alla vista di un lupo che saltava fuori da una fossa aperta, magari imbrattato di terra e di sangue. Così nascono le prime leggende sui vrykolakas, che si alimentano mano a mano che gli avvistamenti si ripetono, magari in coincidenza con l'esplosione di un focolaio di colera o un'epidemia di tubercolosi.

Ma lupi e cani avevano una certa familiarità anche con i campi di battaglia, che offrivano una incredibile quantità di carne a costo zero. In Armenia, questa familiarità avrebbe dato origine al mito degli Arlezk', divinità canine alle quali “si attribuiva il potere di resuscitare gli eroi leccandone le ferite” [Braccini, p. 120] e che, in seguito alla cristianizzazione dell'area, sarebbero state impietosamente trasformate in creature demoniache e sanguinarie, degni pari dei vampiri. 




Fonti. 

Tommaso Braccini, Prima di Dracula. Archeologia del vampiro, il Mulino, 2011 

Sabine Baring-Gould, Il libro dei licantropi, trad. di Marco Lupi Speranza, 2018

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