Mitologia del sangue. Dall'homunculus di Paracelso a Coga l'Agnello

 

Foto di Yatheesh Gowda da Pixabay


Sono trascorsi due secoli da quando Il vampiro di Polidori ha visto la luce. Da allora, i vampiri non ci hanno mai lasciati. Freschi come un cadavere non ancora entrato in rigor mortis, continuano a essere tra le creature soprannaturali più citate – e sfruttate – in letteratura. Con #asanguefreddo li seguiremo in un viaggio che, dai Balcani, ci condurrà fino in Islanda, per scoprire se e come sono cambiati da quel lontano 1819.



“È una certa antica e comune opinione che certe vecchie, che chiamano streghe, sugano il sangue de' bambini, per ringiovenirsi quanto possono: perché non anco i nostri vecchi […] sugheranno il sangue d'un giovanetto? D'un giovanetto, dico, di gagliarde forze, che sia sano, allegro, temperato e che abbia ottimo sangue e per aventura soverchio. Sugghine dunque a guisa di mignatta, o vuoi dire sanguisuga, dalla vena a pena aperta dal braccio manco, una oncia o due e poi tosto prendano altrettanto di zucchero e di vino. Il che si vuol fare quando appunto abbiano gran fame e gran sete e nel crescere della luna”. [Marsilio Ficino, Della religione christiana, Firenze 1568, cit. in Piero Camporesi, Il sugo della vita. Simbolismo e magia del sangue, il Saggiatore, 2017] 



“Il sangue è l'ottimo dei sughi”, scriveva nel 1564 il medico zelandese Levino Lennio. Elemento mobile che sempre si rinnova, il sangue era considerato fondamento di tutto il corpo; generatore stesso della vita per filosofi aristotelici e medici del Rinascimento, che attribuivano il concepimento alla fermentazione del sangue raffinato (lo sperma, “fiore del sangue” per Giambattista Vico) nel sangue mestruale, letto e nutrimento del feto. 

“Una specie di formaggio umano cagliato in una «concezione» umida, calda, ambiguamente impura, nella quale col contributo del seme «sì del maschio e sì della femmina si genera l'uomo»” [Camporesi, op. cit.] 


Idee di concepimento bizzarre che portano alla creazione – per lo meno alla creazione teorica – del bizzarro e prodigioso homunculus alchemico, secondo un procedimento che vede coinvolti animali, storte, sperma e sangue, soprattutto sangue, terreno di coltura dell'uomo artificiale e suo unico alimento. 

Il sugo della vita Camporesi


Prima ancora dell'invenzione dei vampiri, un “universale gusto del sangue” riempie le tavole di contadini e nobili con sanguinacci, migliacci, frittelle di sangue e sangue bollito. Il vino si fa sangue sugli altari nella celebrazione dell'Eucaristia, in un curioso rovesciamento del sacrificio religioso, dove ora sono i fedeli ad accostare le labbra a un calice pieno di sangue divino. 

Sangue e grasso umani sono gli elementi privilegiati delle apoteche degli speziali assieme a tutta una serie di preparati ricavati da latte, sperma, feci, urina, cerume. L'uomo stesso, opportunamente porzionato, diventa elemento da farmacopea. Dita, mani, cuori. Bolliti, essiccati, lasciati a macerare nello spirito. Agli epilettici si consiglia la polvere di cranio dei condannati a morte; le mummie dissotterrate dai tombaroli si trasformano in unguenti miracolosi contro i reumatismi. 

Il fegato umano viene distillato per ricavarne olii e acque portentose, e così pure il sangue, dal quale il medico cinquecentesco Leonardo Fioravanti ottiene una pozione in grado, dice, di resuscitare i morti. 

E se forse non è vero ciò che si diceva dell'ordine cattolico dei Fratelli della Misericordia di Graz, che cioè ogni anno, a Pasqua, sacrificavano un giovane malaticcio per poi farne bollire il cadavere e ricavarne una “poltiglia da vendere, assieme al grasso e alle ossa bruciate, nella loro farmacia” [Strack, The Jew and Human Sacrifice citato in Vampiri. Una nuova storia di Nick Groom, trad. di D. Pitter, il Saggiatore, 2019], è però verissimo che le esecuzioni capitali, soprattutto le più cruente, venissero vissute da molti alla stregua di grandiosi eventi taumaturgici. Tanto che, ancora nel 1823, Andersen poteva registrare sul suo diario la scena di una coppia di coniugi che, raccolto in una tazza il sangue di un condannato, lo diedero da bere al figlio epilettico (pratica, questa, tanto antica da essere documentata, tra gli altri, da Plinio il vecchio). 

I condannati a morte assurgevano, una volta passati per le mani del carnefice, allo status di amuleto. Mani, chiodi, frammenti di ossa e di corda, denti, capelli, brandelli di carne strappati da tenaglie arroventati, la cenere dei roghi, stracci insanguinati venivano racimolati con perizia, trafugati, nascosti, scambiati. Ti do un pezzo della corda dell'impiccato se mi cedi il naso del parricida. Ai piedi del patibolo prende vita il baratto delle reliquie sconsacrate, talismani non meno magici e non meno validi degli infiniti corpuscoli di Santi e martiri sparsi ovunque per chiese e parrocchie. 

In questo lago di sangue che tocca le sponde del Medioevo e del Rinascimento europei, sangue che irrora indifferentemente il bancone del macellaio come quello del boia, la bottega del farmacista come la cucina del contadino e l'altare della chiesa, è emblematico il ruolo assunto dal sangue mestruale. Tanto lo sperma è considerato sangue purissimo, quanto il mestruo sangue corrotto, escremento degli escrementi, dimostrazione tangibile dell'inferiorità animalesca della donna. 

“la donna appariva mostruosamente problematica al pensiero maschile che credeva di vedere il mestruo scorrere dappertutto, uscire da orifizi impropri, forare la pelle, zampillare dai punti più incredibili” [Camporesi] 

Se per Ildegarda di Bingen il sangue mestruale è un portentoso curativo, antidoto alla lebbra; per Innocenzo III, che segue gli insegnamenti dei classici, “niente è più monstruosa cosa che el menstruo delle donne”. Per gli antichi e i moderni la donna mestruata è una venefica, distrugge ciò che tocca e ciò che vede, tanto che in epoca romana “veniva utilizzata come velenoso rimedio contro i bruchi che devastavano gli orti” [Camporesi]. 

Philip Burne-Jones, La vampira, 1897, fonte Wikipedia



È questa particolare affinità della donna per il sangue che porta, nell'Ottocento, alla nascita della figura della vampira letteraria (e, di lì a poco, alla vamp cinematografica). Una figura che si sottrae definitivamente dall'immagine del revenant gonfio e purulento, accozzaglia di carne marcita e odori repellenti che caratterizzava il vampiro del folklore. 

“il vampirismo divenne emblematico di una costellazione di malattie e paure connesse al corpo femminile, derivante dalla convinzione che la perdita di sangue mestruale potesse avere conseguenze fisiche e mentali potenzialmente catastrofiche [Groom, op. cit.] 

 

È soprattutto l'anemia, principale disturbo femminile dell'epoca, a dare corpo alla vampira vittoriana. “Bianche ed esangui creature della notte”, come scrisse il poeta Arthur Symons, le vampire del XIX secolo si riconoscono per l'incarnato pallido, sotto il quale si intravvedono le febbrili pulsazioni di vene e capillari, e per gli occhi profondissimi dallo sguardo magnetico, reso ancora più intenso dalle bordature nere della malattia. Portano inoltre i capelli lunghi disciolti, e nel loro atteggiamento languido si palesano i segnali di una natura sensuale, passionale, rasente la ninfomania. 

I salassi, rimedio d'ogni epoca, vengono in soccorso della donna anemica e sessualmente incontinente, la malinconica con attacchi di sinestesia, assieme a un bagaglio di medicamenti che partendo dalla purga arrivano alla clitoridectomia. 

Con il salasso, il vampiro si fa chirurgo e usa cateteri endovenosi da inserire nelle giugulari dei pazienti per curarne il corpo e placarne il temperamento. Il sangue debole, infiacchito e accaldato dalla febbre o da umori violenti gonfia barattoli di mignatte. Il malato, prosciugato, giace come morto sul lettino, in attesa del cibo che lo farà risorgere. Sangue, naturalmente, spillato dal collo di una pecora o raccolto in una tazza dalla gola aperta di un bovino accasciato sulle piastrelle del mattatoio, come avviene in The blood drinkers di Joseph Ferdinand Gueldry

Joseph Ferdinand Gueldry, I bevitori di sangue, 1898, fonte



E come avveniva ancora nella Spagna degli anni '30, dove tazze di sangue bovino venivano utilizzate come rimedio contro la tubercolosi 

Ma se ingerire sangue sano porta al rinnovamento del sangue nel corpo del malato, qualcuno si domanda se non sia possibile effettuare lo stesso in maniera più diretta, senza la mediazione dell'apparato digerente. 

È il 1665, l'alba delle trasfusioni. Che, all'inizio, vengono affrontate più come un problema di ordine morale che scientifico: che rischio corre colui che riceve il sangue di un altro? Non c'è la possibilità che le caratteristiche del donatore passino al ricevente? 



Due anni dopo i primi esperimenti condotti sui cani, lo studente di Teologia Arthur Coga si offre di prestare braccio e sistema circolatorio al medico, per tentare di dare una risposta al quesito. Di temperamento frenetico e incline a sbalzi d'umore, Coga subisce ben due trasfusioni di sangue di agnello a distanza di due settimane l'una dall'altra. L'operazione gli frutta 20 scellini, nessun sensibile cambiamento di carattere e un disturbo di personalità che in una lettera di supplica alla Royal Society, nella quale Arthur accusava i medici di averlo trasformato in un'altra specie, lo porta a firmarsi Coga l'Agnello

Coga non fu il primo uomo a subire una trasfusione di sangue, ma fu tra i più fortunati, uno dei pochi che sopravvisse all'esperimento. 

La pratica di trasfondere sangue animale nell'uomo, considerata da più parti alla stregua di un calmante, fu vietata in Francia nel 1670, a Roma nove anni più tardi.

Le trasfusioni tra esseri umani continueranno a essere eseguite come estrema ratio in situazioni di vita o morte, considerato l'altissimo rischio di reazioni avverse, il più delle volte fatali. Un pericolo che verrà scongiurato solo nel 1900, con la determinazione dei gruppi sanguigni da parte del medico e biologo Karl Landsteiner.

Fonti
Piero Camporesi, Il sugo della vita. Simbolismo e magia del sangue, il Saggiatore, 2017
Nick Groom, Vampiri. Una nuova storia, trad. di D. Pitter, il Saggiatore, 2019

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