Da Lamia a Theda Bara: evoluzione della donna vampiro

Foto di Yatheesh Gowda da Pixabay


Sono trascorsi due secoli da quando Il vampiro di Polidori ha visto la luce. Da allora, i vampiri non ci hanno mai lasciati. Freschi come un cadavere non ancora entrato in rigor mortis, continuano a essere tra le creature soprannaturali più citate – e sfruttate – in letteratura. Con #asanguefreddo li seguiremo in un viaggio che, dai Balcani, ci condurrà fino in Islanda, per scoprire se e come sono cambiati da quel lontano 1819.


“Io voglio nutrirmi di te, dissetarmi con la bevanda che non si deve bere. Tu sarai il mio banchetto. Disseccato del tuo sangue, sarai il pasto dei demoni, e diventerai un'ombra” [Orestea, Eschilo, cit. in Demoni, mostri e prodigi. L'irrazionale e il fantastico nel mondo antico, Giorgio Ieranò, Sonzogno, 2017, p. 61]
Gustav Adolf Mossa Elle
Gustav Adolf Mossa, Elle, 1906



Sebbene il vampiro sia un prodotto della modernità, nel mondo antico non sono mancate creature che nutrivano un certo appetito per il sangue umano. Esseri di origine divina o semidivina e di aspetto generalmente mostruoso, questi prototipi dei vampiri che verranno avevano un profondo legame con l'oltretomba e le regioni ctonie. Ed erano tutte donne. 

Le Erinni che accerchino Oreste per vendicare l'omicidio di Clitennestra sono creature alate dai busti femminili e le teste irte di serpenti, richiamate dalle più oscure profondità dell'Ade dal sangue versato dal matricida. 

Al pari di questi geni alati della vendetta, e molto simili alle Morrigan irlandesi, le Chere svolazzano sui campi di battaglia e si gettano in picchiata sui caduti e i moribondi, dei quali: 

“Tutte bramavano bere il nero sangue. Il primo che afferravano, sia che giacesse a terra, sia che cadesse ferito, lo stringevano, artigliandolo con le grandi unghie, e l'anima scendeva ad Ade, nel gelido Tartaro. Quando i loro cuori erano sazi di sangue umano, gettavano dietro di sé il cadavere e si ributtavano nel furore della mischia”. [da Lo scudo di Eracle, Anonimo, cit. in Ieranò, op. cit. p. 60] 

Demone femminile, mostruoso nella sua indeterminatezza è Mormo, madre di tutti i terrori infantili, “che ha grandi orecchie e su quattro piedi s'aggira movendo intorno lo sguardo” [Frammento da La Conocchia, Erinna, in Ieranò, op. cit. p. 86] 

A Mormo fa da compagna Gelo – da cui derivano le geloudes, le streghe del folklore greco – divoratrice di bambini dalla risata agghiacciante e il corpo invisibile, fatta eccezione per un paio d'occhi scintillanti e un largo sorriso di denti aguzzi che fluttuano nell'oscurità. 

Meno interessata agli infanti è Empusa, anche nota come Onoscelide, un demone mutaforma che si manifesta con l'aspetto di una donna bellissima dalle gambe d'asino (per Aristofane, invece, una gamba di Empusa è fatta di bronzo, l'altra di sterco). Figlia di Ecate, Empusa seduce e irretisce giovani uomini per poi ucciderli e divorarli. 

Theda Bara



Tra Empusa e Gelo si trova Lamia, che con la prima spartisce il potere seduttivo e con la seconda la predilezione per il sangue e la carne dei bambini. 

Regina di Libia, di lei si invaghì Zeus, che la fece sua amante e la rese madre di una numerosa prole. Venuta a conoscenza della tresca, Era le uccise tutti i figli e la condannò a un'eterna insonnia, così che il suo dolore non avesse mai fine. Nel tentativo di alleviare le sofferenze della sfortunata regina, ormai costretta ad aggirarsi per il palazzo con gli occhi perennemente sbarrati, Zeus “fece in modo che Lamia potesse metterseli e cavarseli dalle orbite a suo piacimento” [Ieranò, p.83] 
Com'è prevedibile, in poco tempo la regina impazzì e si nascose in una grotta, dove si trasformò in un mostro dedito all'infanticidio. 



Con il tempo, il nome di Lamia cominciò a identificare una serie sempre più varia di creature dai tratti demoniaci, come le “Lamie di mare” le quali, al pari delle sirene, provocavano i naufragi e si divertivano a vedere annegare i marinai. 

“Alla fine 'lamia' diventa un termine generico per definire alcune figure, demoni, mostri, o anche semplici streghe, capaci di succhiare la vita dal corpo degli uomini. E non è un caso che Lamia compaia a volte come nome, o meglio soprannome, di alcune prostitute.” [Ieranò, p. 85] 

La tragica figura di Lamia viene celebrata nell'omonimo componimento di Keats, dove si manifesta come una splendida donna-serpente dalla “disumana sessualità” [Groom]. La sensualità di Lamia, che è poi la sensualità di Lilith - la prima donna secondo la tradizione talmudica, tramutata in demone succhiasangue per la sua manifesta ostilità ad Adamo - sarà il tratto distintivo delle vampire moderne, da Carmilla in poi. 
Theda Bara

Una sensualità morbosa, animalesca che si esprime soprattutto nello sguardo. Sono gli occhi a tradire la natura della vampira, prima ancora che il morso dei suoi denti. Come Lamia e come Lilith, la vampira, la vamp, è una donna degenerata. Un mostro non nell'aspetto ma negli atteggiamenti e nelle intenzioni. La vampira è una creatura immorale, disinibita, che si getta sull'uomo come una delle Chere, lo divora mentalmente ed economicamente per poi lasciarlo sfinito e distrutto, con gli occhi già puntati alla prossima preda. 




La vamp è, nell'immaginario di fine Ottocento e inizi Novecento, l'alter ego della New Woman; una donna che si ribella agli schemi imposti dalla società al suo sesso e si mostra libera dai viticci dello stereotipo di genere, per affermare con decisione la propria volontà di essere un elemento rilevante tanto nella società civile quanto nella politica. 

“the woman who did not care” di Ruyard Kipling che nel suo The vampire, “sei strofe di misoginia” come scrive Ronald Genini nella sua biografia di Theda Bara, tratteggia impietoso il ritratto della donna che vive solo per la distruzione dell'uomo; un essere dal perverso fascino seduttivo, indifferente alle sofferenze degli altri, moralmente inconsistente e terribilmente pericolosa. 

Un mostro che, sullo schermo, si incarnerà nel volto di Theda Bara



Theda nasce come Theodosia Goodman il 29 luglio 1885 a Cincinnati, da una famiglia di origine ebraica. Nel 1908, dopo il diploma e dopo aver frequentato due anni di università, Theo si trasferisce con la famiglia a New York e debutta a Broadway nello stesso anno. 

Seguono diversi ruoli in compagnie teatrali, finché nel 1915 viene notata dal regista Frank Powell, in quel momento impegnato nel casting di A fool there was, trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Porter Emerson Browne e a sua volta rielaborazione della poesia di Kypling. 

Theo debutta come comparsa in The Stain, film diretto dallo stesso Powell, e viene immediatamente ingaggiata per interpretare il ruolo della vampira. 

“she was put under contract to Fox, not only to play the part but to be the part” [Theda Bara, a Biography of the silent screen vamp, with a filmography, Ronald Genini, McFarland & Company, 2012, p. 14] 
Gli studios cuciono su Theodosia un nuovo personaggio che, a partire dal nome, incarna la quintessenza della donna esotica e misteriosa sia sullo schermo che agli incontri con la stampa. 



La "brava ragazza ebrea" nata a Cincinnati si trasforma così in una fatale donna araba, figlia di uno scultore italiano e di un'attrice francese, che ha passato gran parte della sua vita all'ombra della Sfinge e che non spiccica una parola di inglese. 

Per contratto, a Theda viene imposto di mostrarsi in pubblico sempre velata e solo di notte. Sul suo conto sorgono miti che fanno presa sul pubblico, e che sono gli stessi agenti della Fox ad alimentare. Uno tra tutti, quello legato al suo nome d'arte. 

Leggenda vuole che il nome sia stato frutto di un attento brainstorming, scelto perché anagramma di Arab Death, morte araba. La realtà, tuttavia, è ben più prosaica: Theda venne scelto come contrazione del più pomposo Theodosia e Bara deriva da Baranger, cognome della famiglia del nonno materno. Tutto il resto è frutto del lavoro dell'ufficio stampa della Fox e di Fox stesso. 



In A fool there was, Theda Bara interpreta il ruolo di un vampiro psichico, una donna che vive esclusivamente per il piacere della distruzione dei suoi amanti. Offesa involontariamente dalla moglie del protagonista – un padre amorevole e marito devoto che lavora come diplomatico – la vampira si vendica dell'affronto subito seducendo l'uomo con una sola occhiata e strappandolo alla famiglia. Sottomesso al potere mentale della vampira, l'uomo perde il lavoro e l'onore; sperimenta diversi gradi di depravazione dedicandosi al gioco d'azzardo e al bere e infine, ridotto a un completo fallito, muore. L'ultima scene vede la vampira china sul cadavere del suo amante mentre sparpaglia petali di rosa sul suo viso, la bocca schiusa in uno splendido sorriso di trionfo. 



A fool there was sarà un successo di pubblico e critica, e convincerà definitivamente la Fox a far firmare a Theda Bara un contratto in esclusiva, costringendola a ritmi di lavoro impressionante. 

Nei cinque anni successivi, Theda Bara reciterà in trentotto film, con una media di un film al mese. Sarà Giulietta, Carmen e Cleopatra. Salomé, Esmeralda e Madame Du Barry. 

Ma i tempi stanno cambiando. Con la fine della prima guerra mondiale, l'interesse per la vamp e la femme fatale comincia a scemare in favore di un ritorno a un modello femminile più accogliente e rassicurante, sulla falsariga della ragazza della porta accanto interpretata da Mary Pickford. Theda stessa comincia a sentire soffocante il ruolo da eterna villain. Alla scadenza del contratto, la Fox la mette gentilmente alla porta. Theda Bara si sposa nel 1921 con il regista Charles Brabin e il matrimonio durerà fino alla morte dell'attrice. La coppia non avrà mai figli. 

Theda Bara continuerà a recitare a teatro e tenterà per ben due volte di rientrare a Hollywood, senza tuttavia riscontrare il successo sperato. Il suo ultimo film sarà una commedia, Madame Mystery, nella quale Bara interpreta la caricatura della femme fatale per la regia di Stan Laurel

Morirà il 7 aprile 1955, all'età di settant'anni, per un tumore allo stomaco. Le sue ceneri sono custodite al Forest Lawn Memorial Park Cemetery in Glendale, California, dietro una semplice placca di bronzo.

Dei quaranta film girati da Theda Bara nel corso di una carriera breve ma intensa, la maggior parte sono andati distrutti nel grande incendio che nel 1937 coinvolse i magazzini della Fox. Uno tra i pochi a essersi salvati è proprio quello che la consacrò nel ruolo della vamp, quasi a voler segnare l'indissolubilità di un legame.

A fool there was è liberamente visionabile su Wikipedia.

Theda Bara


Fonti
Giorgio Ieranò, Demoni, mostri e prodigi. L'irrazionale e il fantastico nel mondo antico, Sonzogno, 2017
Ronald Genini, Theda Bara, a Biography of the silent screen vamp, with a filmography, McFarland & Company, 2012

2 commenti

  1. Sono un grande appassionato di Theda Bara, ebbe una grandissima influenza nella nascente industria cinematografica americana, purtroppo come hai detto tu pochi dei suoi film sono sopravvissuti fino a noi. Ogni tanto, in qualche collezione privata, viene ritrovato un frammento degli altri, non ci resta che sperare che prima o poi salti fuori qualche altro film completo.

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    1. Non avevi anche tu scritto un articolo su di lei, tempo fa? Tra l'altro, ho scoperto che Fritz Leiber scrisse un racconto con una sua alter ego come protagonista e, tipo, devo leggerlo assolutamente.

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