Streghe bambine nella Svizzera del XVII secolo. Cathrin, Isau e Maria.





“Nella luterana Alpirsbach una ragazza, Anna Walter, si era abbandonata alla lussuria con un diabolico amante. Correva l'anno 1629, la facoltà di teologia e di giurisprudenza di Tubingen aveva studiato il caso ed era pervenuta a questa conclusione: in determinate circostanze e in considerazione della gravità del crimine, è lecito sottoporre a tortura anche i bambini e sopprimerli col ferro e col fuoco”. [Eveline Hasler, La strega bambina, trad. U. Gandini, Tea, 2003, p. 160] 





Scrive Sebastiano Vassalli in La chimera che il nostro immaginario riguardo le donne accusate di stregoneria è viziato, in parte, da un “falso storico, creato poi dalla cultura ottocentesca” che vuole la strega sempre molto anziana, al limite della demenza, spesso emarginata e naturalmente vedova. Un luogo comune che, in parte, è servito per ridimensionare la forte componente di repressione sessuale implicita nella caccia alle streghe. 

E anche se, come vedremo più avanti, l'associazione tra donna anziana e stregoneria affonda in epoche più remote, per collegarsi direttamente a culti arcaici poi repressi, soppiantati o finiti per mescolarsi col cristianesimo, l'appunto fatto dallo scrittore è meritevole di essere tenuto in considerazione quando si affronta l'argomento. 

Naturalmente, al rogo finivano spesso donne molto in là con gli anni. Ma non in via esclusiva. 

Come dimostrano i casi trattati da Eveline Hasler in La strega bambina (TEA), l'età non aveva alcun valore particolare per i giudici incaricati di esprimersi sul destino di un imputato inquisito per stregoneria. Per quanto giovane potesse essere. 

Eveline Hasler La strega bambina



Né si tratta di avvenimenti isolati. Secondo la Hasler, che si è interessata al fenomeno, processi a carico di bambini accusati di stregoneria si riscontrano in buona parte dell'Europa (Italia compresa) e della Nuova Inghilterra. 

Si tratta, per lo più di: 


“bambini che, per le loro diversità e le loro fantasie, furono visti come una minaccia da un mondo ostile alla natura e inquinato da concezioni degenerate” [Hasler, Prefazione] 



In un'epoca che non riconosceva sostanzialmente nessuna differenza tra un bambino e un adulto, ogni gioco nasconde una minaccia, l'affetto tra due fratellini orfani di madre viene visto come qualcosa di impuro e indecente, le spacconate di una undicenne abbandonata sono prese per dichiarazioni degne di fede di una strega in erba. 


A Lucerna, la Hasler riesce a scovare ben sei atti di processi intentati contro dei bambini che si conclusero con la condanna a morte degli imputati. L'elenco lo si trova a pagina 227 del romanzo: 


“1652: Katharina Schmidlin, 11 anni 

1653: Amalie Wust, 13 anni 

1658: Maria Madleneli, 11 anni, maleficante, strangolata nella torre, chiusa nel sacco e bruciata 

1659: Jost Ludin 12 anni 

1659: Katharineli Bienz, bambinella di 7 anni, strangolata al palo, nella torre, e poi bruciata sul rogo per avere rinnegato Dio 

1664: Katharina Ruots, 7 anni” 




La prima dell'elenco, Katharina Schmidlin (Cathrin nella sentenza), di Roomos, viene arrestata nel settembre del 1652 dal balivo dell'Entlebuch perché 

“si era vantata in due luoghi differenti di essere capace di fare piccoli uccelli.” [Hasler – Documenti] 


Tuttavia, a muovere il balivo non è tanto un sentimento religioso, quanto valutazioni di ordine politico. Come tanti altri prima di lei e dopo di lei, Katharina si trasforma in uno strumento di repressione del potere centrale contro le ostilità delle piccole comunità rurali a esso asservite. 


“Questa ragazzina è una vagabonda, pensò, una creatura selvatica, inutile a tutti... Sotto chiave, invece, potrebbe diventare un segnale per tanti insubordinati”. [Hasler, p. 53] 


Katharina è una bambina sola. La madre se n'è andata quando era molto piccola, di suo padre non sa niente. Vive in casa di una parente e lavora come sguattera nella locanda di Roomos. 

In un villaggio piccolo come quello, priva di una famiglia e senza una storia, Katharina sa di essere poco più di niente. Gli altri bambini l'emarginano. È la figlia di una poco di buono, una che ha preferito andarsene e abbandonarla piuttosto che portarla con sé. Chissà poi perché. 

È una bambina strana, una mezza selvaggia che parla con le rane. Meglio starle alla larga. 

Prima ancora che il giudice si pronunci, Katharina è già una strega. Lo è per diritto di nascita. E a quel ruolo si adegua, con l'orgoglio dispettoso proprio dei bambini. 

Per sfuggire a tutta quella miseria che punta a schiacciarla, Katharina si inventa un potere: il potere di dare forma e vita al fango. Lei non è come gli altri. Sì. Davvero. Lei è speciale. Sa fare cose che nessun altro, a Roomos, è in grado di compiere. 

Il potere di Katharina è, in realtà, la rielaborazione di un episodio che si può trovare in almeno due vangeli apocrifi, quello di Tommaso e dello pseudo-Matteo, più noti come i vangeli dell'infanzia di Gesù. In quei racconti è Gesù a plasmare dal fango dodici passeri che poi prendono miracolosamente il volo. Katharina, che deve aver ascoltato quelle storie da qualcuno, probabilmente da qualche avventore della locanda, la racconta a sua volta ai bambini che non vogliono esserle amici. Solo che ora è lei, e non Gesù, la protagonista della storia.

Eppure, nessuno di quegli uomini timorati da Dio, né il balivo che l'arresta, né il “signor magistrato Mooren” che la interroga “con ogni severità” sembrano notare una qualche somiglianza tra i due racconti. 

Dal canto suo, forse esaltata dalle attenzioni che le sono improvvisamente piovute addosso, di sicuro ignara del pericolo che corre, una volta rinchiusa nella Torre Katharina non ha alcuna intenzione di ritrattare. 

Le viene portato del fango, ma i suoi uccellini assomigliano a palle di terra molliccia e non sanno volare. Katharina si asciuga le mani sulla gonna di panno e con pazienza spiega al magistrato che lei non è una bugiarda, che gli uccellini le riescono per davvero, ma solo quando è notte, e solo quando è da sola. 

Il magistrato non è soddisfatto, vuole di più da quella piccola strega. E anche se Katharina non è in grado di dimostrare le sue arti magiche, è di certo colpevole. Katharina dunque resta in carcere e l'interrogatorio continua, ma le domande prendono una piega bizzarra, perversa. Si fanno sempre più viziose, indecenti. E per assicurarsi che la bambina parli, viene fatto salire il carnefice con i suoi strumenti di tortura. 


Chi è l'uomo che le ha insegnato a plasmare la vita dal fango? Perché deve essere stato un uomo. Katharina non può aver fatto da sola. È una menzogna. Qualcuno le ha offerto quel potere illusorio di dare una falsa vita a dei falsi uccelli. Un uomo nero, vero che è stato un uomo nero a insegnarti tutto quello che sai? 

Ecco così che nel racconto di Katharina compare il diavolo. Un diavolo che si chiama Blundtsch e che la chiama “Fighetta Stracciona”. 

“E cosa fa il diavolo quando è con te?” 

Katharina è legata alla sedia, i pollici serrati in una morsa. Il sudore le offusca la vista. Cosa deve dire, adesso? Confessare, sì, ma che cosa? 

Il magistrato, con pazienza, aspetta. Reitera la domanda. Cosa fa, il diavolo, quando è con te? Cosa fai, tu, quando sei con lui? 

Katharina tace. Non per capriccio, ma perché si è persa. Le sue bugie hanno preso vita indipendentemente da lei. Come gli uccellini. Si sono trasformate in aquile che le volano addosso, le artigliano la faccia. E lei non sa più che inventare perché la liberino da quella morsa. 




Il magistrato sospira e scuote la testa. Lancia un'occhiata al carnefice. L'uomo allunga una mano e dà un giro di chiave al serrapollici. Katharina urla. 

E nel dolore della tortura, sopraffatta dalla prigionia, dalla denutrizione e dalle percosse, Katharina chiude gli occhi e sogna. Si rifugia, come ha sempre fatto, nel mondo dell'immaginazione dove tutto è concesso. Anche scomparire e far sparire il dolore. 

Sì, confessa Katharina, finalmente illuminata. Ha un diavolo e il suo diavolo la ama. La ama nel modo che vuol sentire il magistrato. Bludtsch le vuole bene. Va a trovarla spesso, nella Torre. E lì si trattiene finché lei non è stanca. Ed è bello anche questo: sentirsi così amati da averne abbastanza. E allora si fa un segno della croce e il diavolo vola via. Ma sa anche questo, che ritornerà. E le porterà un po' di sollievo. 

È alle forze soprannaturali che Katharina si affida per ricevere un po' di affetto. Se Dio l'ha abbandonata, il Maligno le porta conforto. 

Il 16 novembre 1652, ad appena due mesi dal suo arresto Katharina Schmidlin di 11 anni viene messa a morte. La condanna viene eseguita il giorno stesso.

“Oggi 16 novembre 1652 gli onorevoli podestà, consiglieri e loro seguito, constatato che non vi era da sperare in alcun miglioramento della bambina, l'hanno fatta strangolare nella torre senza toglierle la vita, l'hanno racchiusa in un sacco e condotta al patibolo perché fosse bruciata e ridotta in cenere insieme a Brigitta Testacanuta, che a sua volta doveva quel giorno essere giustiziata e bruciata”. [Hasler – p. 244] 



L'altro caso affrontato dalla Hasler è quello di due fratelli di Durnau, Isau e Maria Lehrer

Le imputazioni a carico di Isau e Maria contemplano, oltre l'apostasia, l'accusa di essere dei tempestarii (streghe che provocano il maltempo), quella di avere arrecato danno al bestiame attraverso malefici e l'incesto. 

Troppo giovani all'epoca, perché si potesse procedere all'esecuzione della condanna a morte (Isau ha 8 anni quando viene arrestato, Maria ne ha 11) 

“per disposizione della facoltà di Ingolstadt, furono custoditi per quattro anni in un convento femminile di Buchau in attesa che raggiungessero l'età minima necessaria perché si potesse procedere all'esecuzione del verdetto”. [Hasler - Prefazione] 

La condanna viene infine eseguita il 27 novembre 1662, dieci anni dopo l'esecuzione di Katharina. 

“nella foresta, con discrezione (onde prevenire le solite pusillanimità e i conseguenti perigli per l'anime), sono stati messi a morte con la spada […] In accoglimento d'una intercessione, sono stati tumulati nella tomba dei bambini innocenti” [Hasler – Verdetto di condanna per Isau e Maria Lehner, in calce al romanzo] 




Da sempre l'elemento più fragile del comparto sociale, tutt'oggi i bambini continuano a essere vittimizzati e accusati di stregoneria, spesso con esiti fatali. Attualmente, la Nigeria risulta essere il paese maggiormente colpito, con circa 15.000 bambini allontanati dalle famiglie perché ritenuti delle streghe nel solo 2008. 

Come riportato da un paper dell'Unicef, il fenomeno non è legato a particolari tradizioni ancestrali dell'area, quanto piuttosto a precisi comportamenti messi in atto da predicatori pentecostali. Frequenti sono i cartelloni pubblicitari che sponsorizzano questa o quella chiesa, assicurando i fedeli che nessuna strega sarà in grado di danneggiarli se solo si uniranno alla congrega. 

I predicatori sono anche tra i principali finanziatori di Nollywood e dei cosiddetti Hallelujah film, sorta di christian-horror che spesso hanno per oggetto streghe cannibali inevitabilmente sconfitte dall'eroico pastore. 

I bambini vengono marchiati come streghe per i motivi più disparati: dalla perdita del lavoro a una malattia improvvisa, sulla base di una dottrina che attribuisce sfortuna e insuccesso all'opera del maligno. Ma anche l'essere disubbidienti o troppo esuberanti, così come forme di disabilità fisica o mentale costituiscono un fattore di rischio.

Allontanati dalla famiglia da un giorno all'altro, quando non sottoposti a ordalie che provocano loro lesioni anche mortali, i bambini vengono sbattuti in strada, esposti a nuove violenze che vanno dallo sfruttamento al pericolo di linciaggio.

Numerose sono le ONG che si occupano del recupero di questi bambini e del loro reinserimento in famiglia. Tra queste il CRARN, che opera nell'Akwa Ibom, l'AFRUCA e l'ACAEDF fondato da Anja Ringgren Lovén che, nel 2016, portò all'attenzione del mondo occidentale il fenomeno con il salvataggio del piccolo Hope

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