L'affare Bizoton. Vodu e magia nera ad Haiti






L'affare di Bizoton, che ebbe luogo nel 1863 sotto la presidenza di Geffrard, merita di essere citato unicamente per le sue ripercussioni che ebbero per conseguenza di gettare sul vodu e sull'intera isola di Haiti un discredito assolutamente ingiustificato. [Alfred Métraux, Il vodu haitiano, Edizioni Ghibli, 2015, p. 48] 




A parlare così è Alfred Métraux, etnologo che negli anni Cinquanta fu tra i primi a interessarsi della “leggenda nera” del vodu haitiano, e proprio ad Haiti condusse una approfondita ricerca sulle origini storiche del vodu e le sue implicazioni sociali e politiche.



Il caso a cui fa riferimento lo studioso è un fatto di cronaca accaduto nel 1863, che venne in seguito utilizzato da più commentatori occidentali per dipingere l'intero Paese come una terra di selvaggi e idolatri, dediti al cannibalismo e a culti al limite del satanismo. 



“da allora non si è mai smesso di rappresentare le tranquille campagne haitiane come una sorta di giungla nella quale verrebbero perpetrati i più mostruosi delitti” [Métraux, p. 49] 



Gli accusati dell'affare Bizoton, il giorno della condanna a morte



Il 13 febbraio 1864, nella piazza del mercato di Port-au-Prince, gli haitiani assistono all'esecuzione di otto persone. Si tratta di quattro donne e quattro uomini accusati, a vario titolo, di aver partecipato all'omicidio di una dodicenne, Claircine, e di averne successivamente divorato il corpo nel corso di una cerimonia vodu


Il sacrificio di Claircine si compie nella notte di capodanno del 1863. 

Tra gli aggressori si trovano due parenti della bambina: suo zio, Congo Pelé, che spera così facendo di ottenere dai loa ricchezza e fortuna, e sua zia Jeanne, la mambo dell'humfo dove viene materialmente compiuto l'omicidio. 

Claircine viene rapita, tenuta alcuni giorni prigioniera, e quindi strangolata e fatta a pezzi nel corso della cerimonia di fine anno. In seguito


La carne della vittima, cotta assieme ad altri elementi, fu consumata da tutti quelli che avevano partecipato al festino [Métraux, p. 48] 




Qualche giorno dopo il delitto, da Port-au-Prince scompare un'altra bambina. Il fatto mette in allerta le forze dell'ordine che, dopo alcune indagini, giungono a casa di Pelé e, da lì, all'humfo della sorella dove trovano, nascosta sotto l'altare, la seconda bambina. Resti umani carbonizzati vengono invece rinvenuti trai cespugli del santuario. 





Condotti in carcere e sottoposti a tortura, gli otto accusati confessano ben presto crimini orrendi in aggiunta all'omicidio di Claircine. Tra tutti, però, spicca il racconto di Roséide Sumera, la più loquace del gruppo, che conferma il cannibalismo salvo poi, davanti al Tribunale che le chiede di ratificare la sua confessione, rispondere: 


Sì, ho confessato tutto quello che dite, ma tenete presente quanto sono stata picchiata prima di dire una parola [ibidem



Nonostante già all'epoca fossero in molti a dubitare della fondatezza delle accuse mosse contro gli imputati, la presenza di resti umani nel santuario e alcune testimonianze raccolte in seguito, portarono a una sentenza di morte per tutti i partecipanti al festino. La condanna fu eseguita ad appena un mese dall'arresto degli otto. 




La notizia dell'omicidio rituale e delle confessioni estorte agli imputati, che viene presto diffusa dai quotidiani occidentali, darà seguito a numerose e corpose leggende sulla pericolosa instabilità della “selvaggia” Haiti. Tali leggende saranno una delle concause che porterà, nel 1915, alla lunga e penosa occupazione del Paese da parte delle forze armate statunitensi.

2 commenti

  1. Una vicenda decisamente adatta al periodo di Halloween al quale ci stiamo avvicinando.

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    1. Del resto, cosa c'è di più halloweeniano di Baron Samedi e dei guédé? :)

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