La figlia della strega. Caterina Ross, Poschiavo, 1697



Fecero lasciarla giù, venir il boia ligarla e sensa consolazione menarla al supplizio, essa gridando che li era fatto torto. [in Luisa Muraro, La signora del gioco, La tartaruga edizioni, 2006, p. 52]


Quella di Caterina Ross è una vicenda giudiziaria che si consuma nello spazio di due mesi, 55 giorni per la precisione: dal 20 gennaio 1697, giorno in cui viene arrestata e condotta nella Casa della Magnifica Comunità di Poschiavo, e il 7 marzo dello stesso anno, quando il processo si conclude e Caterina viene “abbruciata” per “stregaria”. 


Al momento dell'arresto Caterina ha trentadue anni, è una donna benestante, almeno a giudicare dall'entità dei beni che le vengono confiscati in conseguenza della sua condanna (4000 lire), e ha una triste familiarità con i processi per stregoneria. 


Sua nonna Cattelina era stata processata e condannata a morte come strega nel 1672. L'anno seguente era toccato a sua zia, Anna Lardello. Nel 1677 era stata la volta di sua madre, Nesotta. Nello stesso anno, Caterina, allora dodicenne, era stata condotta davanti al podestà per giudicare se anche lei, come le altre donne della famiglia, si fosse accompagnata al diavolo. 

Durante quel primo processo Caterina “confessò d'aver imparato l'arte di strega dalla nonna materna”, ma “troppo giovane per subire la pena, fu riconsegnata ai parenti perché provvedessero”. [Muraro, p. 16] 

Sebbene all'epoca quel “provvedessero” venisse spesso interpretato come un invito a liberarsi delle bambine che si consideravano ormai irrimediabilmente pervertite dal diavolo, nel caso di Caterina le cose vanno diversamente. Lo zio paterno, Antonio Ross, se ne prende cura sul serio e, valutato il meglio per la nipote, la manda al di là delle Alpi, in territorio tedesco, dove Caterina vivrà per i successivi venti anni salvo poi ripresentarsi a Poschiavo sulla soglia dei trent'anni. 

Perché Caterina torna? È difficile dare una risposta. Forse, ipotizza la Muraro che nel suo libro, La signora del gioco, ripercorre le fasi del processo di Caterina pubblicandone i verbali di interrogatorio, volevano farla sposare. Forse era tornata per curare i suoi interessi, come lascerebbero supporre le carte del processo. E magari, in cuor suo, Caterina pensava anche che, nel frattempo, il paese si fosse dimenticato di lei e delle donne della sua famiglia. 

Ma i paesi non dimenticano mai. Nei paesi semmai i ricordi si sedimentano, si stratificano e solidificano. Possono restare sopiti per anni, ma alla fine sono destinati a riemergere. 

Alla base delle accuse rivolte a Caterina ci sono questioni di denaro. È lei stessa a darne conto al giudice che l'interroga, nel corso del primo interrogatorio che si tiene il 21 gennaio: 


«Sapete la causa per la quale detto Lanfranchin [vi ha accusata]?» 

«Signorsì, perché li ho dimandato li miei denari». 

[Muraro, p. 21] 



e ancora, il 30 gennaio: 



«Vi ha ingiuriato d'altri?» 

«Signorsì: Giovanni Antonio Lanfranchin e Lorenzo Corbessi [?] che mi hanno detto che ero una stria.» 

«Per qual occasione?» 

«Perché vanzavo [soldi] da detto Lanfranchin e ghe demandavo il fatto mio, così invece di pagarmi, mi disse “stria bugiarda” et altre brutte parole.» [Muraro, p. 23] 


è singolare come il giudice, nonostante le accuse circostanziate di Caterina, preferisca sorvolare sulla faccenda e si concentri, invece, sulle presunte relazioni diaboliche tra Caterina e la sua ava. Leggendo i verbali del processo si ha la sensazione, neppure così vaga, che i giudici siano in realtà già tutti convinti che Caterina sia davvero una strega, se non altro per diritto di nascita. Manca solo la confessione della condannata per accendere la paglia del rogo.


Il 15 febbraio Caterina, che ancora si ostina a negare le accuse e che, anzi, rimprovera aspramente il giudice che la esorta a dire la verità: 


«Vogliono che dica che sia una stria se non il sono?» [Muraro, p . 29] 


viene torturata per la prima volta (appesa al curlo). 

Ed è solo per merito della tortura  che i giudici ottengono quello che invano hanno cercato fino a quel momento. 
Il patto satanico, la partecipazione al barlot, i malefici e gli infanticidi. Caterina confessa tutto, salvo poi ritrattare appena viene rimessa a terra. E ancora. E ancora.
Questo angosciante tira e molla prosegue fino alla fine di febbraio quando Caterina, forse sfinita dal trattamento, forse credendo che la confessione possa risparmiarle il patibolo, ratifica davanti al suo difensore quanto emerso durante le sessioni di tortura. 


La clemenza dei giudici, tuttavia, si esprime solo nell'accordarle una morte più “dolce” rispetto al rogo. 


Ben vero che dimandando la grazia, che in quel caso li sia fatta la grazia: ha comutata la morte invece d'esser bruciata, che sia solamente tanto all'una quanto all'altra [l'altra donna che doveva essere giustiziata con Caterina, Maddalena Tuena], recisa la testa sì che dal busto sia separata. [Muraro, p. 50] 


Alla notizia della sentenza, sentendosi truffata, Caterina si ribella e torna a professarsi innocente: 



invece d'esser stata costante, si sia di nuovo retirata di quanto essa haveva deposto, e detto che, se essa moriva, moriva inocente e senza colpa. [ibidem] 


Delusa e avvilita, ormai certa che nulla potrà salvarla da una condanna che i giudici, accecati dal pregiudizio, avevano già in mente sin dalle prime battute del suo processo, da questo momento in poi Caterina si manterrà salda nella sua professione di innocenza. 

La ripeterà ancora, con forza, durante la lettura pubblica della sentenza. 

Né cederà quando verrà di nuovo appesa alla corda, per un ultimo quanto estremo tentativo di estorcerle una confessione che legittimi l'operato del tribunale che l'ha giudicata e condannata. 

Caterina Ross, “strega” per diritto di nascita, muore sul rogo il 7 marzo del 1692 gridando a pieni polmoni la propria innocenza.

Nessun commento

I commenti sono ciò di cui un blog si ciba.

Perché il tuo commento sia pubblicato ricorda di mantenere un tono civile e di rimanere in topic rispetto all'argomento del post, e mi raccomando: non inserire dati sensibili come email o altro.

Prima di essere pubblicati tutti i commenti sono sottoposti a moderazione.

Grazie