Dei delitti e delle bambole. Frances Glessner Lee, la madre della scienza forense

Quel 25 marzo 1878 in casa Glessner Lee nacque una bambola: Frances.
I suoi genitori la infilarono in una culla e presero a programmare la sua vita. 
Una vita fatta più di rinunce che di ambizioni; di sogni infranti e di rimpianti.

Frances era nata bambola, e da brava bambola per i primi anni si lasciò trascinare qui e là da chi aveva il dovere di occuparsi di lei. Sua madre le insegnò il ricamo e l'uncinetto, il cucito e il lavoro a maglia. Da suo padre ereditò la passione per i lavori manuali assieme a una certa tendenza al perfezionismo.


In seguito arrivarono i libri, primo vero strumento d'evasione da una routine che le era stata cucita addosso, e presto Sherlock Holmes divenne il suo più caro compagno di giochi.
Da Holmes Frances apprese l'esistenza di un mondo diverso al di là delle mura della villa; un mondo fatto di crimini e misteri, di assassini e sordidi misfatti. Un mondo torbido, popolato di gente orribile che compiva azioni orribili e sulla quale il suo idolo trionfava con la sola forza dell'intelletto. Senza mai basarsi sulla prima impressione, senza lasciarsi andare al pregiudizio. Holmes era un tarlo investigativo, un uomo che aveva fatto del dubbio un metodo di indagine. E lei si innamorò della sua integrità e intelligenza, della sua umanità.

Frances stava crescendo, e i vestiti da bambola cominciavano a starle stretti: c'era della carne sotto la porcellana, un cuore pulsante tra l'ovatta e la stoffa, occhi curiosi dietro le perline di vetro.
Frances stava crescendo, e la vita nella villa cominciava a starle stretta: c'era un altro mondo al di là di quelle quattro mura e lei voleva vederlo, c'erano altre possibilità oltre a quelle imposte dal suo essere nata donna e lei voleva afferrarle.


Quando seppe che suo fratello stava facendo i bagagli per Harvard chiese di poterlo seguire: anche lei avrebbe studiato medicina. Le sue dita tanto abili a infilare aghi avrebbero scavato nelle ulcere e nelle viscere. Sognava di diventare coroner, Frances. Il primo coroner donna della storia.

Ma, seppur cresciuta, Frances era ancora solo una bambola di diciannove anni. Per quanto parlasse, per quanto protestasse, le sue parole non avevano suono.

Così suo fratello partì da solo e a lei venne fatto indossare un abito nuovo tutto pizzi e merletti; si ritrovò a ballare con uno sconosciuto che le infilò l'anello al dito e la trascinò lontano da casa.
Sballottata nel letto di un uomo che conosceva appena, Frances la bambola si ritrovò incinta e per sedici anni visse chiusa in vetrina, costretta a una vita che non le apparteneva.

Finché, nel 1914, all'alba della prima guerra mondiale, finalmente Frances smise di essere una bambola. Con grande scandalo di tutti.

Le ultime tracce della sua vecchia natura vennero spazzate via da una sentenza di divorzio e Frances Glessner Lee, ormai completamente donna, raccolse dal portico figli e bagagli per cominciare una nuova esistenza.
A Santa Barbara, dove era stata spedita dal padre, si arrangiò a vivere secondo le proprie disponibilità, con una libertà che fino a quel momento aveva solo accarezzato. Fino a quando, non molti anni dopo, morti tutti i suoi congiunti Frances si ritrovò erede di una fortuna.


Lei, che nel frattempo aveva rispolverato il suo interesse per la scienza forense, prese a collezionare ogni cosa legata a crimini e processi (inclusa una foto autoptica della colonna vertebrale del presidente Garfield), si domandò che altro avrebbe potuto fare con quel denaro, ché la vita da ereditiera non era proprio cosa.
Furono le lunghe chiacchierate con George Burgess Magrath, amico di suo fratello ai tempi dell'università, a fornirle l'idea.

Magrath, che si era occupato anche del caso Sacco e Vanzetti come esperto balistico, si lamentava della modalità di scelta dei coroner, che avveniva per elezione, portando spesso alla carica uomini che sapevano poco o nulla di medicina, scienza forense e diritto.

Frances non ci pensò sopra più di tanto e fece una cospicua donazione a Harvard perché venisse fondato un Dipartimento di Medicina Legale, il primo nel paese. Fu così che la donna alla quale era stato impedire di studiare si ritrovò celebrata come madre della scienza forense.



Frances e Magrath lavorarono assieme per fare del dipartimento un polo all'avanguardia nella neonata scienza investigativa, e per farlo misero a punto una serie di strumenti innovativi utili alla formazione dei futuri investigatori. Alla teoria si affiancava la pratica, come l'esame dei calchi in gesso di ferite e lesioni provocate da diverse tipologie di armi o lo studio degli stadi larvali degli insetti che di solito infestano i cadaveri.

Ma non era ancora abbastanza.


Prima donna a essere nominata capitano della polizia Frances, che aveva ottenuto anche l'incarico di direttore didattico del distretto, aveva come obiettivo finale quello di formare un comparto investigativo che facesse proprio il metodo di Holmes: analizzare una scena senza pregiudizi, scartando via via i falsi indizi fino ad arrivare a una soluzione soddisfacente del caso.

In base ai suoi studi, troppo spesso le indagini procedevano a ritroso: gli investigatori partivano con l'idea del colpevole già ben chiara in mente e sulla base di questa andavano a caccia di prove che corroborassero il loro pregiudizio. 
Le cose dovevano cambiare.

E per farlo Frances decise di farsi aiutare dalle bambole.



Si mise a costruire diorami in scala di delitti autentici, allestendo scene del crimine che mescolavano realtà a possibilità.

Nacquero così i nutshell studies of unexplained death, antesignani dei moderni modelli virtuali attualmente usati dalle forze dell'ordine.


La cura che Frances impiega per realizzare i nutshell è maniacale. 
Ogni oggetto deve essere fedelmente riprodotto, dalle minuscole sigarette che contengono autentico tabacco alle matite munite di mina ricavate da stuzzicadenti. I piccoli quotidiani sono stampati seguendo accurati procedimenti litografici, le maniglie hanno ingranaggi lillipuziani; ci sono schizzi di calcare sui vetri dei bagni, macchie di muffa sulle tappezzerie scrostate, segni di usura su tappeti e moquette.


Per le sue bambole assassinate Frances cuce abiti su misura, lavora a maglia calzine e coperte, ricama tende e tovaglie. E poi dispone tutto nello scenario che ha preparato secondo i racconti di Magrath che quelle scene le ha viste in prima persona, o basandosi su rapporti di polizia. Né tralascia i dettagli più truculenti: le macchie di sangue sui volti, i crani spaccati, i segni dei morsi su corpi lividi e quelli della decomposizione su cadaveri scoperti dopo giorni.



Non dà nulla per scontato Frances, e ogni oggetto aggiunto alla scena è inserito nel diorama con un solo scopo: affinare l'occhio dei futuri investigatori e trasformare i poliziotti da unni che invadono le scene dei crimini, calpestando e inquinando prove, a falchi in grado di cogliere i più minuti dettagli, l'elemento fuori posto, la vera arma del delitto, gli schizzi di sangue su una una carta da parati colorata.



Lavora per insinuare il dubbio.
Ed è per questo che non ci sono soluzioni univoche ai crimini che propone. L'obiettivo di fondo non è giungere alla conclusione certa del caso ma soffermarsi a riflettere. La deduzione è la conseguenza di un lungo lavoro di esame e messa in discussione anche e soprattutto di se stessi, dei propri pregiudizi e preconcetti.



Chiunque, scrutando con una lente di ingrandimento gli infiniti dettagli racchiusi nei diorami, gli indizi e le false piste disposte ad arte accanto ai corpi, non può non sentirsi coinvolto.
I nutshell studies of unexplained death sono degli autentici rebus tridimensionali, ancora oggi usati per formare gli inquirenti.


E c'è una pietà segreta e sottile in quelle scene, nelle vittime che Frances riporta in vita sotto forma di bambole ferite.



La ragazza accoltellata nel salotto, con il nastrino tra i capelli, le ballerine rosse e i morsi sul petto; la famiglia assassinata nel sonno, la colazione già apparecchiata e gli schizzi di sangue sulla culla del neonato; la donna annegata nella vasca da bagno che sembra ancora lottare per la propria vita; le lettere sparpagliate accanto al cadavere dell'impiccata... Sono scorci di vite strappate, ingiustamente interrotte. Vittime che per quanto umili, per quanto abbruttite, avevano il diritto di continuare a vivere. è all'umanizzazione della vittima che punta Frances Glessner Lee attraverso i suoi delitti in miniatura. Alla costruzione di un'etica dell'indagine investigativa e alla formazione di agenti che siano, prima di tutto, uomini votati alla giustizia comune.


Frances Glessner Lee, pioniera e madre della scienza forense, è morta nel 1969. 
Le sue bambole sono ancora lì, sfingi di stoffa che scrutano chi le osserva sfidandolo a dare un senso alla loro morte.

2 commenti

  1. Avevo letto delle bambole di Frances Glessner Lee, mi sembra che adesso siano tutte esposte dentro un museo o sbaglio?

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    1. Sono state esposte allo Smithsonian dall'ottobre 2017 al gennaio 2018 :)

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