Di mostri, biciclette e amori perduti: Nightbird di Lucia Patrizi

Succede sempre qualcosa in autunno. Col tempo, ho imparato a starmene buona durante quei tre mesi infernali. Ma ci sono cose che, per quanto ti sforzi, non puoi prevedere; altre che, nonostante tutto, ti vai a cercare. [Lucia Patrizi, Nightbird, Acheron Books, 2018]

Facciamo che saltiamo la parte in cui vi dico che io Lucia Patrizi la conoscevo ben prima di Nightbird, e che se c'è un blog che mi piace frequentare è il suo “ilgiornodeglizombi”. Perché, salvo rarissimi casi, i nostri gusti in tema di film-belli-su-gente-che-fa-cose-brutte combaciano.

Facciamo pure che per una volta vi risparmio la tiritera sul fatto se sia lecito o meno recensire opere di persone che si frequentano su internet. Perché io, se non avessi letto la Patrizi sul web, difficilmente mi sarei approcciata a Nightbird. E ve lo dico con il candore di un bambino che si infila un dito nel naso mentre vi racconta del mostro pacioccone che vive sotto il suo letto.

Premessa lunga ma necessaria, perché Nightbird è così profondamente impastato con la sua autrice che a leggerlo sembra quasi di sfogliare lei un pezzo alla volta.

A partire dalla bicicletta della copertina, bicicletta che dà anche il titolo al romanzo; una pistola di Cechov bella fumante che è causa e motore della storia. Una storia dell'orrore che è anche - come nella migliore tradizione del genere - strumento per parlare d'altro. 

Comunque, dicevo a proposito della bicicletta: è per via di una gomma forata se Irene, la protagonista, si imbatte in Giada. È per causa sua (di Nightbird, la bici) se Giada [spoiler, se volete leggere lo fate a vostro rischio e pericolo] finisce cadavere contro un marciapiede per poi ritrovarsi a fare da spalla-fantasma a Irene. Ed è su una bicicletta che Irene si imbatte nella sua prima “creatura”.

Perché Irene ha un dono.
Che è, come sempre in questi casi, un'autentica maledizione. Irene è una sensitiva, ma di un tipo speciale: non solo riesce a vedere i fantasmi, le emanazioni marginali di persone ormai morte, ma riesce a percepire anche altre “cose”. Creature che provengono da dimensioni parallele, esseri stralunati e deformi, terrificanti incubi alla Bosch che sono un omaggio grande e affettuoso a Lovecraft e Carpenter.

Ma non tutto il male viene per nuocere e così, assieme a Giada e ai fratelli De Felitta (!) Irene ha trovato il modo di sfruttare il suo dono, reinventandosi come guida turistica per tour da paura in case infestate e avanzi cimiteriali nascosti per Roma, dove assistere a vere (o presunte tali) emanazioni spiritiche. In un'operazione che ricorda un po' quel bel film che è The frighteners di Peter Jackson.

Accanto a questa, Irene svolge un'attività parallela: quella di autentica ghostbuster. Anche se in questo caso i nemici non sono i fantasmi, piuttosto quelle creature piene di zanne e dagli intenti non del tutto sani di cui sopra, esseri potenzialmente in grado di stravolgere la nostra realtà se lasciati liberi di scorrazzare sul raccordo anulare.



Come detto all'inizio, però, Nightbird è un romanzo dell'orrore che sfrutta il genere per parlare del contingente. Tanto che il perno della narrazione di Nightbird è non tanto (non solo) l'attività di Irene ma la sua relazione con Giada e, per riflesso, il suo atteggiamento nei confronti di sé stessa e della sua natura.

Attraverso una serie di flashback ben dosati l'autrice di permette di rivivere la loro travagliata storia d'amore. Una storia fatta di sotterfugi e bugie, di poco coraggio e tanto timore.

E in realtà in Nightbird le disinfestazioni sono due, perché non solo la villa è infestata ma lo è anche Irene.

Perciò, se da un lato Irene metterà tutta se stessa per ricacciare nella sua dimensione la creatura mostruosa che minaccia la sopravvivenza stessa del genere umano, dall'altro lato si troverà a impiegare ogni briciola di energia per esorcizzarsi dal passato e dalla paura di ciò che è. Dalla paura di affrontare il mondo a viso scoperto, senza più nascondersi dietro il velo di una ipotetica normalità.

Si tratta di una doppia lotta, una duplice battaglia combattuta con le unghie e con i denti, che inevitabilmente si spezzano, che irrimediabilmente saltano via. Perché non esiste vittoria che non richieda un sacrificio.

Dal punto di vista dello stile, Lucia si dimostra un'ottima regista, in grado di saper dove dirigere la macchina da presa, quando stringere sui primi piani e quando concederci bei campi lunghi. Le scene di azione, solitamente la bestia nera di ogni autore, sono trattate con estrema competenza e consapevolezza, con un taglio pulito, così come i dialoghi, sempre precisi e diretti.
Leggendo Nightbird si sente l'autentica passione, l'amore sviscerato che l'autrice nutre per l'horror, una passione trasversale, che ne guida prosa e tecnica.

I mostri sono gradevolmente viscidi e ripugnanti, disgustosi ammassi di carne putrescente con molti occhi e moltissimi artigli. I fantasmi sono entità astratte che conservano traccia dei loro ultimi istanti sulla Terra, sono come un eco distorto, che persiste inaudibile ai più.

Tra Il seme della follia di Carpenter e un romanzo di King, Nightbird è una canzone d'amore e di morte, una poesia dell'orrore, l'assolo di un'anima infestata, resa prigioniera da se stessa e disperatamente affamata di libertà.

Non c'è nulla da temere dai fantasmi. Sono come degli insetti bloccati tra una tenda e il vetro di una finestra, a metà tra due livelli. [op. cit.]

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