Speciale Halloween: Il mostro nell'armadio. La scomparsa di Nima Louise Carter



La notte di Halloween del 1977 Nima Louise Carter si addormenta nel suo lettino.

In realtà, a lei quel lettino proprio non piace. Piange, fa i capricci. Vuole stare a letto con mamma e papà. Ci sono i mostri nella cameretta. Mostri brutti. Ma mamma e papà sono irremovibili. Ormai Nima ha diciotto mesi, è grande abbastanza per dormire da sola.
Le luci si spengono, e per un po' la casa dei Carter risuona dei pianti e dei lamenti di Nima. Per un po'. Fino a quando, stremata, la bambina cede al sonno.

Il giorno dopo è una bella mattina di autunno inoltrato, fresca e frizzante. Prima di scendere per fare colazione, papà Carter decide di andare a controllare la figlia. Chissà come avrà dormito.

Apre piano la porta della cameretta: nel caso Nima dormisse ancora non vuole certo svegliarla. I cardini non cigolano neppure un po'.
Si ritrova a fissare il lettino e quello che, da quel momento in poi, sarà il peggiore “dolcetto o scherzetto” della sua vita: il lettino è vuoto. Nima è scomparsa.

I Carter la cercano dappertutto, rovesciano l'intera casa. Spostano mobili, rovistano in cantina e solaio. La chiamano fino a sgolarsi. Nima non c'è. Non è da nessuna parte. Eppure la finestra della cameretta è ben chiusa dall'interno. Eppure non ci sono segni di effrazione.

Gli occhi di entrambi corrono all'armadio della figlia, quello che la notte prima lei, tra un singhiozzo e l'altro, indicava con un dito piccolissimo. Gli occhi di entrambi corrono all'armadio della figlia scomparsa e in quel momento è come se qualcuno li afferrasse per la colonna vertebrale, strappandogliela con un gesto secco.
I mostri esistono.
I mostri hanno preso Nima e l'hanno portata con loro, nel regno delle ombre e dei corpi senza forma.



Arriva la polizia. Mamma e papà vengono interrogati e sottoposti alla macchina della verità. Il quartiere battuto palmo a palmo. Ma Nima si è come dissolta. Nessuno sa nulla. Nessuno ha visto nulla.

Ci vuole un mese perché Nima venga ritrovata. A scoprirla sono alcuni ragazzini che giocano tra i ruderi di un vecchio edificio abbandonato. Uno dei bambini, mosso dalla curiosità, decide di aprire un vecchio frigorifero arrugginito. E dentro, come in una favola dell'orrore, trova Nima.
La bambina è morta asfissiata.

Tra i sospettati del rapimento e della morte di Nima Louise Carter, una cattura l'interesse degli inquirenti: si tratta della sedicenne Jackie Roubideaux. La ragazzina appare calma mentre viene interrogata, anche se il suo sguardo è sfuggente e sembra covare dentro qualcosa di imponderabile che incuriosisce e spaventa chi le sta di fronte. Ha un alibi per quella notte, una partita a bingo. Ogni tanto tocca anche a lei divertirsi, non solo agli altri, quelli che le mollano i loro marmocchi per godersi le serate in libertà.

Il nome di Jackie non è nuovo agli agenti. Appena un anno prima è stata coinvolta in un'altra storia di rapimento e morte.

Nell'aprile del 1976, la Roubideaux aveva portato via dalla loro abitazione le due gemelline Carpitcher, Mary Elizabeth e Augustine “Tina” Lena. Lo aveva fatto sotto gli occhi indifferenti di una vicina la quale, pur accorgendosi che le bambine sembravano spaventate e cercavano in tutti i modi di sottrarsi alla presa della loro baby-sitter, aveva preferito farsi i fatti propri.

Jackie aveva trascinato le gemelle in un complesso abbandonato e le aveva rinchiuse in un vecchio freezer, dicendo loro che la zia sarebbe poi passata a prenderle.

Due giorni più tardi, mentre familiari e amici cercavano senza sosta le bambine, un gruppo di ragazzini aveva sentito dei pianti e delle urla provenire da quel vecchio freezer, e avevano ritrovato le bambine. Tina si era salvata respirando da un foro dell'elettrodomestico. Mary Elizabeth era morta soffocata.

Per il rapimento e l'omicidio di Mary Carpitcher, la Roubideaux verrà condannata in via definitiva nel 1985. Muore in prigione nel 2005.

Nonostante le più che evidenti somiglianze tra i due casi criminali, tuttavia, Jackie M. Roubideaux non sarà mai incriminata per l'omicidio di Nima la cui morte rimane, a tutt'oggi, un mistero.

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