IL MISTERO DI MARIE ROGET, L'OMICIDIO DI MARY ROGERS

“Il viso era cosparso di sangue nerastro, uscito in parte dalla bocca. Non vi si notavano, come sempre nelle persone semplicemente annegate, tracce di schiuma. Il tessuto cellulare non appariva alterato nel colore, ma sul collo si distinguevano lividi e segni di dita.” [Il mistero di Marie Roget da E.A. Poe, Opere scelte, trad. di Elio Vittorini, I Meridiani, p. 529, 2006]
L'omicidio di Mary Rogers

L'anno è il 1842. Per Edgar Allan Poe è un periodo d'oro, scrive ininterrottamente mentre le sue opere vengono pagate a botte di cinque dollari l'una. Inventa un genere, il poliziesco, e il detective deduttivo per eccellenza: Auguste Dupin.

Dupin collabora con Poe alla risoluzione di tre casi: il raccapricciante delitto della Rue Morgue, il furto di una lettera e l'assassinio misterioso di una grisette parigina, Marie Rogette.

“Il mistero di Marie Roget” viene pubblicato in tre puntate sullo “Snowden's Ladies' Companion” nel novembre del 1842 e suscita immediatamente sensazione perché non si tratta di un penny dreadful qualunque. Nossignori, la storia che Poe racconta si basa su un crimine autentico. Un crimine rimasto insoluto.

L'omicidio di Mary Rogers

Per la protagonista del suo racconto Poe prende di peso il cadavere di Mary Cecilia Rogers e lo trasforma in quello di una parigina, Marie Roget. Cambiano i luoghi, cambiano i nomi dei protagonisti, ma i fatti restano essenzialmente gli stessi. Non solo, l'autore trasporta nel racconto brani interi di articoli dell'epoca sul caso della sigaraia di Broadway, in un'operazione che può essere considerata come il primo tentativo di non-fiction, prima che Capote facesse capolino nella villa dove la famiglia Clutter era stata trucidata e ne tirasse fuori il suo romanzo più celebre e più controverso: A sangue freddo.

La minuziosità e l'assoluta sicurezza con la quale Poe descrive il delitto e arriva a una soluzione del caso ha portato molti a interrogarsi sul legame tra lo scrittore e la ragazza. Tanto che qualcuno, facendosi prendere un po' troppo dall'entusiasmo, arriverà persino a ritenere Poe il vero responsabile dell'omicidio, con “Il mistero” derubricato quindi a niente più che una confessione camuffata da opera narrativa.

Lasciando perdere le tesi buffe, è indubbio che molto del fascino di “Il mistero di Marie Roget” sia dato dal modo in cui Poe conduce la sua indagine parallela, confutando le tesi che vengono via via proposte dai quotidiani. Sebbene ormai sia chiaro che Mary Cecilia Rogers, a differenza della sua omologa parigina, non sia stata uccisa dal suo amante dopo una violenza sessuale.

Ma a quel punto ci arriveremo tra breve.

Nel frattempo, sarà bene ricostruire i fatti che nel 1841 agitarono la stampa di New York sul finire di un luglio particolarmente torrido.


Mary Cecilia Rogers ha ventun anni. È la figlia di una vedova che si guadagna da vivere affittando camere in Nassau Street.
La ragazza, di bell'aspetto e dal carattere gioviale, un giorno viene notata da un commerciante di sigari di Broadway, John Anderson, che le propone di lavorare come commessa nel suo negozio.
Una proposta indecente, considerata l'epoca e il luogo: una donna, per di più giovane e piacente, impiegata in un locale per soli uomini! La madre sulle prime si oppone, ma poi è costretta a cedere alle pressioni di Mary. Non passano neppure dieci mesi che Anderson dimostra di aver avuto l'occhio lungo: la presenza di Mary nel negozio attira i clienti come la carta moschicida certi mosconi dal ronzio assillante, e in breve la ragazza diventa una piccola celebrità tra i locali.

Quello che molti ignorano del caso Rogers/Roget è che Mary/Marie scompare tre volte in quel tumultuoso 1841. La prima volta accade a gennaio. La notizia non fa in tempo a venire pubblicata sui giornali che Mary riappare. È provata e non ha una bella cera, ma lei giustifica la sua assenza dicendo di aver fatto visita ad alcuni parenti. Stranamente, sia la madre che il datore di lavoro prendono per buona la sua spiegazione e non indagano ulteriormente.

Quella prima fuga getta però un marchio sulla ragazza. Il quartiere mormora e c'è chi giura di averla vista a braccetto con un ufficiale della Marina. La pressione sociale è talmente forte che Mary abbandona Broadway pochi giorni dopo il suo ritorno. La madre ne riceve notizie solo un mese più tardi, quando Mary torna a casa con un fidanzato, l'impiegato Daniel Payne.

Passano i mesi. Alle dieci del 25 luglio Mary informa il suo promesso sposo che ha intenzione di fare visita a una zia in Bleecker Street. Di non aspettarla per pranzo ma che potrà passare a prenderla verso sera. Quel pomeriggio, però, un violento temporale impedisce a Payne di rispettare gli accordi, tanto più che sia lui che la madre di lei si convincono che sia meglio per Mary fermarsi a dormire dalla zia. Se non che, il giorno dopo Payne va a cercare la fidanzata dalla zia e non la trova. Non solo Mary non ha passato da lei la notte, ma non si è proprio fatta vedere da quelle parti. Mary Rogers è scomparsa. Di nuovo.


Viene ritrovata due giorni più tardi. Cadavere. Galleggia pigramente sulle acque dell'Hudson dalle parti di Castle Point, a Hoboken. La tirano su tre pescatori che pensavano di tornare a casa con una partita di pesce, e invece. A detta del New York Tribune, il cui cronista probabilmente scambia il livor mortis per i lividi di un'aggressione, Mary è stata selvaggiamente picchiata. È completamente vestita, anche se le manca il bustino e alcuni effetti personali. Un lembo del vestito è stato annodato così strettamente attorno alla gola da essere penetrato nella carne. Per chiudere il quadro la ragazza, dirà il coroner, ha subito violenza carnale. Peccato che l'esame sia fatto superficialmente e che il corpo venga sepolto in tutta fretta, a causa del caldo.

Il caso infiamma ancora di più il clima rovente di quel luglio agli sgoccioli. Cominciano a venire fuori testimonianze le più disparate, con i giornalisti che rincorrono ora l'una ora l'altra voce tra chi ha visto la ragazza in compagnia di tre uomini, intenta a civettare, e chi assicura che sia stata vittima di una banda di sei, già noti per aver aggredito non molto tempo prima una ragazzina in gita con i genitori che aveva avuto la sfortuna di dimenticare il parasole sulla barca (notizia che Poe inserirà nel suo racconto, tra l'altro derubricandola a mera coincidenza).

Il mistero di Marie Roget


Una prima testimonianza attendibile la fornisce però un cocchiere, che dichiara di essere stato fermato da Mary allo scalo di Hoboken. La ragazza era in compagnia di un uomo elegante e i due si erano fatti portare da “Nick Mullen's”, una taverna gestita da una certa signora Loss.

Interrogata, la Loss conferma la dichiarazione del cocchiere, sostenendo però che Mary aveva lasciato il suo locale viva e vegeta e si era allontanata, sola, verso il bosco. E l'uomo? La Loss non ne sa nulla. Solo, aggiunge, poco dopo l'imbrunire ricorda di aver sentito delle grida di donna provenire dal punto in cui la ragazza si era incamminata. E non si era preoccupata, non aveva dato l'allarme? Macché, era buio pesto e il posto non era dei più raccomandabili. E, secondo lei, Mary che cosa aveva fatto nel boschetto per tutte quelle ore? Chissà, forse si era appisolata, forse era stata rapita dai sei balordi di cui parlavano tutti.

Quegli stessi balordi che magicamente compaiono nella sua locanda, tipi rozzi che mangiano e bevono e fanno casino, per poi andarsene senza pagare. Lei li vede seguire le orme di Mary, poi tornare in tutta fretta verso il fiume, con aria colpevole, prima di sera. Solo una o due ore più tardi, però, ode la ragazza gridare. Le incongruenze si sprecano eppure, incredibilmente, le dichiarazioni della locandiera vengono prese per buone.

A questo punto le indagini imboccano un vicolo cieco e si arrestano. Nemmeno il ritrovamento degli effetti personali di Mary, due mesi più tardi, ha un qualche effetto sulla risoluzione del caso. Sebbene a ritrovare gli oggetti siano, in maniera alquanto sospetta, i figli della Loss. Poco tempo dopo, nel luogo in cui i ragazzini avevano dichiarato di aver ritrovato il corpetto, il parasole, un biglietto, la sciarpa e un fazzoletto, Daniel Payne si suicida avvelenandosi con il laudano.

Ma cos'è successo davvero a Mary Cecilia Rogers?



Poe ipotizza, come abbiamo detto, l'aggressione di un amante. Quello stesso ufficiale di Marina che i vicini di casa pettegoli avevano dato come motivo certo del primo allontanamento della ragazza, in quell'ormai lontano gennaio 1841.

Quello che Poe – e che i vicini – non sapevano, la chiave di volta per la risoluzione del mistero la scopre in maniera del tutto fortuita un avvocato, andando a rimestare cinquant'anni più tardi tra le carte di John Anderson, il vecchio datore di lavoro di Mary.

A lungo interrogato dalla polizia, che lo sospettava dell'omicidio della sua ex commessa, alla fine l'uomo aveva confessato che la scomparsa di Mary a gennaio era stata architettata per nascondere un aborto. Aborto per il quale Anderson aveva pagato profumatamente. La madre sapeva? Sì, la vedova sapeva tutto. Nessun ufficiale della Marina all'orizzonte, quindi, solo il bisogno di non offendere la morale pubblica con un bambino concepito fuori dal matrimonio, quasi certamente con un uomo che poteva essere suo padre.

È possibile, si chiede a questo punto l'avvocato, evidentemente munito di un affilato rasoio di Occam, che a luglio Mary fosse di nuovo incinta e avesse, di nuovo, avuto bisogno di ricorrere ai ferri per porre fine alla gravidanza?

I ferri di un uomo distinto, che aveva preso in affitto una stanza in una taverna non proprio al centro della città. Un luogo piuttosto distaccato, frequentato da gente abituata a non farsi troppe domande. In fondo, Mary aveva già subito un aborto. Ormai sapeva a cosa andava incontro e probabilmente era convinta che anche questa volta sarebbe riuscita a tornare a casa in tempo per la cena. Provata ma viva.

Ma è il 1841, la scienza medica è quello che è e l'aborto clandestino è sempre una pratica rischiosa.
Davanti al corpo esanime della ragazza il medico è costernato e anche un po' indispettito. Chiama la signora Loss che quando entra nella camera si trova davanti una scena da Grand Guignol. Entrambi si guardano negli occhi.

A questo punto le alternative sono due: chiamare la polizia e confessare tutto, per finire in prigione con la locanda confiscata e una carriera medica distrutta o inscenare qualcosa che potrebbe sembrare un'aggressione, sbarazzarsi del cadavere e depistare le indagini. Dando vita a un mistero.

A questo punto la palla passa ai giornali. Cosa è preferibile: credere alla storia dell'orco, un mostro dalla pelle olivastra, che di notte stupra e uccide, o a quella della ragazza povera che, costretta dalle circostanze e dalla società, si ritrova cadavere su un improvvisato letto operatorio?

Forse non sapremo mai com'è andata realmente [oppure sì]. Quel che è certo è che, grazie a Poe, noi siamo ancora qui a parlare e a interrogarci sul mistero di Mary Cecilia Rogers a più di un secolo dalla sua morte.


“Dal mio racconto apparirà come il destino della povera Mary Cecilia Rogers, per quello che di tale destino è risaputo, e la triste sorte di Marie Roget abbiano avuto un corso parallelo di così meravigliosa corrispondenza da restarne con la mente confusa.[...] ma non per questo si deve supporre che portando innanzi la triste storia di Marie sino allo scioglimento del mistero io abbia segretamente mirato […] ad insinuare che adottando le stesse misure prese a Parigi per mettere le mani sull'assassino della grisette […] si arriverebbe ad analogo risultato.” [op. cit. p. 582]

2 commenti

  1. Eh si, l'ipotesi dell'aborto, anzi degli aborti clandestini è l'unica che potrebbe davvero chiarire e spiegare per bene cosa è accaduto alla povera Mary Cecilia Rogers. Vittima più volte degli eventi e della cattiveria delle persone.

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    1. Ciao Nick. proprio così. Poe non lo sapeva, ma in effetti quella dell'aborto clandestino finito male era una pista che era già stata presa in considerazione dagli inquirenti dell'epoca.

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