L'ULTIMA STREGA D'IRLANDA. BRIDGET CLEARY – 1895

Are you a witch
or are you a fairy
or are you the wife of Michael Cleary?
[filastrocca dell'epoca]

Fate e folletti, lo sapeva bene Peter Pan, non sono quegli esserini delicati che di solito immaginiamo.
Al contrario, spesso il folklore ce li dipinge come creature dispettose, suscettibili, addirittura diaboliche.
Tra questi ritroviamo i changeling, impostori fatati che, per capriccio o necessità, hanno l'abitudine di sostituirsi agli umani che incrociano sul loro cammino.

Quella nei changeling, nell'Irlanda del XIX secolo, era ben più di una leggenda popolare. Era una fede. Una fede così radicata che, a volte, i presunti impostori venivano uccisi pur di liberare il sostituito dall'influsso delle fate.
Sorte che toccò a Bridget Cleary. Era il 1895.

L'ultimo rogo di strega, lo definirono alcuni quotidiani all'indomani del processo; un autodafé eseguito non su una piazza assiepata di gente ma nel segreto di una cucina, accanto alle braci ardenti di un camino, e sotto gli occhi di dieci testimoni tra vicini e familiari.

Bridget e suo marito Michael

Una donna emancipata

Bridget Cleary, nata Boland, è una ragazza intraprendente e volitiva.
Per gli standard dell'Irlanda vittoriana anche troppo intraprendente. Gestisce una piccola e bene avviata attività di sartoria, oltre a un parallelo commercio di uova e pulcini.

Se la passa bene, Bridget, tanto da essere riuscita anche a comprare un oggetto di lusso come una macchina per cucire. Una Singer nera e lucida, che le permette di realizzare gonne, camice, grembiuli con velocità e precisione. C'è chi dice che guadagni perfino più di suo marito, Michael, che di mestiere fa il bottaio.

I due, sposati da tre anni, hanno da poco cominciato a convivere nel piccolo villaggio di Ballyvadlea – nove case e trentuno abitanti in tutto – dopo essersi conosciuti a Clonmel, dove Bridget era impiegata come apprendista presso una sarta.
Quando si sposano lei ha diciotto anni, lui ventisette. È il 1887.

La casa stregata

Nel 1890, mentre Bridget vede le sue attività andare a gonfie vele, Ballyvedlea si arricchisce di una nuova abitazione. Un cottage spazioso, costruito su un leggero declivio. Bridget, che ha il capitale, vorrebbe acquistare la casa, ma prima che lei e Michael possano avanzare una proposta di acquisto, l'immobile viene venduto.

I nuovi acquirenti, tuttavia, non resistono a lungo e ne fuggono disperati qualche mese più tardi lamentando rumori notturni e piccoli furti. Noie che vengono attribuite all'attività notturna delle fate, dato che il cottage è stato costruito non molto distante da uno dei loro forti ad anello.

Bridget e Michael, noncuranti delle dicerie sul luogo, colgono l'occasione e fanno la loro offerta.

La coppia si trasferisce nella casa “fatata” nel 1891. Poco dopo, la madre di Bridget muore.
Non volendo lasciare solo il padre, Bridget lo invita a stare da loro mentre Michael si trasferisce in paese, occupando con la sua bottega quella che un tempo era la casa del suocero.


I forti delle fate

Strutture in pietra, residuo di vecchie costruzioni risalenti in alcuni casi all'età del ferro, i forti ad anello o caiseal erano ritenuti centro dell'attività magica delle fate e dei leprecauni, veri e propri portali per il loro mondo.

Attraversarli o, peggio, tentare di distruggerli era fonte di terribili sciagure. Le fiabe popolari riportano più di un caso di uomini in preda a terribili infezioni o gravi, inesplicabili malattie, per aver osato strappare le pietre dai forti. E questo spiega il motivo per cui, nonostante la loro fama, i forti siano giunti fino a noi.

Ma il loro strano potere magico non si limitava alle maledizioni contro i profanatori. Era nei pressi dei cerchi di pietra che il rischio di incappare in un changeling si faceva più forte.

Rimedi contro i changeling

Riconoscere un changeling era semplice: bastava che la persona sostituita – il più delle volte un bambino appena svezzato o un preadolescente - si mostrasse improvvisamente debole, malaticcio, affaticato. La mancanza di appetito era un altro sintomo della sostituzione, così come gli occhi cerchiati di scuro, le crisi convulsive, una certa afasia o, al contrario, una loquacità irruenta.

Sintomi che oggi riconduciamo al rachitismo, all'anemia, all'autismo erano vissuti come chiaro segno di un intervento magico su una persona che, fino al giorno prima, era perfettamente sana.

Secondo alcune leggende, poi, il changeling non operava solo uno scambio: si impossessava letteralmente della propria vittima.

In tutti i casi, la famiglia del changeling aveva nove giorni di tempo per liberare il proprio caro dal maleficio delle fate.

I rimedi andavano da pozioni a base di digitale purpurea – spesso letale – a piccole torture quotidiane come pizzichi, morsi e punture di spillo, che sarebbero servite a esasperare il changeling, costringendolo a fuggire.

E se questi trattamenti non erano sufficienti, si poteva sempre ricorrere al fuoco, il rimedio definitivo. Accostare un changeling alle fiamme del camino fin quasi a bruciarne la pelle era l'ultima risorsa contro la condanna di dover convivere con una creatura non umana.

In fondo, se anche un changeling moriva, c'era ancora un modo per recuperare il sostituito: bastava appostarsi davanti a un forte ad anello e attendere il passaggio del corteo delle fate. Quindi, con un coltello dal manico nero, liberare la vittima dai legacci che la tenevano imprigionata.


“Non dirmi cosa devo fare”

Dopo la morte di sua madre, Bridget comincia a passare sempre più tempo nei pressi del forte delle fate. Forse con la speranza di riuscire a vederne lo spirito, o forse solo perché lì ha la possibilità di rilassarsi prima di riprendere con le incombenze giornaliere.

È un'abitudine che Michael deplora, fino ad arrivare a vietarle di uscire da sola. In un'epoca in cui una donna era proprietà del marito, Bridget si ribella. In che modo può portare avanti le sue attività se non ha la libertà di muoversi?

Finché, agli inizi di marzo, di ritorno dalla sua abituale consegna di uova, Bridget crolla a terra appena varcata la soglia di casa.

Scossa da brividi incontrollabili, madida di sudore e incapace di deglutire a causa di violenti colpi di tosse, viene portata a letto mentre il padre corre a chiamare il medico del paese più vicino.
Medico che impiegherà sette giorni per decidersi a visitare la paziente.
È il 13 marzo 1895.

"Quella non è la donna che ho sposato"

Quello stesso giorno, mentre il dottore emette una diagnosi di polmonite, viene chiamato il prete che amministra a Bridget l'estrema unzione. La donna è così malata che tutti sono preparati a vederla morire.

Nel frattempo, seduto al capezzale dalla malata, Michael continua a fissare la donna che giace nel letto di Bridget. Le somiglia. Eppure lui sa che non è sua moglie. Ha il viso scavato, occhiaie profonde, non mangia, beve a stento e non parla se non con fievoli sussurri. E nei giorni precedenti, spesso era catatoica. Non ha riconosciuto né lui, né suo padre in più di un'occasione.

Michael, che sapeva leggere e scrivere ma non aveva granché fiducia nella scienza medica, decide allora di rivolgersi a un guaritore, cugino di Bridget. Gli espone i suoi dubbi e quello conferma i suoi già pressanti sospetti: sua moglie si è accostata troppo ai forti delle fate. E quelle l'hanno rapita. 
Deve immediatamente correre ai ripari.

Michael Cleary, foto al momento del rilascio

Medicine alternative

Ha inizio per Bridget il vero calvario. Mentre la cura prescritta dal medico comincia a fare effetto, Michael decide che la risposta a tutto sta nelle pozioni del guaritore.

Forza la donna a prendere l'antidoto contro il changeling, un misto di urina e digitale, mentre le domanda ossessivamente chi è e che fine ha fatto sua moglie.

Indifferente alle proteste e alle suppliche dell'ammalata, la costringe a mangiare tra uno spasmo e l'altro, ingozzandola a forza. Dall'autopsia, eseguita subito dopo il rinvenimento del cadavere, emergeranno profonde e serie lesioni alla gola e all'esofago di Bridget causate da quei trattamenti.

Sono giorni da incubo, che terminano il 16 marzo quando Bridget scompare.


Al rogo! Al rogo!

Quando la polizia arriva a Ballyvedlea a seguito della denuncia di scomparsa, trova Michael appostato nei pressi del forte delle fate. Ha lo sguardo assente e sostiene con convinzione di essere lì da due giorni, ad aspettare il ritorno di sua moglie.

E Bridget ritorna, cinque giorni più tardi.
È il 22 marzo quando il suo cadavere carbonizzato viene recuperato. È stato sepolto in una fossa poco profonda. Sul volto, devastato dalle fiamme, un telo.

Bridget è stata bruciata viva. È stato Michael a ucciderla, al cospetto di nove testimoni, incluso il padre di lei.

Arrestato, Michael dichiara impassibile che quello non è il corpo di sua moglie, ma dell'altro, della fata che ne aveva preso il posto. E le fiamme non dovevano ucciderlo, ma solo convincerlo ad andare via.

Affermazione, quest'ultima, che non combacia con le testimonianze rese dai partecipanti al rogo né con i risultati dell'esame autoptico.
Entrambi confermano, al contrario, che Bridget si sarebbe potuta salvare, se solo Michael non le avesse rovesciato addosso la paraffina di una lampada a olio quando le fiamme avevano cominciato a lambirne i vestiti, dopo che lui l'aveva scaraventata contro il camino a seguito dell'ennesimo litigio sulla sua presunta possessione.

Condannato a quindici anni di carcere per l'omicidio della moglie, Michael Cleary finì di scontare la sua pena nel 1910 e, dopo un breve soggiorno a Liverpool, si trasferì definitivamente a Montreal.


Fata o strega?

Il dubbio che accompagnò molti dopo la chiusura del processo, e che continua a persistere ancora oggi, è che forse Michael Cleary sfruttò la credenza nei changeling per liberarsi di Bridget, una donna che si discostava di molto dagli standard ai quali la società lo aveva abituato, e ottenere uno sconto sulla pena.

Una donna forte e risoluta, che aveva rifiutato di adeguarsi allo stereotipo della moglie sottomessa e che economicamente gli era superiore.

Una creatura fuori dall'ordinario. Una minaccia.

Né strega né fata, quindi. Bridget Cleary era solo una donna emancipata.

2 commenti

  1. Purtroppo si tratta di una storia già letta e sentita centinaia di volte: le donne che nel passato provavano a ragionare con la propria testa o che vivevano in maniera da risultare troppo indipendenti venivano isolate all'interno della propria counità e sovente accusate di essere delle streghe o delle creature demoniache.

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    1. Proprio vero, Nick. è una storia che tende a ripetersi, purtroppo. Nel caso di Bridget, la cosa che mi ha colpita di più è stata l'assoluta impassibilità dei presenti mentre veniva uccisa.

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