Recensione. IL CORMORANO di Stephen GREGORY

Il cormorano era un Heatchcliff, un Rasputin, un Dracula. O forse, come suggeriva il suo nome, soltanto un corvo di mare, corvus marinus, nient'altro che uno spazzino senza scrupoli. [Il cormorano, di Stephen Gregory, trad. di D. e M. Pezzella, Elliot edizioni, 2016, p. 21]

Una giovane coppia riceve in eredità un cottage nel Galles da un vecchio zio. 
Ma, come accade in ogni romanzo dell'orrore che si rispetti, l'eredità è legata a un vincolo: per tenere la casa i due dovranno occuparsi del terrificante cormorano del defunto. 

Comincia così Il cormorano [tit. originale The Cormorant], romanzo di Stephen Gregory vincitore del Somerset Maugham Award, che la Elliot propone per la prima volta in Italia nella traduzione di Daniela e Monica Pezzella.




Su questo romanzo ci sarebbero da aprire delle parentesi grandi come container
Per evitarle, basta andare su Goodreads e notare la discrepanza di giudizi tra coloro che lo hanno adorato e quelli che l'hanno gettato in un caminetto senza pensarci due volte.

Perché Il cormorano è un romanzo particolare, forse tra i più "strani" letti quest'anno, la cui nota più interessante è sicuramente lo stile

Stiamo parlando di un romanzo tradotto, è vero, e nulla è più sbagliato che parlare dello stile di un romanzo tradotto. 
Ma dalla traduzione possiamo comunque desumere qualcosa, e cioè che Gregory ha un modo particolarissimo di dosare le metafore e di raccontare una storia. Usa volutamente ripetizioni e perfino simil-enjambement che hanno un effetto allo stesso tempo straniante e musicale.

Leggere Il cormorano è come ritrovarsi in una sala da musica dove stanno suonando una reinterpretazione di Bach. E questo è sicuramente uno dei punti a favore dell'opera.

Partito come il classico dei racconti dell'orrore (l'eredità legata al soddisfacimento di una condizione impossibile), seguiamo il protagonista nel suo legame che si fa via via più morboso con questa creatura bizzarra, violenta e pericolosa. Un legame che lo porta progressivamente a trasformarsi in un emulo del cormorano, così come era già avvenuto con suo zio.
E fin qui il romanzo è ineccepibile.

Il cormorano è una storia che tributa molto alla poetica di E. A. Poe (Il gatto nero, L'uomo della folla, Il corvo per dirne alcuni); la degradazione fisica e mentale del protagonista è una lenta discesa nella follia umana che coinvolge appieno il lettore. 

Ma poi entrano in gioco altri elementi, a partire dal connubio tra il figlio del protagonista e l'uccello. Un connubio insalubre che non trova spiegazioni soddisfacenti.

È da questo momento che Il cormorano comincia a sbatacchiare qua e là nella gabbia del romanzo, sballottando il lettore tra due poli che sembrano in antitesi tra di loro.

Se l'idea di un delirio scatenato dall'uccello poteva funzionare egregiamente mantenendo esclusivo il rapporto tra l'esimio professore e la bestia, quando entra in gioco il bambino, che si inserisce al posto del padre, si va in cortocircuito. 
È come se Gregory avesse voluto duplicare quel legame, costringendo padre e figlio a combattere per avere il ruolo di succube predominante nella relazione con l'animale.

Inevitabilmente, a questo punto, il romanzo diventa una schizofrenica rincorsa verso la fine. Tra piatti che si sfasciano e famiglie sull'orlo di una crisi, la storia si arruffa e il lettore si indispettisce mentre cerca di agguantare il tema centrale

Né vale a qualcosa l'inserimento dello spettro con il sigaro (peraltro, in un paio di scene, un'apparizione che riesce davvero a spaventare), che anche in questo caso sembra costretto a sdoppiarsi per soddisfare le attenzioni dell'uomo e del suo piccolo erede.

Se il tema centrale del romanzo di Gregory è che il vivere isolati dalla società conduce inevitabilmente alla follia (ci abbandoniamo alla solitudine per essere liberi, ma questa libertà alla fine ci consuma e distrugge), permettere al bambino di interferire lo rende meno incisivo.

A meno che il cormorano non sia in realtà una metafora del bambino. Entrambi intervenuti a stravolgere e a sovvertire la vita del protagonista. 
Una lettura, questa, che spiegherebbe sia il legame tra il bambino e l'uccello sia un finale che lascia aperte più questioni di quante ne risolva.

Solo in una cosa Il cormorano non fallisce: nel classificarsi come un romanzo sottilmente antipatico (c'è una scena, in una vasca da bagno, che per molti risulterà al limite del buon gusto), in questo, un coerente alter ego cartaceo dell'animale che gli dà il titolo.

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