È un caldo 26 gennaio quando
Nancy Beaumont saluta i suoi tre figli di nove, sette e quattro anni.
I bambini hanno con sé tutto l'occorrente per passare una mattinata
divertente alla Glenelg Beach, una spiaggia poco distante dal
sobborgo di Adelaide [Australia] in cui vivono.
Jane, la maggiore, le
ha già dimostrato di sapersela cavare con i fratelli più piccoli,
perciò non prova nessuna particolare fitta di angoscia mentre li
vede allontanarsi mano nella mano finché non spariscono dietro una curva,
in direzione della fermata del bus. Sono d'accordo che ritorneranno
con la corsa di mezzogiorno o, al massimo, con quella delle due. In
ogni caso, Jane ha con sé sei scellini per uno spuntino veloce. Non
c'è nulla di cui preoccuparsi.
Nancy sorride e annuisce, prima
di rientrare in casa per dedicarsi alle faccende lasciate in sospeso.
Quella sera i coniugi Beaumont
siedono sul divano, davanti a loro un corpulento agente di polizia
prende appunti su un taccuino che sembra masticato da un cane. Chiede
di ripetere ancora una volta le circostanze dell'allontanamento dei
figli. Com'erano vestiti? Sembravano spaventati da qualcosa?
Nancy stringe convulsamente le
mani del marito.
Riporta
alla mente ogni singolo dettaglio: gli sguardi di Jane, il sorriso di Arnna, il modo buffo di
esprimersi di Nate.
Ricorda quando si sono salutati sulla soglia.
Ricorda quando hanno ricontrollato, per l'ennesima volta, di non aver dimenticato nulla.
E le raccomandazioni.
Non fare tardi. Tieni d'occhio i tuoi
fratelli. Non litigate.
Stringe i pugni e parla, con voce lenta,
misurata. Deve sforzarsi di non mettersi a piangere, perché il
pianto la confonde. E non deve confondersi. Non può. I suoi figli
sono là fuori, da qualche parte. E hanno bisogno di lei per
ritrovare la strada di casa.
Il poliziotto controlla
un'ultima volta gli appunti, ficca il taccuino in tasca, si alza e
ringrazia per il caffè. Li assicura che li ritroveranno presto.
Ma intanto nella mente di Nancy
un pensiero si è insinuato, vorace come una larva di mosca, e
rosicchia ogni altro pensiero, ogni vaga speranza. Il poliziotto
cerca di rassicurarli, ma lo vede dal suo sguardo che sta mentendo. E
quel pensiero, quasi una profezia, penetra ancora più a fondo
dentro di lei. Non li
rivedrò mai più,
pensa Nancy. Non li
rivedrò mai più.
Ed è a quel punto che,
finalmente, si lascia andare al pianto.
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Jane, Nate, Arnna. fonte wikipedia |
Jane (9), Arnna (7) e Nate (4) erano già
stati alla Glenelg il giorno prima della loro scomparsa.
Non è raro,
nell'Australia degli anni Sessanta, che i minori vengano lasciati
liberi di andare al mare assieme agli amici, o in una sala giochi. I genitori si affidano al buon senso dei figli e alla protezione vigile della comunità.
È, questo, uno dei motivi che
renderà la scomparsa dei tre figli dei Beaumont tanto sconvolgente.
Tre bambini che vengono visti
giocare sulla spiaggia, e che scompaiono senza lasciare alcuna
traccia.
Quando, ventiquattro ore dopo la
sparizione, la notizia appare su tutti i quotidiani nazionali e viene
diramata l'allerta, i genitori guardano ai propri figli come dei
sopravvissuti. L'idea di lasciarli andare da soli come ogni giorno
deve terrorizzarli.
Nel frattempo, i coniugi Beaumont
hanno appena varcato i cancelli dell'Inferno.
In una casa
improvvisamente silenziosa, dove hanno passato una notte insonne, i
due cercano di organizzarsi per aiutare nelle ricerche.
Tutti danno una mano e gli
inquirenti fanno presto a risalire agli ultimi avvistamenti dei
bambini.
La maggior parte dei testimoni
conferma di aver visto i tre giocare con un uomo biondo, dall'aria
atletica, sulla trentina. Dichiareranno che i fratelli non sembravano né
spaventati né imbarazzati dalla presenza dello sconosciuto. Qualcun
altro aggiunge di averli visti aspettare l'uomo alle cabine,
e poi avviarsi con lui verso la strada.
Ma Jane è una bambina timida,
protestano i genitori. Fa difficoltà a fare amicizia con gli altri,
figuriamoci dare confidenza a un estraneo.
Forse aveva conosciuto il biondo
in una precedente gita al mare, azzardano gli inquirenti.
E Nancy ricorda. Ricorda non Jane
ma Arnna. Arnna che, con aria pettegola e le guance rosse, le
spiffera il segreto della sorella: “Jane si è fidanzata”.
Quel giorno non aveva dato peso a
quella confidenza. Aveva creduto che Arnna si stesse riferendo a un
coetaneo di Jane, a un ragazzino. Non un uomo adulto.
L'uomo biondo diventa il
sospettato numero uno nella sparizione dei bambini.
Un altro testimone, un
panettiere, dice che i bambini sono entrati nel suo negozio verso
mezzogiorno. Erano soli ma, fatto insolito, comprano tre tortini e un pasticcio
di carne. Mai, da quando i piccoli frequentano il suo locale, gli ha mai servito il pasticcio. Inoltre al momento di pagare, Jane porge al panettiere
un biglietto da un dollaro. Quel biglietto è un'ulteriore prova, se
mai ce ne fosse stato bisogno, del coinvolgimento di un estraneo
nella scomparsa dei bambini: nessuno di loro aveva con sé tanto
denaro.
Viene stilato un identikit sulla
base delle informazioni raccolte, mentre si continua a cercare.
Un'altra segnalazione giunge da
un postino, che comunica di aver visto i fratelli Beaumont verso le
tre del pomeriggio. Camminavano spensierati e canticchiavano,
tenendosi tutti e tre per mano.
Tuttavia, qualche giorno più tardi il
postino correggerà la sua dichiarazione: aveva incrociato i bambini quella mattina, mentre andavano in spiaggia, non nel pomeriggio.
Ulteriori testimonianze, come quelle che vogliono i tre fratelli in compagnia non del suolo uomo biondo, ma anche di un secondo ragazzo e di una donna di mezza età, non vengono prese in considerazione.
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Glenelg Beach |
Mentre i giorni passano, i più
sono ormai convinti che i piccoli siano stati uccisi. Ma da chi? E
dove sono i corpi?
In questo, l'Australia non aiuta:
è un'isola ma è anche un territorio potenzialmente immenso,
selvaggio, dove la natura ti inghiotte in un battito di ciglia.
Non solo i bambini, ma lo stesso
uomo biondo – i cui identikit tappezzano mezza Australia – è
ormai uno scomparso.
Lettere di Jane e di un ipotetico
rapitore pentito vengono recapitate ai coniugi Beaumont, rinfocolando
una speranza sempre più fragile. Quaranta anni più tardi si
scoprirà che a scriverle era stato un quattordicenne annoiato
Gli investigatori finiscono
perfino per affidarsi a un sensitivo che, dopo diverse e frammentarie
dichiarazioni, indicherà un punto nel quale “sente” che sono
sepolti i corpi dei bambini. Dopo le reticenze dei proprietari e una
colletta pubblica di 40.000 dollari per pagare i costi degli scavi,
le escavatrici rivoltano il terreno senza trovare la benché minima
traccia di un resto umano.
Finché, diversi mesi più tardi,
una nuova testimonianza sembra gettare una luce sinistra sulla sorta
dei fratelli Beaumont. Una donna comunica agli inquirenti che la
sera di quel 26 gennaio aveva visto un uomo, seguito da tre bambini,
entrare in una casa confinante che sapeva essere abbandonata.
Ma c'è dell'altro.
Più tardi, quella stessa notte,
aveva visto il più piccolo dei bambini allontanarsi a passo svelto
dalla casa, salvo poi essere riacciuffato dall'uomo, che lo aveva
rudemente riportato dentro.
Ce n'è abbastanza per eseguire
una perquisizione. Ma, come previsto, dopo mesi di distanza non si trova nulla di interessante. Né gli scavi condotti danno
alcun esito. I più inoltre si domandano perché la donna abbia deciso di
parlare così tardi.
Quel che è certo è che questa sarà l'ultima - sebbene dubbia - testimonianza su quel tragico ventisei gennaio, quando tre fratelli uscirono di casa
per andare al mare. E non fecero mai più ritorno.
A oggi la sorte dei fratelli
Beaumont, nonostante le ipotesi e le successive indagini (l'ultima indagine risale al febbraio di quest'anno), resta un
mistero.
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