Attenzione, uomini, mantenete la calma. Non abbiamo intenzioni ostili nei vostri riguardi. Abbiamo solo bisogno di acqua, coste, paludi per sopravvivere. Siamo troppe. Non ci è più sufficiente lo spazio delle vostre coste. Dobbiamo demolire le vostre terreferme. […] Per ora potete ritirarvi nell'entroterra. Potete rifugiarvi sulle montagne. Le montagne saranno demolite solo alla fine. Ci avete voluto voi. Ci avete diffuso in tutto il mondo. […] Attenzione, uomini, Chief Salamander, a nome delle salamandre del mondo intero, vi offre la collaborazione. Lavorerete con noi per la demolizione del vostro mondo. [La guerra delle salamandre, Karel Čapek, trad. di B. Meriggi, p. 314, UTET, 2009]
Per far capire meglio la faccenda dirò che la mia reazione, durante la lettura di La guerra delle salamandre (tit. or. Vàlka smloky) scritto da Karel Čapek nel lontano-ma-non-troppo 1936, è paragonabile a quella del professor Grant quando vede per la prima volta i brachiosauri:
un continuo, incessante, inesprimibile stupore.
Di che parla, in breve, il romanzo
Il rubizzo capitano van Toch scopre, in una sperduta baia nel sud est asiatico, una strana specie di anfibi dai tratti umanoidi; decide bene di instaurare con queste salamandre un proficuo commercio di perle fornendo loro, in cambio, pistole per difendersi dagli squali. Una volta esaurite le ostriche perlifere in quella baia, il capitano si mette in società con un altro capitano (d'industria, questa volta), per diffondere segretamente le salamandre in tutto il globo, sfruttandone le doti di pescatrici per fondare il più ricco impero commerciale del mondo. Alla morte di van Toch, e con le ostriche ormai sull'orlo dell'estinzione, le salamandre si trasformano nella più grande e misteriosa scoperta scientifica del secolo. In breve tempo, gli stati ne fanno proprietà privata, usandole come oggetti di studio, per lavori di ampliamento delle coste sottomarine e per la difesa dei confini nazionali. Finché il rapporto di forza tra salamandre e umani si rovescia…
Perché dovreste proprio leggerlo.
C'è del genio nel romanzo di Čapek. Un romanzo al di là del tempo, di un'attualità tanto sorprendente quanto sconcertante.
È un romanzo talmente dentro al suo tempo da rappresentare un'opera imprescindibile per analizzare e tentare di capire il secolo appena trascorso.
Al suo interno c'è tutto: l'incertezza per il futuro, la crisi economica, le minacce dei totalitarismi, le bave espansionistiche. È un romanzo scritto sui conati di una società che sta per vomitare orrori che dureranno cinque lunghi anni, e i cui strascichi perdureranno, per alcuni, fino agli inizi del nuovo secolo.Basta leggere il pezzo in cui le salamandre, raggruppate lungo le coste dei singoli Stati e forzate a lavori di ampliamento e di difesa delle stesse, vengono separate dagli uomini da alte palizzate sulle quali sono tracciati slogan che ricordano a noi, lettori del futuro, slogan analoghi posti sulla sommità di altri reticoli, fatti di filo spinato e cancelli di ferro.
Se si pensa, poi, che venne pubblicato appena tre anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, non si può non rimanere senza fiato davanti alla straordinaria freddezza con la quale Čapek traccia il possibile decorso della storia delle salamandre, che sfocerà in una guerra dalle proporzioni globali nella quale i più deboli non potranno fare altro che soccombere. Eppure, per una ironia cupa e cinica, saranno proprio i più deboli a rafforzare il potere delle salamandre in nome del denaro e di una pigra neutralità smossa, più che da un ideale di pace, dal desiderio di non essere coinvolta, di lasciare che gli altri se la sbrighino per conto loro.
C'è ovunque, lungo tutto il romanzo, un'assenza pressoché totale di empatia sia nei confronti delle salamandre, sottoposte ai più ridicoli e crudeli esperimenti, che nei confronti degli uomini. C'è una cecità selettiva nei confronti del futuro che deprime e spaventa.
La guerra delle salamandre è un romanzo di una lucidità spietata, scritto da un uomo di rara intelligenza e sensibilità storica, che alterna una satira schietta e una comicità garbata a una cupa riflessione su quella che sembra la prerogativa dell'uomo all'autodistruzione.
E io non posso fare altro, davvero, che consigliarvi di recuperare quanto prima questo misconosciuto, strabiliante gioiello della letteratura contemporanea e divorarlo dalla prima all'ultima pagina.
La critica ha definito il mio lavoro un romanzo utopistico. Io mi ribello a questa definizione: non si tratta di un'utopia, ma di attualità. Non è una speculazione nel futuro, bensì un riflesso di ciò che è, di ciò che ci circonda. Non ho scritto una fantasia, di fantasia son sempre pronto ad aggiungerne gratis quanta ne vorrete: ho voluto invece parlare della realtà. È così, ma una letteratura che non guarda alla realtà, a ciò che veramente succede nel mondo, fatta di opere che non vogliono reagire a questa realtà con tutta la forza della parola e del pensiero, questa letteratura non è la mia. [dalla Prefazione al romanzo scritta dall'autore, ibidem, p. XI]
Grazie per la sua recensione che analizza perfettamente tutti gli aspetti di questo sconvolgente romanzo. Ho finito di leggerlo ieri sera e sono ammirata per la chiaroveggenza di Capek.
RispondiEliminaLeggendo la sua recensione ho scoperto che l'autore aveva scritto una prefazione; purtroppo l'editore della traduzione in francese non l'ha pubblicata.
Complimenti per il suo lavoro.
Un caro saluto.
Geneviève
Ciao Geneviève e grazie per esserti fermata a commentare. Capek era davvero un autore in grado di capire la sua realtà meglio di tanti suoi contemporanei, e dispiace che la sua opera sia così poco nota.
EliminaCredo che la prefazione delle Salamandre (da leggere rigorosamente al termine della lettura), sia un elemento imprescindibile per capire non soltanto lo stato d'animo dell'autore nel momento in cui mette a punto la storia, ma tutto il sentimento di un'epoca votato alla catastrofe. Spero che tu riesca a recuperarla :)
Buone letture!