Recensione. STORIE NATURALI - Primo Levi


Quando le acque si ritirarono, la terra rimase coperta di uno strato profondo di fango caldo. Ora questo fango, che albergava nella sua putredine tutti i fermenti di quanto nel diluvio era perito, era straordinariamente fertile: non appena il sole lo toccò, si coprì di germogli, da cui scaturirono erbe e piante di ogni genere; ed ancora, ospitò nel suo seno cedevole e umido le nozze di tutte le specie salvate nell'arca. Fu un tempo mai più ripetuto di fecondità delirante, furibonda, in cui l'universo intero sentì amore, tanto che per poco non ritornò in caos. [Quaestio de centauris, Primo Levi, Storie Naturali, Einaudi, p. 168]

IL peggior torto che si possa fare a un autore è non riconoscerne i meriti, limitandone l'attività a questo o quello specifico (e selettivo) ambito letterario.
Sembra che sia un reato punibile con la gogna, permettere che un grande letterato venga tacciato di aver scritto (Orrore! Orrore!) anche opere di narrativa popolare.
E così facendo, limitando il discorso alla "opere alte", mettendo in sordina "tutte le altre", la critica finisce per svilire sia l'autore che la sua poetica: la mutila, la rattrappisce in un nucleo stretto e rinseccolito di scritti "di valore".

Tutta questa pappardella introduttiva ha un senso, perché sì, io di Primo Levi conoscevo solo le opere del lager e sì, non avevo idea che avesse invece anche scritto puri racconti di fantascienza.

E no, perché un'opera sia ascrivibile al genere fantascientifico, non è necessario ci siano astronavi o mostri verdi o donnine in tute brillantinate. Basta, perché un'opera sia science-fiction che la scienza si mescoli al possibile e fantastico (il caro e vecchio buon "What if..."). Inoltre, proprio perché si tratta sì di un genere di pura evasione, ma che è pur sempre scritto da uomini e donne, che nelle cose che scrivono inseriranno proprie visioni del mondo, la fantascienza ha in sé tutte quelle cosine (satira, introspezione, umanesimo, utopia...) che il compilatore della quarta di copertina di questa copia Einaudi riteneva troppo distanti dal genere per farvi rientrare le Storie Naturali di Primo Levi.

Oh.
Scusate, ma inizio a trovare ridicolo questo voler a tutti i costi sminuire un autore e le sue opere solo perché sono pura narrativa e non si impongono di trattare filosoficamente la deriva sociale dell'uomo moderno. E trovo altrettanto insopportabile vedere segnalate e promosse opere che rientrerebbero a pieno titolo nel genere fantascientifico, con il non-genere della "narrativa contemporanea" solo perché non è lecito accostare quel grande autore a una cosa così frivola come la sci-fi (che frivola non è, ma soprassediamo).

Ditemi: ma la fantascienza, il fantasy, l'horror... li considerate davvero generi letterari "minori"?

Io, per tutta risposta, ho questa vignetta di Tom Gauld che riassume a meraviglia tutto questo wall-of-text qui sopra.



Ma ecco, avrei dovuto recensire Storie Naturali.




STORIE NATURALI
Primo Levi
Einaudi
1996 (prima ed. 1966)
Ebook non disponibile /edizione fuori catalogo

RECENSIONE.

Dicevamo: in questa snella antologia troverete un Primo Levi distante ma non troppo dallo scrittore di Se questo è un uomo.
I racconti sono quindici, sei dei quali potrebbero costituire un'unica lunga novelette: sono quelli aventi per personaggio principale il signor Simpson, commerciale di una società americana, la NATCA, specializzata nella progettazione e vendita di apparecchi fantascientifici come il Versificatore, il Mimete, il Torec e altri. Questi racconti costituiscono, quindi, una storia a parte che, oltre a mostrarci di volta in volta il protagonista alle prese con oggetti che servono, da un lato ad alleggerigli il pensiero e dall'altro a standardizzarlo (il Mimete è una fotocopiatrice in grado di duplicare ogni oggetto e... anche un essere umano), seguono la carriera di Simpson dagli inizi al pensionamento.

Il "ciclo NATCA", dunque, è la parte omogenea della raccolta, ed è un costante riflettersi sulle capacità e incapacità umane, sulla facilità di adattamento al riposo, sulla ricerca ossessiva di un punto di arrivo che permetta di esistere senza essere, come una foglia che non si preoccupi di altro che di lasciarsi trasportare dalla corrente di un fiume.

Per quanto riguarda gli altri racconti, d'altro canto, spesso la parte scientifica (non dimentichiamo che Levi fu, prima di tutto, un chimico) sprofonda nel fantasy/mitologico, come in Angelica farfalla, Quaestio de Centauris e il fantastico (in tutti i sensi) Il sesto giorno che, nella forma di un atto unico, ci mostra Arimane e Ormuz, assistiti da una serie di consiglieri (dall'anatomista allo psicologo) durante la riunione del consiglio che sta decidendo come creare l'Uomo e quali attributi fornirgli.

La forma teatrale viene usata da Levi in altri due racconti, "Il Versificatore" e "La bella addormentata nel frigo". In tutti questi casi, compreso in "L'amico dell'uomo", storia della poetica delle tenie, emerge un lato sinceramente ignorato di Levi: la sua ironia.



È anche coltissima, educatissima, intelligentissima, audacissima, è superlativa da tutte le parti, e a me fa paura, mi mette a disagio e mi fa venire i complessi. (Si è lasciata trascinare; tace imbarazzata, poi con sforzo)... ma le voglio molto bene lo stesso. Specialmente quando è congelata. [La bella addormentata nel frigo, da Primo Levi, Storie Naturali, Einaudi, p. 136]

I quattro racconti citati sono storie spassose, divertenti e irriverenti. Come quando leggiamo la poesia d'amore che le dissezioni di una tenia rivelano allo scienziato che ne sta studiando le cellule:


Ed ora me ne andrò, perché lo vuoi. Andrò in silenzio, secondo il nostro costume, incontro al mio destino di morte o di trasfigurazione immonda. Non chiedo che un dono: che questo mio messaggio ti raggiunga e venga da te meditato e inteso. Da te, uomo ipocrita, mio simile e mio fratello. [L'amico dell'uomo, Primo Levi, Storie naturali, Einaudi, p. 97]

Ma accanto alle opere più ironiche, troviamo racconti dolorosi, che affondano mani e unghie nella Storia della seconda guerra mondiale e delle persecuzioni razziali. In Angelica Farfalla, in maniera terribile e velata, vengono per un istante mostrati tre deportati da un lager, che finiranno per diventare cavie per un esperimento e che, alla fine, verranno linciati dalla folla che non soltanto non vuole vedere ma, di fatto, non vuole nemmeno considerare la possibilità dell'esistenza di quell'orrore.

Lager e dolore tornano in Versamina e anche e in modo velatissimo, in Trattamento di quiescenza.
In questi due racconti il tema principale è quello di mutare il dolore, la sofferenza, l'angoscia in un sentimento positivo. In Versamina è una droga che trasforma il dolore in piacere ma, come ogni droga, il suo effetto è talmente perverso che non c'è piacere maggiore che le cavie provano che il darsi la morte. Stessa conclusione di Trattamento di quiescenza che, in questo caso, tratta anche dell'ossessione voyeuristica nello sperimentare senza provarne le conseguenze, il massimo del dolore, infliggendolo agli altri e usando il Torec (una delle meraviglie della NATCA) per soffrire senza subirne le conseguenze.


Pensava una cosa che non aveva pensata da molto tempo, poiché aveva sofferto assai: che il dolore non si può togliere, non si deve, perché è il nostro guardiano. [...] Pensava anche, contraddittoriamente, che se avesse avuto in mano il farmaco lo avrebbe provato; perché, se il dolore è il guardiano della vita, il piacere ne è lo scopo e il premio. Pensava che preparare un po' di 4-4'-diamminospirano non sarebbe poi stato tanto difficile; pensava che, se le versamine sanno convertire in gioia anche i dolori più pesanti e più lunghi, il dolore di un'assenza, di un vuoto intorno a te, il dolore di un fallimento non riparabile, il dolore di sentirti finito, ebbene, allora perché no? [Versamina, Primo Levi, Storie naturali, Einaudi, p. 125]

Storie naturali è stato una scoperta e un regalo, è un viaggio nella poetica e nell'anima di Primo Levi, nella sua capacità di costruire storie nelle quali l'ironia cola nel dolore, cercando di mitigarne gli effetti strazianti; è una poetica che domanda costantemente perché e forse, proprio perché non è il tema centrale dei racconti, questo continuo interrogarsi è più evidente e il dolore è più intenso, così come il desiderio di quiete, che in Trattamento di quiescenza raggiunge il massimo dell'apice. E la chiusura, considerata la morte di Levi, quasi un epitaffio.



S'avvia verso la morte, lo sa e non la teme: l'ha già sperimentata sei volte, in sei versioni diverse, registrate su sei dei nastri dalla fascia nera. [Trattamento di quiescenza, Primo Levi, Storie Naturali, Einaudi, p. 251]

Il volume non è più in commercio, ma potrete trovarlo facilmente sia in biblioteca (e cercate magari anche sotto il nome Damiano Malabaila, pseudonimo usato da Levi per questi racconti) che nel volume antologico Tutti i racconti, sempre edito da Einaudi.

Spero che vi sia venuta voglia di scoprire davvero chi era Levi.
E, come sempre, Buone letture ♥

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2 commenti

  1. Vignetta fantastica. Concordo a pieno su tutto.

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    1. Ciao Valeria, grazie per il commento! Lo aveva già letto questi Primo Levi? :3

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