PARADISO PERDUTO - Henry Miller


In breve: storia di una ingratitudine... ridendoci su 




Titolo: Paradiso perduto (tit. or. A Devil in Paradise)
Autore: Henry Miller
Traduttore:Vincenzo Mantovani
Editore: Einaudi
Anno: 1975 (1° ed. 1961)
Pagine: 156
Formato: romanzo
Genere: biografia
ISBN:  8806419889
Voto: 

Sinossi. Dopo i tumultuosi anni di Parigi, Henry Miller, il vagabondo, il ribelle, l'iconoclasta, l'autore maledetto, la bestia nera di tutte le censure, si ritira in California, in una casetta di fronte all'oceano, a "settanta chilometri dal cinema più vicino". A lui si rivolge, disperato, un "vecchio amico" parigino, uno strano e sinistro tipo d'astrologo dilettante, Conrad Moricand, che l'ultima guerra ha ridotto agli estremi. Miller, generoso, impulsivo, gli offre subito ospitalità "fino alla fine dei suoi giorni", raccoglie i fondi per il viaggio in aereo, lo installa in casa propria, gli procura gauloises bleues, amici che parlino francese, ogni comodità, nei limiti dell'eremitaggio in cui vive. Il soggiorno di questo diabolico parassita in casa Miller è una delle storie più divertenti che l'autore dei "Tropici" abbia scritto.



Recensione                                 


Conrad Moricand è quella persona che non vorreste mai avere in giro per casa. Se poi siete stati proprio voi a invitarlo, magari perché spinti dal desiderio di aiutarlo, vi troverete circondati da amici che vi suggeriranno, in modo più o meno esplicito, di mandarlo via e, alle vostre spalle, vi compatiranno per la sciocca, puerile, infantile avventatezza che ve lo ha fatto ospitare.

Mi sono avvicinata a Miller dopo aver letto Il delta di venere di Anais Nin, che di Miller fu amica e amante. Avrei voluto leggere uno dei Tropici scritti da lui, ma erano già stati presi in prestito e mi sono accontentata di questo libretto.

Devo dire che è stata una scelta costretta e fortunata.

Fortunata perché ho letto un Miller più maturo di quello dei Tropici, l'ormai scrittore che si apre e ci parla di un periodo più o meno infelice della sua vita (e alcuni brani relativi al suo passato che sono pezzi di vita vissuta dal sapore agrodolce). E lo fa con tanta, magistrale, ironia. Più volte, nel corso della lettura, mi sono trovata a ridere come un'idiota, per poche, semplici battute o descrizioni di episodi che suscitano, oltre a tanta empatia, una sincera ilarità.

La storia è autobiografica, nel senso che davvero Miller ospitò a casa sua, per un breve periodo, un certo Conrad Moricand, aristocratico francese, astrologo, ormai caduto in rovina. A presentarglielo (per liberarsene) è proprio Anais Nin e Miller, uomo dal cuore tenero, una volta trasferitosi in America e saputo delle terribili condizioni di indigenza in cui versa l'amico, non ci pensa due volte (o meglio, ci pensa due volte, ma non lo fa una terza) e lo invita a sistemarsi da lui. La casa è piccola, ma c'è posto per chi ha bisogno.
Tuttavia, quello che avrebbe dovuto essere l'epilogo di una brutta situazione, si trasforma nel prologo di una convivenza catastrofica, con Moricand che si aggrappa a Miller come a una fonte di denaro e si sostegno e lo ricambia con... un orologio da cinquanta dollari.

Ho trovato questo breve romanzo godibile in tutti i suoi aspetti, da quelli tragicomici (quando Miller batte mezza California alla ricerca di un particolare tipo di carta da lettere che Moricand pretende per scrivere) a quelli più drammatici (quando l'autore ricorda i suoi mesi, passati nell'indigenza, in una città straniera, costretto a chiedere l'elemosina e a ringraziare anche per dieci centesimi). 

Nonostante sia una persona profondamente sgradevole (un episodio, in particolare, è terribile), non si riesce a non provare un briciolo di pietà per Moricand. Lo stesso Miller, mentre ne scrive, non lo fa per vendicarsi, ma solo per fissare un certo frammento della sua vita che, nel bene o nel male, ha fatto parte del suo passato.

Il mio consiglio è di leggerlo, appena possibile.

Ne vale la pena.

Citazioni                                

Cosa si aspettasse da un'"apertura" ancora non lo so, dato che non sembrava mai disposto a fare il minimo sforzo visibile per migliorare la propria situazione. Forse non si aspettava altro che un attimo di requie. Tutto ciò che poteva sperare, dato il suo temperamento, era la manna dal cielo. [p. 25]

Finalmente mi venne quella che giudicai un'idea brillante. Geniale addirittura. L'idea era di invitarlo a venire a vivere con noi, spartire ciò che avevamo, considerare casa nostra come la sua per il resto dei suoi giorni. Era una soluzione così semplice che mi meravigliai di non averci pensato prima. [p. 38]

Val veniva sempre al primo posto. Era una cosa che irritava chiunque, non soltanto Moricand. E specialmente mia moglie. Secondo l'opinione generale, ero un vecchio rimbambito che rovinava la sua figlia unica. Esternamente doveva sembrare proprio così. La realtà su cui si fondava la situazione, o il rapporto, esitavo a rivelarla perfino agli amici intimi. L'ironia della cosa consisteva nel fatto che proprio coloro che elevavano questi rimproveri facevano le stesse sciocchezze, mostravano lo stesso affetto esagerato, con i loro cagnolini. [p. 62]

L'interesse che ho avuto io è sempre stato molto diverso dal tuo. Per me non era che un'altra lingua da imparare, un'altra tastiera da usare. è soltanto il lato poetico delle cose che mi interessa sul serio. In definitiva c'è un solo linguaggio: il linguaggio della verità. [p.69]

-Esiste una cosa che si chiama rinuncia.
-Ma è una soluzione?
-Per alcuni, sì; per altri, no. A volte non si ha scelta.
-Secondo te, in tutta franchezza, abbiamo veramente ciò che si chiama scelta? [p. 73]

3 commenti

  1. Di Miller ho letto Opus pistorum e Tropico del Cancro, quindi la notizia di un suo libro così ironico mi sorprende piacevolmente! Lo cercherò in biblioteca, la frase che hai riportato sulla figlia unica e i cagnolini dei conoscenti mi ha convinto definitivamente!!! Son proprio curiosa di fare la conoscenza di Monsieur Conrad

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, io di Miller devo leggere ancora tutto. Ma gli voglio bene già solo per questo piccolo romanzo. (E sì, è ironico e riflessivo, molto riposante, nonostante l'orrore dell'intera faccenda -Moricand che, a un certo punto, mette in mezzo l'ambasciata svizzera per costringere Miller a riprenderlo con sé è da bile... ma non puoi fare a meno di ridere per quella vena di surreale che sembra animare l'intera faccenda).

      Elimina
  2. Ho amato questo piccolo libro e, suppur abbia letto tanti capolavori, Paradiso perduto è uno di quei libri che mi porterei sempre appresso

    RispondiElimina

I commenti sono ciò di cui un blog si ciba.

Perché il tuo commento sia pubblicato ricorda di mantenere un tono civile e di rimanere in topic rispetto all'argomento del post, e mi raccomando: non inserire dati sensibili come email o altro.

Prima di essere pubblicati tutti i commenti sono sottoposti a moderazione.

Grazie