Lasciami entrare. John Ajvide Lindqvist. LaRecensione



Lasciami entrare rientra tra i romanzi che "rimangono". Storie che, una volta lette, ti restano dentro, te le ricordi, sei felice di avere avuto l'occasione di leggerle. 
Avevo preso in prestito il romanzo di Lindqvist dalla biblioteca comunale, non per un vero interesse quanto perché avevo notato fortuitamente il titolo tra la narrativa straniera e mi sono detta: "prendilo ragazza, prima che te ne dimentichi". Avevo intenzione di leggerlo già da un po', da quando, complice un cartellone vuoto di attrattive, con il mio ragazzo decidemmo di vedere il film meno peggio tra i quattro proposti dal multisala. 
Quindi è venuto prima il film del romanzo, e la storia narrata dal film perde un po' rispetto a quella del romanzo rispetto alla crudezza/crudeltà di alcune tematiche toccate da Lindqvist. Chiuso il libro ho pensato di vedere anche il remake americano, su cui stenderei volentieri un velo pietoso perché nulla aggiunge e molto toglie sia al romanzo che al primo film.
Ma veniamo ai fatti.
Dicevo che, dopo aver visto il film, mi ero ripromessa di leggere anche il romanzo. Promessa che ho dilazionato nel tempo per una mia allergia alla letteratura nordica: non amo in genere i racconti che si sviluppano con lentezza, e l'impressione che ne avevo tratto dal film, che ritengo tutto sommato un buon lavoro, era che il romanzo mi avrebbe inchiodato alla poltrona con lunghe e interminabili descrizione di paesaggi freddi e innevati. Perciò procrastinavo la lettura.
Perdendomi una piccola grande perla narrativa.
Perché Lasciami entrare è, al contrario del film (di entrambi i film) un romanzo cattivo e violento, che affronta, senza giri di parole e camuffamenti, temi scomodi e disturbanti come la pedofilia, il bullismo e la violenza sadica. 
La storia vede come protagonista Oskar un pre-adolescente obeso e represso, vittima degli scherzi e delle violenze dei compagni di scuola più forti, isolato da tutti gli altri che preferiscono ignorarlo e lasciarlo in balia delle violenze del gruppo di bulli. Oskar affoga la sua introversione nei dolci, che ruba dai supermercati, nei ritagli di cronaca nera dei giornali e nel suo desiderio di vendetta, che lo spinge a rubare un coltello a serramanico e a esercitarsi contro gli alberi secchi del bosco vicino casa.
Mentre tra le parti della città-agglomerato dove Oskar vive si aggira un pericoloso assassino, un giorno Oskar incontra Eli, una nuova bambina di dodici anni trasferitasi da poco nel palazzo accanto a quello di Oskar. Eli è una bambina strana, spesso sporca e con uno strano odore addosso, e non è proprio una bambina, e non è proprio viva: Eli è un vampiro, che ha dodici anni da moltissimo tempo. Ma in breve i due diventano amici e innamorati ed Eli aiuterà Oskar a misurarsi con le sue paure e a vendicarsi delle violenze subite.

Se superficialmente la storia può sembrare simile a quella sviluppata nei film, in realtà il romanzo di Lindqvist tocca molto più aspetti, aspetti cruciali per la comprensione della storia. Primo fra tutti il rapporto tra Hakan ed Eli, che nel finale del film (sia in quello svedese che nel remake) si sottintende come una relazione iniziata quando Hakan era un bambino, come Oskar, mentre nel romanzo viene chiaramente messa in luce la natura orribile di Hakan, che è un pedofilo, e che incontra Eli proprio a causa della sua perversione. Quindi, il rapporto innocente di Hakan con Eli suggerito nei film, nel romanzo viene esplicitamente mostrato per quello che è in effetti, senza termini a mezza bocca, senza sottili sfumature di cautela.
E la violenza che Oskar subisce è fortemente psicologica, prima ancora che fisica, tanto che il protagonista è costretto ad andarsene in giro con una rudimentale "palla salvapipì" per evitare che l'incontinenza nervosa provocata dalle continue vessazioni lo renda ancora più impopolare.
E nei film è completamente assente tutta la parte che ha per protagonista Hakan, risvegliatosi come zombie dopo che Eli ha bevuto il suo sangue senza riuscire ad ammazzarlo, con il risultato che l'ossessione per il piccolo vampiro lo porti alla sua ricerca con un unico obiettivo: quello di brutalizzarlo.

Già da queste poche note potete capire che Lasciami entrare  non ha nulla a che spartire con romanzi di vampiri softcore, e che rientra non solo nella serie dei romanzi dell'orrore immaginario ma in quella dei romanzi dell'orrore quotidiano. Perché, in conclusione, quello che Lindqvist vuole suggerire al lettore è che i mostri veri sono quelli che ancora respirano, alcolizzati, pedofili, stupidi violenti, mentre Eli, mostro in quanto vampiro, in quanto "succhiasangue" non lo è per volontà o stupidità ma per bisogno.

Un bel romanzo, da leggere senza pregiudizi o false aspettative.

Il giudizio complessivo:

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