Tutto quel nero. Cristiana Astori. Recensione

Avviso: la precedente versione di questa NonRecensione è stata data alle fiamme. Si spera che la seguente rettifica abbia vita più facile.

Titolo: Tutto quel nero (TQR per gli amici)
Autore: Astori Cristiana
Editore: Mondadori
Collana: Il giallo mondadori, volume n.3041
Pagine: 316


Con il nuovo taglio del blog avevo pensato di rendere le NonRecensioni pubblicate sullo stesso più personali, in un formato snello e pret-a-porter. Ché alla sottoscritta recensioni troppo lunghe generalmente fanno passare la voglia di leggere il libro recensito. Anche se si tratta del capolavoro della narrativa mondiale. Anche se l'autore dovesse aver sbancato lo sbancabile nei concorsi letterari. 
Una recensione in venti/trenta righe, che sono già un bel po' di righe e forse me ne avanzeranno.

Cosa fareste se uno strano tizio, che lavora per una strana azienda, vi proponesse uno strano lavoro con la promessa di sganciarvi un assegno di duecentocinquantamila euro alla consegna di una pellicola rara e introvabile? E se poi doveste scoprire che la pellicola che state cercando non solo è maledetta, ma sembra interessare molto anche a un folle assassino? Prima di rispondere, riflettete: siete al verde, siete appena stati licenziati dalla pizzeria in cui lavoravate, avete ventisette anni e una laurea ancora fuori portata perché, nel frattempo, vi siete presi un anno sabbatico dall'università.
E poi, magari, quel lavoro scoprite che vi piace. Che non sono i soldi promessi (quello è lo specchietto per le allodole) ma la storia che c'è dentro e dietro quella pellicola a catturarvi, a spingervi ad andare avanti. Finché realtà e immaginazione, il succo di ciliegia misto all'amido e il sangue vero non si confondono e non vi confondono. Finché la morte scenica e quella da obitorio non diventano una cosa sola e indistinguibile.
Omaggio ai grandi del cinema di genere passato e contemporaneo (tanto per citarne due a caso: lo spunto di partenza del romanzo è simile all'episodio Cigarette burns-Incubo mortale, girato da John Carpenter per i Masters of horror. Il nome del locale underground dove Susanna si incontra con alcuni dei protagonisti della storia, il Blue Velvet è chiaro omaggio a David Lynch), basato in parte su una storia vera (dovete leggervi le note dell'autrice per capire, e leggetevele dopo aver letto il romanzo),  Tutto quel nero è un bel romanzo, meno giallo del suo successore, in compenso più personale e strutturato del secondo.
Se c'è una cosa che mi piace della Astori è la sua capacità di sviare l'attenzione del lettore dagli indizi che semina durante lo svolgimento della storia. Riesce a confondere le acque, a miscelare il soprannaturale con la vita in una Torino reale e meravigliosa e poi, alla fine della storia, te la vedi fisicamente seduta al tavolo, con un boccale di Guinness in una mano, che ti dice, con un sorriso accennato a tagliarle le labbra: davvero non avevi capito? Eppure era tutto così semplice, tutto così chiaro. Tutto così scritto.
Perché ogni azione ed evento, in Tutto quel nero, ha una sua spiegazione logica e razionale e tu, lettore, potresti arrivare alla conclusione con un po' di ragionamento deduttivo, lo stesso che adotta Steve, il cacciatore di film con l'occhio di vetro che spesso ripete a Susanna di "guardare con attenzione", ma il fatto è che non riesci, perché nel frattempo la trama ti coinvolge, e al diavolo gli indizi e le sottigliezze psicologiche.
Se qualcosa non m'è piaciuto è Susanna, ma questa Susanna è diversa da quella del secondo capitolo della serie. Questa ha qualcosa della sua forma "evoluta", ma è un personaggio di carta, evidentemente destinata a morire con la pubblicazione del romanzo; con atteggiamenti che ho trovato incongruenti rispetto alla sua seconda versione, più cattiva, meno empatica.
Ma il romanzo è un bel romanzo e Cristiana Astori una scrittrice (e cinefila) di razza.








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